"Se l'avete persa...". Sul nesso causale tra assenza dal lavoro e assistenza.

Legge n. 104/1992. Giurisprudenza della Corte di Cassazione

Legge n. 104/1992. Necessità di un nesso causale tra assenza dal lavoro e assistenza.
Giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Torniamo a parlare ancora, in quanto attuale nella pandemia da Covid-19, dell’istituto dei permessi lavorativi della L. n. 104/1992, che consentono di assentarsi per assistere un familiare con disabilità.

Lo facciamo riproponendo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 19 giugno 2020, n.12032, laddove ha ribadito la necessità che sussista un nesso causale tra l’assenza del lavoro e l’attività di assistenza al familiare disabile.
Nella cit. sentenza la  Cassazione ha fatto riferimento anche a Cass., sentenza n. 19580/2019, secondo cui solo se “viene a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo che genera la responsabilità del dipendente”.

IL FATTO.

Una lavoratrice dipendente aveva fruito dei permessi previsti dalla L. n. 104/1992, art. 33, comma 3, per assistere la madre, una donna con disabilità. La lavoratrice era stata licenziata poiché, sulla base della relazione di un’agenzia investigativa appositamente incaricata dal datore di lavoro, era stato ritenuto da quest’ultimo che la lavoratrice non avesse prestato effettiva assistenza alla madre durante il periodo di fruizione del permesso. Ne era seguito il ricorso da parte della lavoratrice prima al Tribunale e poi alla Corte d’Appello di Bologna, che disponeva la reintegrazione della lavoratrice e un risarcimento pari  a dodici mensilità, e infine un ricorso dell’azienda alla Corte di Cassazione, che lo ha respinto, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello.
Il caso mantiene tutto il suo interesse perché continua a riproporre la questione delle attività consentite, o che debbano o meno implicare la compresenza con la persona da assistere, o se si possa ritenere “valida”, ai fini della fruizione dei permessi da legge 104, anche una serie di attività, ovviamente  a vantaggio del soggetto non autosufficiente, da sbrigare anche fuori di casa, o comunque non in presenza.

LA SENTENZA.

La Corte di Cassazione ha ritenuto congrua la motivazione del Tribunale ritenendo che la relazione dell’agenzia investigativa da cui l’azienda aveva evinto che la lavoratrice non aveva prestato effettiva assistenza alla madre disabile durante il periodo di fruizione dei permessi, fornisse un quadro assolutamente lacunoso delle attività svolte dalla donna: da ciò non poteva reputarsi dimostrato che la dipendente avesse svolto attività incompatibili con l’assistenza.
In particolare, la Corte ha escluso che la “pochezza” delle risultanze investigative potesse integrare un quadro indiziario di una certa significatività, essendo invece emerso che la donna svolgeva una serie di attività a vantaggio dell’anziana madre non implicanti necessariamente la permanenza presso l’abitazione della stessa.
Nel caso specifico, inoltre, la Corte ribadisce che è in capo al datore di lavoro l’onere della prova dell’assenza di assistenza e/o dello svolgimento da parte dell’utilizzatore dei permessi di attività incompatibili con la prestazione della stessa. In sostanza, sta al datore di lavoro provare che la donna non si sarebbe occupata della madre durante la fruizione dei permessi.
La Corte ha quindi ribadito che “soltanto ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo che genera la responsabilità del dipendente” (ancora Cass. n. 19580/2019 cit.).