(Studio legale G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)
Corte di cassazione. Ordinanza 8 agosto 2024, n. 22459.
Licenziamento per giusta causa. Condotta inadempiente della datrice di lavoro. Limiti di durata dell’orario di lavoro e del riposo settimanale e giornaliero. Carattere “saltuario o eccezionale” del lavoro straordinario. Principi di buona fede e correttezza contrattuale. Versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dall’illegittimo licenziamento. Reintegrazione nel posto di lavoro.
“[…] La Corte di Cassazione,
(omissis)
Fatti di causa
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Bari accoglieva il reclamo proposto da C.G. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 1385/2020, che aveva respinto la sua opposizione all’ordinanza del medesimo Tribunale, la quale, nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, pure aveva rigettato il ricorso del lavoratore con il quale aveva impugnato il licenziamento disciplinare per giusta causa irrogatogli con nota del 19.10.2016 dalla datrice di lavoro E. s.r.l.; la Corte, in particolare, in riforma della sentenza di primo grado, annullava tale licenziamento e condannava detta società in liquidazione a reintegrare il C. nel posto di lavoro occupato alla data del recesso, nonché al pagamento in favore dello stesso di un’indennità risarcitoria nella misura di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dall’illegittimo licenziamento all’effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale.
2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva, tra l’altro, che in data 22.9.2016 la società aveva addebitato al lavoratore di non essersi presentato al lavoro il giorno 17.9.2016, sebbene avesse ricevuto l’assegnazione di uno specifico viaggio (alle ore 7:00 carico del mezzo dal cliente P.G. sede di Pomezia allo stabilimento Futura di Santa Palomba), cui aveva fatto seguito, in data 19.10.2016, l’irrogazione del licenziamento sulla base delle seguenti motivazioni: “il fatto oggetto di contestazione valutato alla luce dei recenti altri episodi della stessa natura ed identico contenuto evidenzia la consapevole radicata avversione all’osservanza delle normali regole di condotta richieste dal contesto organizzativo nel quale si trova inserito e coerenti con le sue funzioni e il suo contratto di lavoro e dunque l’inaffidabilità rispetto alla corretta esecuzione dei suoi doveri e delle prestazioni richiestele”.
2.1. La Corte, ritenuti infondati il primo ed il secondo motivo di reclamo, giudicava, invece, fondati il terzo e il quarto motivo, che trattava congiuntamente.
2.2. Più nello specifico la Corte territoriale giudicava inesigibile la disposizione di servizio, rivolta al lavoratore il venerdì alle 18.44, di proseguire la prestazione lavorativa con ulteriore viaggio non programmato, alla luce della disciplina legale (il ricorso a prestazioni straordinarie deve essere contenuto) e contrattuale (art. 13 CCNL, interpretando le 9 settimane consecutive assunte quale parametro per il computo delle 36 ore massime di straordinario come periodo lavorato al netto dei periodi di riposo) e valutava la esosità della prestazione straordinaria richiesta per i tempi (fine periodo lavorativo settimanale) e le modalità (permanenza fuori casa con pernottamento), condizioni che avrebbero richiesto, per correttezza contrattuale, un preavviso, nonché per il mancato pagamento della pregressa prestazione di lavoro straordinario.
3. Avverso tale decisione la E. s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
4. L’intimato ha resistito con controricorso.
5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c. “violazione e falsa applicazione di norme di diritto e di contratti e accordi collettivi, di cui in particolare all’art. 13 C.C.N.L. “Logistica, trasporto, merci e spedizione” del 1° agosto 2013, in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c. nonché all’art. 12 delle preleggi”. Contesta la violazione e falsa applicazione operata dalla Corte d’appello dell’art. 13 del CCNL applicabile, in relazione ad altri parametri normativi contenuti nella stessa fonte negoziale, nonché nella legge ordinaria, sulla cui base è stato assegnato alla locuzione <9 settimane consecutive> il significato stringente e delimitato di <9 settimane consecutive lavorative>.
2. Con un secondo motivo ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c. denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 1460, commi primo e secondo, c.c. in relazione agli artt. 1175, 1375 e 1455 c.c.”. Contesta la violazione e falsa applicazione operata dalla Corte d’appello dell’art. 1460 c.c. in relazione ai parametri normativi generali che sanciscono i principi di buona fede contrattuale e di proporzionalità nell’esperimento della exceptio non rite adimpleti contractus, invocata nelle difese processuali del lavoratore opponente a giustificazione del suo rifiuto e dunque del suo inadempimento.
3. Con un terzo motivo ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c. denuncia “omesso esame di fatti decisivi incidenti sulla applicabilità dell’eccezione di inadempimento e connessa violazione di legge in relazione all’art. 1460 c.c.”. Sostiene l’omessa considerazione e dunque motivazione da parte della Corte d’appello circa un elemento di fatto espressamente e ripetutamente dedotto da parte della reclamata, nonché oggetto di contraddittorio tra le parti, afferente all’esistenza, all’epoca degli accadimenti, di un accordo di forfettizzazione dello straordinario idoneo di per sé ad escludere l’esistenza dell’inadempimento aziendale tanto da un punto di vista oggettivo quanto da un punto di vista soggettivo.
4. Il primo e il secondo motivo, da trattare congiuntamente, non sono fondati.
5. La ricorrente non considera, in primo luogo, che la Corte territoriale ha fatto precedere alla propria interpretazione delle norme collettive da considerare l’esame della specifica disciplina legale interna (a sua volta, attuativa di Direttive eurounitarie) (cfr. in particolare pag. 11 della sua sentenza).
5.1. Ha, perciò, osservato che: “In tale prospettiva e alla luce del principio eurounitario di “effettività dei limiti di durata dell’orario di lavoro e del riposo settimanale e giornaliero”, ribadito sempre “a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro” dalla Corte di Giustizia, da ultimo con sentenza C-53/18 del 14 maggio 2019, va dunque letta e interpretata la previsione contrattuale, prevista dal CCNL trasporti e concernente la regolamentazione del lavoro straordinario”.
5.2. Ha, quindi, considerato che: <l’art. 13 del contratto collettivo nazionale dispone che: “il lavoro straordinario ha carattere saltuario o eccezionale e non può superare il limite massimo complessivo di 165 ore annuali individuali … E’ considerato lavoro straordinario quello prestato oltre limiti giornalieri e settimanali previsti dagli Art. 9, 11, 11 bis”.
Rimarcato, in coerenza con la normativa primaria, il carattere residuale (id est “saltuario ed eccezionale”) della prestazione, la clausola contrattuale prosegue affermando che: “Le ore straordinarie non possono superare le 2 ore giornaliere e le 12 settimanali. Se si deve superare il limite delle 12 ore settimanali, il lavoratore è tenuto a prestare lavoro straordinario a condizione che nel periodo di 9 settimane consecutive il numero totale di ore di lavoro straordinario non sia superiore a 36. Le aziende comunicheranno mensilmente alla RSU le ore straordinarie complessivamente effettuate dal personale dipendente …”.
Tanto premesso, il Collegio rileva che, diversamente da quanto affermato dal primo giudice, l’inciso “nel periodo di 9 settimane consecutive”, va interpretato tenendo conto delle settimane lavorative prestate dal dipendente nel periodo anteriore alla richiesta della prestazione aggiuntiva, dovendosi dunque operare, ai fini della sussistenza della “condizione”, un computo al netto dei periodi di riposo o di inattività.
Trattasi di interpretazione del tutto coerente con l’esigenza legislativa e contrattuale di contenere l’orario straordinario entro limiti ragionevoli ed esigibili, oltreché conforme ai principi costituzionali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (art. 41 Cost.): valori primari che sarebbero facilmente eludibili mediante applicazioni distorte della disposizione, assoggettando nei fatti i dipendenti, seppure in alcuni periodi dell’anno successivi a settimane di inattività, a ritmi di lavoro insostenibili e lesivi della loro integrità psico-fisica (art. 2087 c.c.).
A conferma di tale lettura, rileva, peraltro, sul piano contrattuale, quanto precisato nel precedente articolo 11 del CCNL, che, nell’omologa fattispecie di superamento del computo dell’orario di lavoro, si riferisce, in applicazione alla medesima ratio di tutela, ai periodi da calcolarsi “al netto delle giornate non lavorate ma retribuite”>.
6. Ritiene il Collegio che tale linea interpretativa della Corte d’appello sia senz’altro condivisibile.
6.1. Come si è visto, la Corte di merito, oltre a considerare il tenore letterale delle disposizioni collettive specifiche, segnatamente di quella circa il superamento del limite delle 12 ore settimanali previsto dall’art. 13 del CCNL, correttamente le ha lette in rapporto all’intenzione delle parti collettive ex art. 1362, comma primo, c.c., ma anche in base all’altro canone ermeneutico legale di cui all’art. 1363 c.c.
Più nello specifico, ha posto in luce che il “carattere saltuario o eccezionale” del lavoro straordinario, sancito in apertura appunto dell’art. 13 del CCNL, era a sua volta coerente con il carattere del tutto residuale di tale lavoro ulteriore, desumibile dalla normativa primaria, che, come si è visto, è stata il punto di partenza del ragionamento decisorio della Corte distrettuale.
E l’interpretazione rigorosa che la stessa Corte ha motivatamente espresso circa lo specifico significato da annettere all’inciso “nel periodo di 9 settimane consecutive” risulta del tutto attendibile.
Di regola, infatti, le “ore straordinarie” non possono superare, per quanto qui interessa, “le 12 settimanali”, sicché la seconda parte del nono comma dell’art. 13 (“Se si deve superare il limite delle 12 ore settimanali, il lavoratore è tenuto a prestare il lavoro straordinario a condizione che nel periodo di 9 settimane consecutive il numero totale delle ore di lavoro straordinario non sia superiore a 36”) indubbiamente delinea un’eccezione alla suddetta regola che detta un limite (su base giornaliera o settimanale) del lavoro straordinario, che costituisce a sua volta lavoro in più di carattere “saltuario” o “eccezionale”.
La natura eccezionale della previsione specifica, si trae chiaramente, prima, dall’ipotesi di necessità con cui si apre la stessa (“Se si deve superare il limite delle 12 ore settimanali”), e poi, soprattutto, dall’ulteriore condizione delineata (“a condizione che nel periodo di 9 settimane consecutive il numero totale delle ore di lavoro straordinario non sia superiore a 36”).
Pertanto, in ragione delle chiare finalità sottese in complesso alle norme collettive esaminate dalla Corte di merito, appare da condividere la lettura anche sistematica delle stesse fornita dalla stessa Corte.
7. Si deve osservare, tuttavia, che l’erronea interpretazione dell’art. 13 del contratto collettivo è uno degli elementi presi in considerazione dalla Corte, poiché c’è anche ampia valutazione sulla sussistenza degli estremi di cui all’art. 1460 c.c., di per sé idonea a fondare la decisione.
8. La seconda censura, difatti, è essenzialmente riferita, in relazione all’art. 1460 c.c., alla questione relativa al mancato pagamento integrale della retribuzione per lavoro straordinario già reso in precedenza (cfr. facciate 32 e segg. del ricorso).
E vi si assume, tra l’altro, che la Corte d’appello avrebbe dovuto dar conto della proporzionalità della reazione del lavoratore non già limitandosi a considerare il pregiudizio asseritamente subito dal medesimo in astratto o in maniera atomistica o meramente presuntiva, bensì in concreto ed in una logica per l’appunto comparativa e di buona fede.
9. Osserva il Collegio che la Corte territoriale è giunta alla conclusione “di applicare al caso di specie la tutela reintegratoria attenuata di cui al comma 4 dell’articolo 18 in quanto, per tutti i motivi esposti e per l’inesigibilità della disposizione di servizio disattesa, la condotta del lavoratore, seppure sussistente sul piano fenomenico, deve ritenersi priva del carattere di illiceità, essendo quindi inidonea a fondare la sanzione espulsiva” (v. in extenso pagg. 17-19 della sua sentenza).
10. A sua volta, tale approdo circa la tutela applicabile si fonda su un’articolata, ma unitaria ratio decidendi, solo in parte considerata dalla ricorrente.
11. Più nello specifico, all’esito della condivisibile interpretazione delle norme da considerare (di cui s’è già detto nel disattendere il primo motivo di ricorso), e di puntuale esame delle circostanze fattuali, la Corte ha anzitutto concluso che la disposizione di servizio impartita al lavoratore dalla E. s.r.l. alle ore 18:44 del 16.9.2016 “deve ritenersi inesigibile alla luce dei limiti previsti dalla stessa disposizione contrattuale invocata da parte datoriale: non sussistendo, diversamente da quanto affermato dal primo giudice, i presupposti per la richiesta di ulteriore lavoro straordinario” (v. in extenso pagg. 12-13 dell’impugnata sentenza).
E’ stata così individuata una prima condotta inadempiente della datrice di lavoro rispetto alle regole collettive che governavano la possibilità di lavoro straordinario ulteriore rispetto al limite delle 12 ore settimanali. In modo pertinente, perciò, la Corte d’appello ha successivamente richiamato Cass., n. 19579/2019 (relativa a caso analogo a quello che ci occupa di rifiuto del lavoratore di rendere la prestazione ritenuto giustificato dall’accertata illegittimità dell’ordine datoriale).
12. Ma, come già accennato in narrativa, la Corte d’appello ha, altresì, valorizzato “il mancato rispetto da parte datoriale dei principi di buona fede e correttezza contrattuale, denunciato nel motivo sub 3 del gravame, con specifico riferimento alla mancanza di idoneo preavviso della prestazione straordinaria richiesta”, e ha diffusamente argomentato la relativa conclusione (cfr. il § III.c.2. alle pagg. 14-16 della sua sentenza).
Ed anche su questo punto la Corte di merito ha enucleato un ulteriore inadempimento datoriale in parte di motivazione con la quale la ricorrente non si confronta.
13. Inoltre, in successiva parte motiva (riferentesi anche alla questione del mancato pagamento integrale del lavoro straordinario già espletato in precedenza: cfr. § III.c.3. dell’impugnata sentenza), la Corte aveva osservato che: “ai fini della valutazione del diniego del C., rileva che, al momento dell’addebito disciplinare, sussisteva un significativo inadempimento del datore di lavoro; cioè un comportamento antigiuridico di questi, cronologicamente anteriore e idoneo, anche sotto questo profilo, a giustificare in guisa di exceptio inadimpleti contractus, il rifiuto di rendere la prestazione; tanto più se valutato in concorso con la già rilevata violazione dei principi di buona fede e correttezza concernenti la gestione dello straordinario e, in termini ancor più radicali, alla luce dell’inesigibilità dell’ordine di servizio rispetto all’orario massimo settimanale previsto dal CCNL” (così a pag. 16 della decisione gravata).
14. Pertanto, in disparte altre considerazioni svolte dalla Corte di merito (circa ciò che aveva influito sulla sfera volitiva del dipendente riguardo al comportamento di rifiuto, peraltro “motivato” nell’immediato dal lavoratore: cfr. § III.c.4.), non è riscontrabile nell’impugnata sentenza alcuna violazione dell’art. 1460 c.c., come degli artt. 1175, 1375 e 1455 c.c.
La Corte d’appello, come si è visto, ha fondato la sua decisione circa l’assenza di illiceità nella condotta addebitata al lavoratore su una pluralità di concorrenti inadempimenti datoriali, tutti e nel complesso ritenuti significativi.
15. Il terzo motivo è inammissibile per diverse e concorrenti ragioni.
16. Secondo le Sezioni unite di questa Corte, l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ammette la denuncia innanzi alla S.C. di un vizio attinente all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza provenga dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, con la necessaria conseguenza che è onere del ricorrente, ai sensi degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., indicare il fatto storico, il dato da cui esso risulti esistente, il come ed il quando esso abbia formato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività (così Cass., sez. un., 30.7.2021, n. 21973).
16.1. Ebbene, solo assertivamente la ricorrente assume che l’accordo cui si riferisce sarebbe “venuto in discussione nel corso del giudizio (oltre che documentato)”, non avendo precisato come e quando lo stesso sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e come sia stato documentato. La ricorrente, inoltre, neppure argomenta come “un accordo di forfettizzazione della retribuzione del lavoro straordinario” sarebbe stato decisivo sul diverso piano dell’esigibilità del lavoro straordinario ulteriore.
17. La stessa censura, inoltre, difetta comunque dei requisiti di specificità/autosufficienza del ricorso per cassazione, perché “l’accordo di forfettizzazione della retribuzione del lavoro straordinario, che prevedeva il pagamento di un importo fisso mensile salvo conguagli e verifiche successive”, non solo non è indicato tra i documenti prodotti in questa sede di legittimità, ma non ne è precisata la localizzazione all’interno dell’incarto processuale; né è stato specificato se si trattava di accordo collettivo o intercorso direttamente con il lavoratore, quali fossero data e luogo dello stesso e i suoi precisi contenuti.
18. La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore dei difensori del controricorrente, dichiaratisi anticipatari, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità […]”.
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