(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)

Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 27 giugno 2024, nella causa C-284/23, Haus Jacobus.

Una lavoratrice incinta deve beneficiare di un termine ragionevole per poter contestare in giudizio il suo licenziamento. Un termine di due settimane per chiedere l’ammissione di un ricorso tardivo sembra essere troppo breve.

Una dipendente di una casa di cura ha contestato dinanzi a un tribunale tedesco del lavoro il suo licenziamento, facendo valere il divieto di licenziare una donna incinta.

Secondo il tribunale del lavoro, il ricorso doveva essere per principio respinto in quanto tardivo. Infatti, quando la lavoratrice ha avuto conoscenza della sua gravidanza e ha proposto il ricorso, il termine ordinario di tre settimane successivo alla notifica scritta del licenziamento, previsto dal diritto tedesco, era già scaduto. Inoltre, la lavoratrice ha omesso di presentare una domanda di ammissione del ricorso tardivo entro il termine supplementare di due settimane[1] previsto da tale diritto.

Il tribunale del lavoro si chiede, tuttavia, se la normativa tedesca di cui trattasi sia compatibile con la direttiva sulle lavoratrici incinte[2].

Ha pertanto interpellato la Corte di giustizia al riguardo.

La Corte constata che, secondo la normativa tedesca, una lavoratrice incinta che, al momento del licenziamento, sia a conoscenza della sua gravidanza dispone di un termine di tre settimane per proporre un ricorso[3].

Per contro, una lavoratrice che non abbia conoscenza della sua gravidanza prima della scadenza di tale termine, e ciò per un motivo che non le è imputabile, dispone solo di due settimane per chiedere di poter proporre un tale ricorso.

Secondo la Corte, un termine così breve, in particolare se confrontato con il termine ordinario di tre settimane, sembra incompatibile con la direttiva[4].

Infatti, tenuto conto della situazione in cui si trova una donna all’inizio della gravidanza, esso sembra tale da rendere molto difficile, per la lavoratrice incinta, la possibilità di farsi utilmente consigliare e, se del caso, di redigere e presentare una domanda di ammissione di ricorso tardivo nonché il ricorso vero e proprio.

Spetta, tuttavia, al tribunale del lavoro verificare se sia effettivamente così nel caso di specie.


[1] Dopo che è cessato l’impedimento ad agire in giudizio.

[2] Direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

[3] Scaduto tale termine, il licenziamento è considerato valido, salvo che sia proposta una domanda di ammissione di ricorso tardivo.

[4] Nella sentenza del 29 ottobre 2009, Pontin, C-63/08, la Corte si è già pronunciata in tal senso a proposito di un termine di 15 giorni, per una lavoratrice incinta, per proporre una domanda di annullamento del suo licenziamento.