(Studio legale G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)
Corte di Cassazione, Sezione lavoro, Ordinanza 4 novembre 2024 n. 28227.
In tema di lavoro “interinale”, nel caso in cui l’utilizzatore, in violazione dell’art. 1, comma 8, della legge n. 196 del 1997 (applicabile ratione temporis), stipuli col fornitore contratti di fornitura di lavoro temporaneo in misura eccedente la percentuale fissata dai contratti collettivi, non si instaura un ordinario rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore e utilizzatore, attesa l’assenza di ogni sanzione per la suddetta irregolarità, che riguarda la sola posizione dell’utilizzatore e non può inficiare il rapporto tra lavoratore e fornitore.
Lavoro. Fallimento. Banca. Azienda fornitrice di lavoro temporaneo. Contratti a tempo determinato. Clausola di contingentamento. CCNL per i dipendenti delle aziende di credito. Conversione in lavoro a tempo indeterminato. Accoglimento parziale
“[…] La Corte di Cassazione,
(omissis)
Fatti di causa
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Lecce, nella persistente contumacia del fallimento della S. s.r.l., accoglieva l’appello proposto dalla B.M.P.S. s.p.a. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 3059/2015, e rigettava la domanda proposta da S.M.E. con il ricorso introduttivo del 27.6.2011.
2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva, tra l’altro, che la suddetta lavoratrice con il ricorso introduttivo di primo grado: aveva dedotto di aver lavorato presso la B. s.p.a., poi incorporata nella B.M.P.S. s.p.a., in virtù di due contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con la società I. 25 I. (poi S. s.r.l.), fornitrice di lavoro temporaneo in favore della B., impresa utilizzatrice, il primo dall’8.6.2001 al 31.12.2001 presso la filiale HUB di Lecce e il secondo dal 2.1.2002 al 28.2.2002 presso la filiale di Acquarica del Capo, con mansioni di impiegata di primo livello, terza Area professionale; aveva lamentato che l’assunzione temporanea era stata effettuata in violazione dell’art. 1 L. n. 196/1997 perché non dovuta ad esigenze di carattere temporaneo ed eccezionale dell’azienda e che era stata violata la clausola di contingentamento prevista dal CCNL di categoria (cioè il limite di lavoratori assumibili a tempo determinato dalla società), sicché aveva chiesto la conversione dei rapporti di lavoro a termine, intercorsi con la società I. 25 I., previa dichiarazione di nullità dei medesimi per violazione delle norme sul lavoro a tempo determinato, in contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze della B.M.P.S. dal 7.6.2001 e dal 2.1.2002, con la qualifica corrispondente al primo livello, terza categoria professionale.
2.1. Premetteva ancora la Corte che il Tribunale, respinte le eccezioni sollevate dalla banca convenuta (di decadenza e di risoluzione del rapporto per mutuo consenso), aveva ritenuto che, mentre il secondo contratto a termine era stato sufficientemente motivato, tanto non poteva ritenersi per il primo contratto del 7.6.2001, stipulato per la fornitura di prestazione di lavoro a tempo determinato “per punte di più intensa attività”, da ritenersi generico; e che aveva, altresì, ritenuto che la mancata violazione della clausola di contingentamento dovesse essere provata dalla banca datrice di lavoro; sicché aveva dichiarato la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro intercorso tra la ricorrente e la banca convenuta a decorrere dal 7.6.2001 ed aveva ordinato alla stessa di reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro occupato con qualifica corrispondente al primo livello della terza area professionale, oltre al risarcimento del danno ex art. 32 l. n. 183/2010.
3. Tanto, tra l’altro, premesso, la Corte, giudicato privo di fondamento il primo motivo d’appello di B.M.P.S. s.p.a., riteneva invece fondato il secondo motivo dello stesso appello con riferimento alla conformità alle disposizioni di legge di riferimento del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo concluso l’8.6.2001, rilevando che all’epoca della conclusione di quel contratto non era ancora entrato in vigore il d.lgs. n. 368/2001, pubblicato l’8.10.2001, e, di conseguenza, il rapporto risultava sottratto anche alla disciplina del d.lgs. n. 276/2003.
4. In relazione al terzo motivo d’appello, la Corte considerava che, pur in assenza di prova, a carico della datrice di lavoro, circa il rispetto della clausola di contingentamento, ma in presenza di una causale legittima del contratto a termine, non veniva a costituirsi alcun rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra BPBS e la lavoratrice, il che comportava il rigetto integrale del ricorso introduttivo proposto da quest’ultima.
5. Avverso tale decisione S.M.E. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
6. La B.M.P.S. s.p.a. ha resistito con controricorso, contenente anche ricorso incidentale condizionato, cui ha replicato con controricorso la ricorrente principale; il fallimento della S. s.r.l. è invece rimasto intimato, non avendo svolto difese in questa sede.
7. La ricorrente principale ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia “Violazione e falsa applicazione della Legge n. 196 del 1997,articolo 1, commi 1 e 2, e articoli 3 e 10 con riferimento anche all’art. 25 del CCNL Aziende di credito del 11.07.1999”.
2. Con un secondo motivo denuncia “Violazione e falsa applicazione della Legge n. 196 del 1997, articolo 1, commi 1 e 2, articoli 3 e 10 anche con riferimento alle previsioni di cui all’art. 25 del CCNL Aziende di credito del 11.07.1999 rispetto alle previsioni della Legge n. 1369 del 1960 art. 1”.
3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la B.M.P.S. s.p.a. denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. anche in relazione all’art. 3 L. 230/62 – assenza di motivazione”, “avverso il capo 3 della sentenza gravata nella parte in cui rigetta il terzo motivo di impugnazione proposto”.
4. Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
5. La Corte territoriale, rispetto al contratto per prestazioni di lavoro temporaneo concluso l’8.6.2001, dopo essersi riferita all’art. 1, comma 1, e all’art. 3, comma 3, l. n. 196/1997, nonché all’art. 25 del CCNL per i dipendenti delle aziende di credito, ha osservato che: “La normativa in vigore all’epoca non richiedeva pertanto che i motivi di ricorso alla fornitura di prestazione di lavoro temporaneo, oltre che essere indicati fossero anche “specificati” nel contratto.
Inoltre, il riferimento contenuto nel contratto in questione a “punta di più intensa attività”, lungi dal costituire generico riferimento a tutte le causali aggiuntive individuate dalla contrattazione collettiva (come nel caso posto esaminato da Cass. n. 1148/2013, richiamata nella sentenza di primo grado), ne individua una con precisione”.
6. Orbene, questa Corte ha affermato che, in tema di lavoro interinale, l’art. 1, comma 2, della l. n. 196 del 1997 consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo per le corrispondenti esigenze rientranti nelle categorie specificate dalla norma, esigenze che il contratto di fornitura non può, quindi, omettere di indicare, né può rappresentare in maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa; ne consegue che, ove la clausola sia indicata in termini generici, inidonei ad essere ricondotti ad una delle causali previste dal legislatore, il contratto è illegittimo, e, in applicazione del disposto di cui all’art. 10 della L. n. 196 del 1997, il rapporto si considera a tutti gli effetti instaurato con l’utilizzatore interponente (così, tra le altre, Cass. civ., sez. VI, 27.4.2017, n. 10486).
Inoltre, questa Corte ha ribadito che la legittimità del contratto di fornitura costituisce il presupposto per la stipulazione di un legittimo contratto per prestazioni di lavoro temporaneo.
Ne consegue che l’illegittimità del contratto di fornitura comporta le conseguenze previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e, quindi, l’instaurazione del rapporto di lavoro con il fruitore della prestazione, cioè con il datore di lavoro effettivo.
Inoltre, alla conversione soggettiva del rapporto si aggiunge la conversione dello stesso da lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato, per intrinseca carenza dei requisiti richiesti dal d.lgs. n. 368 del 2001, ai fini della legittimità del lavoro a tempo determinato tra l’utilizzatore ed il lavoratore (così Cass. civ., sez. lav., 14.8.2020, n. 17164).
Anche Cass. n. 22782/2022 aveva affermato che, in tema di lavoro interinale, l’art. 1, comma 2, l. n. 196/1997 consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo per le corrispondenti esigenze rientranti nelle categorie specificate dalla norma (e pertanto, nei casi: previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi; di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali; di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4), che il contratto di fornitura non può omettere di indicare, né rappresentare in maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa; con la conseguenza che, ove la clausola sia indicata in termini generici, inidonei ad essere ricondotti ad una delle causali previste dal legislatore, il contratto è illegittimo, e, in applicazione del disposto di cui all’art. 10 l. n. 196/1997, il rapporto si considera a tutti gli effetti instaurato con l’utilizzatore interponente (Cass. 17 gennaio 2013, n. 1148; Cass. 27 aprile 2017, n. 10486; Cass. 8 marzo 2019, n. 6869).
6.1. E tali principi di diritto sono stati anche di recente confermati da questa Sezione (cfr. Cass., sez. lav., 3.8.2023, n. 23768; Cass., sez. lav., 18.10.2023, n. 28912).
In particolare, Cass. n. 28912/2023 ora cit. atteneva a fattispecie concreta molto simile a quella che qui ci occupa, in cui la causale – giudicata generica nella sentenza di merito confermata in sede di legittimità – del ricorso alla fornitura di lavoro temporaneo, consisteva in “punte di più intensa attività da c.c.n.l. dell’azienda utilizzatrice parte III protocollo d’intesa 27.5.98, articolo 1, comma 3”.
7. Analogamente, nel caso in esame, stando al contratto di prestazioni di lavoro temporaneo con decorrenza dall’8.6.2001,il contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo a tempo pieno stipulato con la B. 121 aveva “ad oggetto, per quanto riguarda il dipendente la fornitura di un lavoratore con mansioni di impiegato di 1° livello (3° area professionale) per punte di più intensa attività”.
7.1. Osserva, allora, il Collegio che tale causale, a prescindere dal rilievo che non è esplicitamente ricondotta nel contratto ad una di quelle contemplate dalla contrattazione collettiva di settore, comunque è in sé del tutto generica, in quanto meramente riproduttiva – invero molto parzialmente – dell’ipotesi prevista dalla lett. b) dell’art. 25 del CCNL cui s’è riferita la Corte di merito, ossia, quella di “incrementi di attività anche derivanti da sopravvenute esigenze del mercato o della clientela, ovvero collegati ad eventi e decisioni, provenienti da altri settori, da enti o da autorità pubbliche …”.
8. Il secondo motivo del ricorso principale è infondato.
9. Correttamente, infatti, la Corte territoriale, in merito alla questione del superamento della clausola di c.d. contingentamento prevista sempre dal già cit. art. 25 del CCNL, pur avendo ritenuto che incombesse sulla convenuta l’onere di provare il mancato superamento della percentuale dei contratti di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo ivi prevista, ha considerato che la violazione di detta clausola non comportasse le conseguenze giuridiche tratte dal Tribunale.
9.1. In particolare, la Corte di merito si è riferita a Cass., sez. lav., 21.10.2015, n. 21399, la quale aveva affermato che, in tema di lavoro interinale, non è soggetto ad alcuna sanzione, non prevista, il contratto stipulato nella vigenza della legge n. 196 del 1997 in violazione delle percentuali stabilite dalle clausole di contingentamento contenute nei contratti collettivi nazionali ancorché il rapporto sia proseguito successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003, la cui disciplina transitoria, contenuta nell’art. 86 del d.lgs. cit., prevede la conservazione fino al rinnovo dei contratti collettivi delle sole clausole che stabiliscono le esigenze di carattere temporaneo atte a giustificare la somministrazione di lavoro a termine e priva di efficacia quelle relative ai limiti percentuali per l’utilizzo di lavoratori interinali.
Cass. n. 21399/2015 nella sua motivazione richiama nel medesimo senso Cass., sez. lav., 10.4.2012, n. 5667, pure cit. dalla Corte di merito, secondo la quale, in tema di lavoro “interinale”, nel caso in cui l’utilizzatore, in violazione dell’art. 1, comma 8, della legge n. 196 del 1997 (applicabile ratione temporis), stipuli col fornitore contratti di fornitura di lavoro temporaneo in misura eccedente la percentuale fissata dai contratti collettivi, non si instaura un ordinario rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore e utilizzatore, attesa l’assenza di ogni sanzione per la suddetta irregolarità, che riguarda la sola posizione dell’utilizzatore e non può inficiare il rapporto tra lavoratore e fornitore.
E il Collegio non intravede alcuna ragione per discostarsi da tale indirizzo in relazione alla fattispecie in esame in cui entrambi i contratti di prestazione di lavoro temporaneo che avevano riguardato la lavoratrice ricorrente erano anteriori all’entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003, e perciò integralmente assoggettati alla disciplina di cui alla l. n. 196/1997.
10. Resta, perciò, confermato che la conversione richiesta dalla lavoratrice nei confronti della banca utilizzatrice non può fondarsi sulla violazione della clausola di contingentamento per entrambi i contratti di lavoro “interinali” di cui è causa, mentre essa opera esclusivamente per il primo di essi per il diverso motivo della genericità della causale del relativo contratto di fornitura di lavoro temporaneo sulla base delle ragioni esposte nell’accogliere il primo motivo.
11. L’unico motivo del ricorso incidentale condizionato è inammissibile.
12. Benché questa Corte debba pronunciarsi sul tale impugnazione condizionata, stante l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, deve riscontrarsi il difetto di attuale carenza d’interesse della ricorrente incidentale ad una pronuncia della Corte sull’unico motivo formulato.
12.1. In particolare, con tale censura la ricorrente incidentale torna a sostenere la propria tesi secondo la quale la lavoratrice, anche attraverso le proprie richieste istruttorie peraltro ammesse dal Tribunale, si era assunta l’onere di provare direttamente i fatti costitutivi della propria domanda per la parte in cui si fondava sulla dedotta violazione della clausola di contingentamento, così implicitamente, quanto evidentemente, rinunciando al vantaggio processuale attribuitogli dall’art. 3 l. n. 230/1962, sicché aveva errato la Corte di merito nel ritenere che l’onere della prova a riguardo incombesse sulla banca.
13. La ricorrente incidentale, tuttavia, non è titolare di alcun interesse concreto, attuale e giuridicamente apprezzabile a riproporre tale questione.
Come s’è visto, nell’esaminare e disattendere il secondo motivo del ricorso principale, la Corte di merito, con statuizione risultata conforme a legge in questa sede di legittimità, pur avendo confermato che incombesse sulla banca l’onere di provare il rispetto della clausola di contingentamento e che tale prova non fosse stata fornita, ha comunque concluso che la domanda dell’attrice non potesse trovare accoglimento a motivo della violazione di quella clausola.
E’ perciò evidente che tale statuizione, favorevole alla società, resterebbe in ogni caso ferma quand’anche fosse accolta la tesi sostenuta dalla ricorrente incidentale circa l’onere probatorio asseritamente incombente sulla lavoratrice.
14. Conclusivamente, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale condizionato, rigettato il secondo motivo del ricorso principale, in accoglimento del primo motivo di questo ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla medesima Corte territoriale, che, in differente composizione, oltre a regolare le spese di questo giudizio di cassazione, dovrà riesaminare il caso in base ai principi di diritto in precedenza esposti (al § 6 di questa motivazione) circa il primo contratto di prestazione di lavoro temporaneo con decorrenza dall’8.6.2001.
15. La ricorrente incidentale è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigettato il secondo motivo dello stesso ricorso, e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. […]”.
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