(Studio legale G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)
Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 11 novembre 2024, n. 28929.
Con l’ordinanza n.28929/2024, la Corte di Cassazione ha affermato che è legittimo il licenziamento irrogato al dipendente che, ripetutamente, si è recato a lavoro in ritardo. Per la S.C., detta condotta dimostra l’inaffidabilità del lavoratore e la totale noncuranza del medesimo rispetto alle disposizioni ricevute. Secondo la Cassazione, nel caso di specie, la condotta è ancora più grave, perché il lavoratore non ha preso in considerazione neppure i precedenti provvedimenti disciplinari di natura conservativa che per lui avrebbero dovuto costituire un’ammonizione a tenere comportamenti più corretti nel futuro.
L’espressione adoperata dall’art. 7, ultimo comma, St. lav., secondo cui “Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione”, secondo il suo inequivoco tenore letterale, impedisce di far leva sui precedenti disciplinari dopo due anni dalla applicazione delle sanzioni e consente, al contrario, di tener conto e cioè di valutare detti precedenti entro il biennio “ad ogni effetto”, quindi anche ai fini della “contestazione” disciplinare. La locuzione “ad ogni effetto”, per la sua ampiezza e per l’assenza di qualsiasi preclusione o limite, in nessun modo può essere letta come riferita al solo provvedimento di licenziamento, così da far coincidere, come preteso dall’attuale ricorrente, il dies ad quem del biennio con la decisione di recesso.
“[…] La Corte di Cassazione,
(omissis)
Rilevato che:
1. La Corte d’appello di Napoli ha respinto il reclamo di – omissis – confermando la sentenza di primo grado che, al pari dell’ordinanza pronunciata all’esito della fase sommaria, aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento per giustificato motivo soggettivo intimatogli dalla – omissis – spa con lettera del 4.2.2019.
2. La Corte d’appello ha premesso che al – omissis- con lettera del 10.1.2019, era stato contestato il mancato rispetto dell’orario di lavoro nei giorni 4, 12 e 24 dicembre 2018 nonché la recidiva in relazione ai provvedimenti irrogativi di sanzioni disciplinari conservative, con note rispettivamente del 9.1.2017, 20.2.2017 e 27.9.2018; ha ritenuto sussistente la recidiva; ha osservato che della prima sanzione conservativa (nota del 9.1.2017, spedita il 10.1.2017) si potesse tener conto ai fini del licenziamento dovendosi considerare quale dies ad quem del termine di due anni, previsto dall’art. 7, St. Lav., la lettera di contestazione (10.1.2019) e non il momento di adozione del provvedimento espulsivo; ha giudicato legittima la sanzione conservativa irrogata con nota del 27.9.2018 (per omesso invio di certificazione medica a giustificazione dell’assenza del 13.8.2918) e superflua la verifica della legittimità della sanzione applicata con nota del 20.2.2017, posto che l’art. 48, lett. g) del c.c.n.l. Pulizia Industria e Multiservizi consente il licenziamento con preavviso in caso di “recidiva in qualunque delle mancanze contemplate nell’art. 47, quando siano stati comminati due provvedimenti di sospensione…”; ha valutato la sanzione espulsiva proporzionata alla gravità della condotta contestata (mancato rispetto dell’orario) e alla recidiva, anch’essa contestata.
3. Avverso la sentenza – omissis – ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. La -omissis- spa ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno deposita memoria.
4. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2119, dell’art. 3, della legge 604 del 1966, degli artt. 7 e 18, commi 3 e 4, della legge n. 300 del 1970, come modificato dalla legge 92 del 2012, dell’art. 48 c.c.n.l. per i dipendenti da imprese di pulizie e multiservizi del 31.5.2011, per avere la Corte d’appello fatto decorrere la retrodatazione del termine biennale entro cui tener conto delle sanzioni disciplinari conservative (nella specie quella di cui alla nota 9.1.2017) dalla data della lettera di contestazione (10.1.2019) anziché dalla data della lettera di licenziamento (4.2.2019).
6. Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2119, dell’art. 3, legge 604 del 1966, degli artt. 7 e 18, commi 3 e 4, della legge n. 300 del 1970, come modificato dalla legge 92 del 2012, dell’art. 46 c.c.n.l., per non avere la Corte d’appello tenuto conto della consumazione del potere disciplinare in quanto la sanzione conservativa di cui alla nota del 20.2.2017 è stata comunicata oltre il termine di 15 giorni previsto dall’art. 46 c.c.n.l., senza peraltro contestazione della recidiva.
7. Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2119, dell’art. 3, legge 604 del 1966, degli artt. 7 e 18, commi 3 e 4, della legge n. 300 del 1970, come modificato dalla legge 92 del 2012, dell’art. 51 c.c.n.l., per non avere la Corte d’appello considerato, in relazione alla sanzione conservativa di cui alla nota del 27.9.2018, che l’illecito disciplinare per l’assenza dovuta a malattia sussiste solo se l’azienda richiede la certificazione medica.
8. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2119, dell’art. 3, legge 604 del 1966, degli artt. 7 e 18, commi 3 e 4, della legge n. 300 del 1970, come modificato dalla legge 92 del 2012, per non avere la Corte d’appello considerato tutte le circostanze del caso concreto per affermare la proporzionalità tra l’inadempimento del lavoratore e la sanzione espulsiva.
9. Con il quinto motivo si imputa alla sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, relativamente alla eccepita violazione dell’art. 46 c.c.n.l. per non avere tenuto conto della consumazione del potere disciplinare relativamente alla sanzione conservativa di cui alla nota del 20.2.2017 in quanto comunicata oltre il termine di 15 giorni previsto dall’art. 46 c.c.n.l. e senza contestazione della recidiva.
10. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
11. L’espressione adoperata dall’art. 7, ultimo comma, St. lav., secondo cui “Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione”, secondo il suo inequivoco tenore letterale, impedisce di far leva sui precedenti disciplinari dopo due anni dalla applicazione delle sanzioni e consente, al contrario, di tener conto e cioè di valutare detti precedenti entro il biennio “ad ogni effetto”, quindi anche ai fini della “contestazione” disciplinare. La locuzione “ad ogni effetto”, per la sua ampiezza e per l’assenza di qualsiasi preclusione o limite, in nessun modo può essere letta come riferita al solo provvedimento di licenziamento, così da far coincidere, come preteso dall’attuale ricorrente, il dies ad quem del biennio con la decisione di recesso.
12. Il secondo e il quinto motivo sono inammissibili in quanto non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha giudicato superfluo, ai fini della recidiva rilevante ai sensi dell’art. 48, lett. g) c.c.n.l., il precedente disciplinare di cui alla nota del 20.2.2017 (sentenza, p. 7, penultimo cpv.). Il quinto motivo è, inoltre, inammissibile per la disciplina della cd. doppia conforme, di cui all’art. 348 ter c.p.c. (ora art. 360, comma 4 c.p.c.).
13. Il terzo motivo è infondato atteso che l’inadempimento addebitato al dipendente concerne l’assenza ingiustificata nel giorno 13.8.2018 e la Corte di merito ha accertato, in base alla documentazione prodotta e alle deposizioni raccolte, che quella assenza (per cui il dipendente aveva comunicato di essere in malattia) è rimasta priva di qualsiasi giustificazione, atteso che nessun certificato medico è stato consegnato o trasmesso alla società. Né a conclusioni diverse può condurre la previsione dell’art. 51 del c.c.n.l., che subordina ad una richiesta del datore di lavoro l’obbligo del lavoratore di inviare “il numero identificativo del certificato medico telematico” ma non l’obbligo di giustificare l’assenza.
14. Parimenti infondato è il quarto motivo di ricorso poiché la Corte d’appello si è attenuta ai canoni giurisprudenziali attraverso cui sono state definite le nozioni legali di giusta causa (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; n. 6901 del 2016; n. 21214 del 2009; n. 7838 del 2005) e di proporzionalità della misura espulsiva (cfr. 18715 del 2016; Cass. n. 21965 del 2007; Cass., n. 25743 del 2007) ed ha motivatamente valutato la gravità dell’addebito sottolineando come il lavoratore “ripetutamente dimostrato inaffidabile e totalmente noncurante delle disposizioni ricevute o addirittura dei provvedimenti disciplinari di natura conservativa che per lui avrebbero dovuto costituire un campanello d’allarme, un’ammonizione a tenere comportamenti più corretti nel futuro” (sentenza, ultima p. secondo cpv.).
15. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
16. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
17. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso […]”.
Commenti recenti