(Studio legale G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)
Corte di giustizia dell’ Unione europea. Sentenza 4 ottobre 2024, nella causa C-406/22, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky.
1.Il 18 ottobre 2024 il Tribunale di Roma ha deciso di non convalidare il trattenimento di dodici migranti soccorsi in acque italiane e portati forzatamente in un centro di detenzione in Albania.
La decisione del Tribunale di Roma si basa su una sentenza della Corte di Giustizia dell’UE. del 4 ottobre 2024.
La Corte di giustizia aveva spiegato che possono essere considerati sicuri solo i paesi in cui non ci sono violazioni dei diritti umani; e secondo il tribunale di Roma questo non è il caso né dell’Egitto né del Bangladesh.
I dodici migranti sono rientrati in Italia il 19 ottobre, per essere poi trasferiti nel sistema di accoglienza ordinario.
La sentenza con la quale il Tribunale civile di Roma ha ordinato di riportare in Italia i 12 migranti che erano stati improvvidamente trasferiti nei centri in Albania, si basa sul concetto di “Paese sicuro”, un luogo che non sia teatro di guerre e dove siano rispettati i diritti civili.
La Corte di giustizia dell’ Unione europea si era pronunciata sul caso di un cittadino moldavo che aveva chiesto asilo alla Repubblica Ceca: richiesta inizialmente rifiutata ma poiché parte della Moldavia – la Transnistria – è occupata dai russi: ecco cadere il requisito di sicurezza.
Un Paese terzo non è sicuro se tutte le categorie di persone non godono di pari diritti e tutele o anche “quando talune parti del suo territorio non soddisfano le condizioni materiali di tale designazione”.
2. Corte di giustizia dell’ Unione europea. Sentenza 4 ottobre 2024, nella causa C-406/22,
Politica d’asilo: la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro deve estendersi a tutto il suo territorio. Il giudice nazionale che esamina la legittimità di una decisione amministrativa con cui si nega la concessione della protezione internazionale deve rilevare la violazione delle norme del diritto dell’Unione relative alla designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro.
La Corte di giustizia precisa le condizioni per la designazione, da parte di uno Stato membro, di paesi terzi come paesi di origine sicuri ai sensi della direttiva recante procedure comuni in materia di protezione internazionale[1].
Essa ritiene che il fatto che un paese terzo deroghi agli obblighi derivanti dalla CEDU non escluda che esso possa essere designato come tale.
Le autorità degli Stati membri devono tuttavia valutare se le condizioni di attuazione del diritto di deroga siano atte a mettere in discussione tale designazione.
Peraltro, la Corte dichiara che il diritto dell’Unione osta a che uno Stato membro designi un paese terzo come paese di origine sicuro soltanto per una parte del suo territorio. Inoltre, il giudice nazionale chiamato a verificare la legittimità di una decisione amministrativa in materia di protezione internazionale deve rilevare d’ufficio, nell’ambito dell’esame completo ad esso incombente, una violazione delle norme del diritto dell’Unione relative alla designazione di paesi di origine sicuri.
Nel 2022, CV, cittadino moldavo, ha presentato una domanda di protezione internazionale nella Repubblica ceca.
A sostegno della sua domanda, CV ha menzionato le minacce di cui era oggetto in Moldova da parte di persone che lo avrebbero aggredito in passato e che le autorità di polizia non sarebbero riuscite a identificare. Egli ha altresì dichiarato di non voler rientrare nella sua regione d’origine, a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Le autorità ceche hanno respinto tale richiesta tenendo, in particolare, conto del fatto che la Moldova, ad eccezione della Transnistria, era stata designata paese di origine sicuro.
Orbene, CV non era riuscito a dimostrare che tale designazione non varrebbe nel suo caso particolare. Investita del ricorso di CV contro il rigetto della sua domanda, la Corte regionale di Brno (Repubblica ceca) ha sottoposto alla Corte di giustizia diverse questioni concernenti l’interpretazione della direttiva recante procedure comuni in materia di protezione internazionale.
La Corte rileva, anzitutto, che un paese terzo non cessa di soddisfare i criteri che gli consentono di essere designato paese di origine sicuro per il solo fatto che si avvale del diritto di derogare[2] agli obblighi previsti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Infatti, la dichiarazione di ricorso a tale deroga non consente, di per sé, di concludere né che siano stati effettivamente adottati provvedimenti in deroga né quali siano la loro natura e la loro portata. Tuttavia, il fatto di invocare il diritto di deroga deve indurre le autorità competenti degli Stati membri a valutare se le condizioni della sua attuazione siano tali da mettere in discussione tale designazione.
La Corte considera poi che il diritto dell’Unione non consente attualmente agli Stati membri di designare come paese di origine sicuro solo una parte del territorio del paese terzo interessato. I criteri che consentono di designare un paese terzo come paese di origine sicuro devono, infatti, essere rispettati in tutto il suo territorio.
Infine, la Corte rileva che il giudice nazionale, investito di un ricorso avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente proveniente da un paese terzo designato come paese di origine sicuro, deve rilevare una violazione delle norme del diritto dell’Unione relative a tale designazione.
Pertanto, nell’ambito dell’esame del ricorso proposto dinanzi ad essa, la Corte regionale di Brno deve prendere in considerazione la deroga da parte della Moldova ai suoi obblighi previsti dalla CEDU, nonché la violazione, da parte della Repubblica ceca, della condizione secondo cui la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro deve estendersi a tutto il suo territorio.
[1] Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 , recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.
[2] In virtù dell’articolo 15 della CEDU, gli Stati membri possono derogare a taluni degli obblighi loro incombenti in forza di tale convenzione, in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico eccezionale che minacci la vita della nazione. L’esercizio di tale diritto è accompagnato da determinate condizioni e soggetto al controllo della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il 25 febbraio 2022, per la crisi energetica che stava attraversando, la Moldova ha fatto ricorso all’articolo 15 della CEDU. Il 28 aprile 2022, a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, essa ha deciso di prorogare l’esercizio di tale diritto di deroga.
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