Mario Fasani: equality and no-discrimination
22 Settembre 2020Nel suo libro Mario Fasani affronta sotto molteplici angoli visuali le questioni giuridiche che sorgono attorno ai temi della discriminazione e dell’uguaglianza. E quindi della libertà. Fasani esamina gli aspetti principali di questo argomento cominciando a distinguere i differenti aspetti che deve affrontare ogni trattazione generale sull’eguaglianza e la non discriminazione. Specie quando si muove nell’ampio territorio del diritto internazionale, caratterizzato da una molteplicità di fonti del diritto e da nozioni di uguaglianza, discriminazione e libertà che sembrano alla continua ricerca di un equilibrio.
Sebbene per molto tempo l’eguaglianza abbia costituito un potente ideale politico, tuttavia il problema di darne una definizione e una disciplina adeguata è stato relativamente trascurato. Nel Novecento, anche se con multiple fratture di tempo e di luogo, esso ha trovato basi giuridiche più certe e condivise a livello internazionale.
La scelta del tema non ha dunque bisogno di giustificazioni e spiegazioni. Esso è sempre più attuale. Non c’è ambito giuridico che non sia sottoposto a tensioni riconducibili alle trasformazioni del tessuto sociale e degli stessi ordinamenti.
Se ad esempio si guarda, come fa Mario Fasani, al diritto dell’Unione europea, uguaglianza e non discriminazione confermano il proprio ruolo di concetti che tagliano trasversalmente tutto il diritto dell’Unione e che, muovendo dalla non discriminazione in base alla nazionalità e in base al genere (partendo dal principio di parità retributiva fra uomini e donne), sono approdati prepotentemente ai divieti di discriminazione per un’ampia serie di altri fattori, ampliando dunque di molto il proprio raggio di azione. In un sistema in cui il contenuto dell’art. 2 del Trattato sull’Unione europea rimane sostanzialmente vago, come viene opportunamente sottolineato in questo libro, il principio generale di uguaglianza appare sempre più significativamente uno dei principi ordinatori dell’Unione europea. Le disposizioni sull’uguaglianza di fronte alla legge, che appartengono alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, si stagliano, anche grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, quale strumento cardine per la salvaguardia dei valori europei e per i diritti fondamentali di derivazione nazionale.
L’esame delle direttive europee sulla non discriminazione rivela un molteplicità di regole, differenziate da caso a caso, corredate di nuovi strumenti antidiscriminatori, di nuove tipologie di divieti di discriminazione e di una lunga lista di eccezioni alla regole prestabilite. Nasce e si consolida il diritto antidiscriminatorio. Anche sul piano linguistico, al termine eguaglianza si affianca quello della non discriminazione. Una spiegazione di questa evoluzione è data certamente dalla complessità del tessuto sociale. In un contesto in cui la società è sempre più marcatamente multi-culturale, multi-etnica, multi-religiosa, multi-lingue, eccetera, sembra insufficiente addentrarsi nella terra dell’eguaglianza facendo affidamento su una sola guida. Poiché ogni situazione è contraddistinta da una sua specificità e richiede una risposta appropriata, la legislazione interviene non già con un unico principio generale, ma con una varietà di regole e, se necessario, con le dovute eccezioni alla regola. Dopotutto, una delle sfide più complesse di questa epoca consiste nell’eliminare le discriminazioni senza sacrificare la diversità. Preservare ad un tempo le identità e le differenze senza perpetuare discriminazioni e svantaggi a carico dei gruppi deboli è un’impresa paragonabile alla quadratura del cerchio. Ben si comprende, dunque, che il diritto intraprenda nuove strade e nuovi tentativi.
Tuttavia, le numerose strade che percorre il diritto antidiscriminatorio intersecano con sempre maggiore frequenza i sentieri spesso tortuosi che attraversano i popoli nella nuova stagione delle migrazioni. Trattasi di un fenomeno che mette in discussione vari settori dell’universo giuridico, ponendo nuovi interrogativi, nuovi bisogni di tutela e incessanti necessità di riforme, e che spinge a ripensare le basi stesse della convivenza.
È un dato di fatto, nella storia dell’umanità, che i popoli si muovono, s’incontrano, interagiscono sempre più intensamente, convivono sullo stesso territorio, imparano a conoscersi reciprocamente. Anche per fini di comune interesse economico, che a loro volta inducono alla coesione economica e sociale. E quindi a quella giuridica. Com’è avvenuto nell’Unione europea attraverso i principi dei Trattati e con le norme del diritto derivato sulla non discriminazione in base alla nazionalità delle persone che si muovono da un Paese all’altro in cerca di lavoro. A questo fenomeno si è aggiunto col tempo, nell’Unione europea come in vari altri Paesi nel mondo, quello delle migrazioni di cittadini stranieri in fuga da guerre e persecuzioni, e in cerca di un futuro migliore. Un fenomeno rappresentato come “pericolo sociale” e da governare pertanto con strumenti di “ordine pubblico”. La presenza di una popolazione che non ha la stessa origine, lingua, religione ed etnia pone invece nuove domande di inclusione nella vita politica e sociale e richiede adattamento e flessibilità alle strutture giuridiche e politiche per affrontare problemi spesso inediti e a lungo rimasti senza risposte. In questo contesto anche il problema delle discriminazioni razziali, che si pensava appartenere ad un triste passato, torna a presentarsi, anche se in forme diverse ma ugualmente lesive della dignità della persona.
Oggi le discriminazioni sono il lato oscuro e problematico di società che si trovano a dover affrontare la domanda di accoglienza dell’Altro. Di fronte a questa nuova richiesta, le reazioni (non solo dei privati cittadini) sono talvolta irrazionali ed incivili e necessitano di essere accompagnate con strumenti che valorizzino gli esempi positivi ed altrettanti rimedi che prevengano e sanzionino i fenomeni di intolleranza, di inospitalità, se non addirittura di esclusione dalla vita comune.
Anche nei Paesi di grande tradizione democratica e di antica civiltà giuridica riemerge dunque, sotto nuove e poco nobili vesti, la questione delle discriminazioni, che a sua volta introduce al tema dell’uguaglianza. Un sistema politico ed economico fondato sull’ineguaglianza offende tutti gli individui. L’interesse dell’individuo e l’eguaglianza politica sono alleati. Attribuendo valore all’uguaglianza e impegnandoci nella realizzazione dell’uguaglianza attraverso la legge, miriamo a sostenere la possibilità per ciascuno di condurre una vita autonoma. E, quindi, a rafforzare il concetto di libertà.
Il cammino è impervio ma il traguardo non è impossibile da raggiungere.
Occorre rendere merito al libro di Fasani concludendo questa presentazione con accenti positivi, almeno sul piano giuridico.
Benché in passato libertà ed eguaglianza fossero considerati principi in competizione fra loro, nelle società che definiamo “post-moderne” la libertà intesa come autonomia di scelta e l’eguaglianza intesa come non discriminazione si alimentano reciprocamente ed assumono (o dovrebbero assumere) un ruolo portante negli ordinamenti giuridici. L’interazione tra il principio di non discriminazione e la libertà di scelta dovrebbe volgersi a proteggere le diversità senza produrre diseguaglianze. Se il cuore del sistema che cerca di affermarsi nel Secolo XXI vuole che le differenze di fatto non si ripercuotano nel mondo giuridico, così evitando che siano di ostacolo all’autonomia individuale, allora il principio di non discriminazione assume una fondamentale importanza perché tende esattamente a rendere tutte le differenze irrilevanti davanti alla legge. In questa prospettiva, la non discriminazione svolge quel compito neutralizzatore di cui l’odierna società ha (o avrebbe) bisogno. Autonomia di scelta individuale, come elemento qualificante la persona umana e la sua dignità, e neutralità come carattere imprescindibile della legislazione, generano una tendenza verso l’equiparazione giuridica delle diversità. In altri termini, il diritto procede verso un’eguaglianza intesa come “indifferenza alla differenze”, ossia verso un modo di intendere l’eguaglianza in cui le differenze di fatto sono annullate nell’indifferenza giuridica.
Gianni Arrigo, Roma, 22 settembre 2020
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