(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo,G.Dobici)
Corte di Giustizia dell’Unione europea. Sentenza 18 gennaio 2024 (causa C‑218/22, BU c. Comune di Copertino).
Ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE e dell’articolo 31, par .2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è da considerarsi illegittima la norma nazionale (art. 5, comma 8, del D.L. n. 95/2012) che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà.
“SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione).
18 gennaio 2024
Rinvio pregiudiziale–Politica sociale–Direttiva 2003/88/CE–Articolo 7–Articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea–Indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute versata alla fine del rapporto di lavoro– Normativa nazionale che vieta il pagamento di tale indennità in caso di dimissioni volontarie di un dipendente pubblico–Contenimento della spesa pubblica–Esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico.
Nella causa C‑218/22,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Lecce (Italia), con decisione del 22 marzo 2022, pervenuta in cancelleria il 24 marzo 2022, nel procedimento
BU
contro
Comune di Copertino,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da […]
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate: […].
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 giugno 2023,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), nonché dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra BU, ex dipendente pubblico del Comune di Copertino (Italia), e detto Comune in merito al rifiuto di versare a BU un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute alla data della cessazione del rapporto di lavoro a seguito delle dimissioni volontarie di BU al fine di accedere al collocamento in pensione anticipata.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Il considerando 4 della direttiva 2003/88 recita:
«Il miglioramento della sicurezza, dell’igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico».
4 L’articolo 7 della direttiva 2003/88, intitolato «Ferie annuali», così dispone:
«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.
2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».
Diritto italiano
5 L’articolo 36, comma 3, della Costituzione italiana così prevede:
«Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».
6 L’articolo 2109 del Codice civile, rubricato «Periodo di riposo», ai commi 1 e 2 dispone:
«1. Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana di regola in coincidenza con la domenica.
2. Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità».
7 L’articolo 5 del decreto-legge del 6 luglio 2012, n. 95 – Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario (supplemento ordinario alla GURI n. 156, del 6 luglio 2012), convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge del 7 agosto 2012, n. 135, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto legge n. 95»), rubricato «Riduzione di spese delle pubbliche amministrazioni», al comma 8 prevede quanto segue:
«Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’istituto nazionale di statistica (ISTAT) [Italia] ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché delle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) [Italia], sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile. Il presente comma non si applica al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario supplente breve e saltuario o docente con contratto fino al termine delle lezioni o delle attività didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui è consentito al personale in questione di fruire delle ferie».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
8 BU è stato impiegato, dal 1º febbraio 1992 al 1º ottobre 2016, presso il Comune di Copertino, con il profilo professionale di Istruttore direttivo.
9 A partire dal 1º ottobre 2016, a seguito di dimissioni volontarie, BU ha cessato le sue funzioni per accedere al pensionamento anticipato.
10 Ritenendo di avere diritto a un’indennità finanziaria per 79 giorni di ferie annuali retribuite maturati nel periodo compreso tra il 2013 e il 2016, BU ha adito il Tribunale di Lecce (Italia), giudice del rinvio, proponendo una domanda di monetizzazione di tali giorni di ferie non goduti.
11 Il Comune di Copertino ha contestato tale domanda dinanzi al giudice del rinvio, richiamando l’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95. A suo avviso, il fatto che BU abbia fruito di ferie nel corso del 2016 dimostrerebbe che era a conoscenza del suo obbligo, derivante da tale disposizione, di fruire dei giorni di ferie maturati prima della fine del rapporto di lavoro. Inoltre, egli non avrebbe fruito del saldo delle ferie pur avendo rassegnato le dimissioni.
12 Il giudice del rinvio espone che i 79 giorni di ferie non goduti fatti valere da BU corrispondono a giorni di ferie annuali retribuite previsti dalla direttiva 2003/88, di cui 55 sarebbero dovuti per gli anni precedenti al 2016 e il resto per quest’ultimo anno di impiego. Tale giudice aggiunge che BU, nel corso del 2016, ha goduto di ferie corrispondenti a giorni maturati per anni precedenti, che erano stati riportati al 2013 e agli anni successivi. Tale situazione non implicherebbe tuttavia alcun comportamento abusivo da parte di BU che possa integrare quelli di cui al punto 48 della sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften (C‑684/16, EU:C:2018:874).
13 Il giudice del rinvio osserva altresì che la Corte costituzionale (Italia), nella sentenza n. 95/2016, ha dichiarato che l’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95, applicabile ai dipendenti pubblici e che prevede, fatte salve talune eccezioni, che non possa essere prevista alcuna monetizzazione per le ferie retribuite non godute, era conforme ai principi sanciti dalla Costituzione italiana, senza violare quelli del diritto dell’Unione e neppure le norme di diritto internazionale. Tale giudice sarebbe giunto a questa conclusione individuando diverse eccezioni a tale regola, che non sarebbero pertinenti nel caso di specie.
14 La Corte costituzionale avrebbe tenuto conto sia delle esigenze di contenimento della spesa pubblica sia dei vincoli organizzativi per il datore di lavoro pubblico, rilevando che tale normativa mirava a reprimere il ricorso incontrollato alla «monetizzazione» delle ferie non godute, nonché a riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie. Secondo quest’ultima, il divieto di versare un’indennità finanziaria sarebbe escluso qualora le ferie non siano state godute per ragioni indipendenti dalla volontà del lavoratore, come la malattia, ma non in caso di dimissioni volontarie.
15 Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla compatibilità con il diritto dell’Unione dell’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95, in particolare alla luce della sentenza del 25 novembre 2021, job-medium (C‑233/20, EU:C:2021:960), tanto più che l’obiettivo del contenimento della spesa pubblica risulta dalla rubrica stessa dell’articolo 5 di tale decreto-legge e che il comma 8 di tale articolo si inserisce in un insieme di misure volte a conseguire un risparmio economico nel settore della pubblica amministrazione.
16 In tali circostanze, il Tribunale di Lecce ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) [Se] l’articolo 7 della direttiva [2003/88], e l’articolo 31, paragrafo 2, della [Carta] devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale [ossia l’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (…)] che, per esigenze di contenimento della spesa pubblica nonché organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di monetizzazione delle ferie in caso di dimissioni volontarie del lavoratore pubblico dipendente; e, inoltre,
2) se – in caso di risposta affermativa [alla prima questione] – l’articolo 7 della direttiva [2003/88], e l’articolo 31, paragrafo 2, della [Carta] devono essere interpretati nel senso di richiedere che il pubblico dipendente dimostri l’impossibilità di fruire delle ferie nel corso del rapporto».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
17 La Repubblica italiana sostiene che le questioni pregiudiziali sono irricevibili, dal momento che la giurisprudenza della Corte derivante dalle sentenze del 20 luglio 2016, Maschek (C‑341/15, EU:C:2016:576) e del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften (C‑684/16, EU:C:2018:874), indicherebbe in modo chiaro come si dovrebbe interpretare il diritto nazionale affinché esso sia conforme al diritto dell’Unione, interpretazione che la Corte costituzionale avrebbe adottato. Inoltre, la seconda questione conterrebbe affermazioni contraddittorie.
18 A tale riguardo, occorre ricordare, anzitutto, che, in base al regolamento di procedura della Corte, la circostanza che un giudice nazionale non sia tenuto a rivolgersi alla Corte o che la risposta a una domanda di pronuncia pregiudiziale sia asseritamente evidente alla luce del diritto dell’Unione non ha alcuna incidenza sulla ricevibilità di tale domanda (sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punto 16).
19 Inoltre, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali, istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, tenendo conto delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punto 17 e giurisprudenza citata).
20 Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione beneficiano di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punto 18 e giurisprudenza citata).
21 Secondo il giudice del rinvio, sul fondamento dell’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95, a BU non potrebbe essere versata l’indennità finanziaria che egli reclama per i giorni di ferie annuali retribuite non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, per il motivo che ha volontariamente posto fine a detto rapporto. In tale contesto, con le sue questioni, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità di tale disposizione con l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e con l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta.
22 Pertanto, le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione e non risulta in modo manifesto che l’interpretazione di tali disposizioni richiesta da detto giudice non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento né che il problema sia di natura ipotetica. Inoltre, la Corte dispone degli elementi necessari per rispondere utilmente a tali questioni.
23 Le questioni poste sono, pertanto, ricevibili.
Nel merito
24 Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà.
25 In via preliminare, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione europea, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 19 e giurisprudenza citata).
26 Pertanto, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, il quale dispone che gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali, riflette e concretizza il diritto fondamentale a un periodo annuale di ferie retribuite sancito dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punto 25 e giurisprudenza citata).
27 A tale proposito, dai termini stessi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 e dalla giurisprudenza della Corte risulta che spetta agli Stati membri definire, nella loro normativa interna, le condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, precisando le circostanze concrete in cui i lavoratori possono avvalersene (sentenza del 22 settembre 2022, LB (Prescrizione del diritto alle ferie annuali retribuite), C‑120/21, EU:C:2022:718, punto 24 e giurisprudenza citata).
28 Tuttavia, questi ultimi devono astenersi dal subordinare a qualsivoglia condizione la costituzione stessa di tale diritto, il quale scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punto 27 e giurisprudenza citata).
29 Va aggiunto che il diritto alle ferie annuali costituisce solo una delle due componenti del diritto alle ferie annuali retribuite quale principio fondamentale del diritto sociale dell’Unione. Tale diritto fondamentale include quindi anche il diritto a ottenere un pagamento nonché, in quanto diritto connaturato a detto diritto alle ferie annuali «retribuite», il diritto a un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro (sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punto 29 e giurisprudenza citata).
30 Occorre in proposito ricordare che, quando il rapporto di lavoro è cessato, la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite cui il lavoratore ha diritto non è più possibile. Per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 prevede che, in caso di fine del rapporto di lavoro, il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti (sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 22 e giurisprudenza citata).
31 Come dichiarato dalla Corte, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato (sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 23 e giurisprudenza citata). Tale diritto è conferito direttamente dalla suddetta direttiva e non può dipendere da condizioni diverse da quelle che vi sono esplicitamente previste (sentenza del 6 novembre 2018, Kreuziger, C‑619/16, EU:C:2018:872, punto 22 e giurisprudenza citata).
32 Ne consegue, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, che un lavoratore, che non sia stato in condizione di usufruire di tutte le ferie annuali retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, ha diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute. A tal fine è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato. Pertanto, la circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro, non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro (sentenze del 20 luglio 2016, Maschek, C‑341/15, EU:C:2016:576, punti 28 e 29, nonché del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punti 32 e 34).
33 Tale disposizione osta a disposizioni o pratiche nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia versata alcuna indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che non sia stato in condizione di fruire di tutte le ferie annuali cui aveva diritto prima della cessazione di tale rapporto di lavoro, in particolare perché era in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto (sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 24 e giurisprudenza citata).
34 Del resto, prevedendo che il periodo minimo di ferie annuali retribuite non possa essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 mira anche a garantire che il lavoratore possa beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute (sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 33).
35 Pertanto, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente accordato da tale direttiva, che comprenda finanche la perdita del diritto in questione allo scadere del periodo di riferimento o di un periodo di riporto, purché, tuttavia, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto che tale direttiva gli conferisce (sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 35 e giurisprudenza citata).
36 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta, da un lato, che il lavoratore ha maturato giorni di ferie annuali retribuite in diversi periodi di riferimento che sembrano essersi cumulati, una parte dei quali, maturati sia dal 2013 sia durante il 2016, non era ancora stata goduta quando il rapporto di lavoro è cessato il 1º ottobre 2016. Dall’altro lato, risulta che, in forza dell’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95, tale lavoratore non ha diritto all’indennità finanziaria relativa all’insieme di tali giorni di ferie non goduti per il solo motivo che ha posto volontariamente fine al rapporto di lavoro con il pensionamento anticipato, circostanza che avrebbe potuto prevedere in anticipo.
37 A tale proposito, dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, secondo la Corte costituzionale, tale disposizione si prefigge di reprimere il ricorso incontrollato alla «monetizzazione» delle ferie non godute. Pertanto, parallelamente a misure di contenimento della spesa pubblica, la regola introdotta da tale disposizione avrebbe lo scopo di riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie rispetto al versamento di un’indennità finanziaria.
38 Quest’ultimo obiettivo corrisponde a quello perseguito dalla direttiva 2003/88, in particolare dal suo articolo 7, paragrafo 2, il quale, come ricordato al punto 34 della presente sentenza, mira in particolare a garantire che il lavoratore possa beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute.
39 In vista di tale obiettivo, e poiché l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente riconosciuto da tale direttiva che comprenda finanche la perdita di detto diritto alla fine di un periodo di riferimento o di un periodo di riporto, tale direttiva non può, in linea di principio, vietare una disposizione nazionale ai sensi della quale, al termine di tale periodo, i giorni di ferie annuali retribuite non goduti non potranno più essere sostituiti da un’indennità finanziaria, neppure in caso di successiva cessazione del rapporto di lavoro, allorché il lavoratore ha avuto la possibilità di esercitare il diritto che detta direttiva gli attribuisce.
40 Orbene, il motivo della cessazione del rapporto di lavoro non è rilevante ai fini del diritto all’indennità finanziaria previsto dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punti 32 e 34).
41 Dalle considerazioni che precedono risulta che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, come interpretata dalla Corte costituzionale, che prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute alla data della cessazione del rapporto di lavoro per il motivo che quest’ultimo ha posto fine volontariamente al rapporto di lavoro che lo vincola al suo datore di lavoro, introduce una condizione ulteriore a quelle espressamente previste all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, rammentate al punto 31 della presente sentenza. Inoltre, tale divieto riguarda, in particolare, l’ultimo anno di impiego nonché il periodo di riferimento nel corso del quale è intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro. Pertanto, tale normativa nazionale limita il diritto a un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il quale costituisce uno degli aspetti del diritto alle ferie annuali retribuite, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 29 della presente sentenza.
42 A tale riguardo, occorre ricordare che possono essere apportate limitazioni al diritto alle ferie annuali retribuite purché siano rispettate le condizioni previste all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, vale a dire che siffatte limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di tale diritto e, nel rispetto del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione [sentenza del 22 settembre 2022, LB (Prescrizione del diritto alle ferie annuali retribuite), C‑120/21, EU:C:2022:718, punto 36 e giurisprudenza citata].
43 Nel caso di specie, la limitazione di cui trattasi nel procedimento principale all’esercizio del diritto fondamentale di cui all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta è prevista dalla legge, più in particolare dall’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95.
44 Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dal legislatore nazionale, sui quali il giudice di rinvio si interroga in particolare, dalla formulazione della prima questione discende che essi, quali risultano dalla rubrica dell’articolo 5 del decreto-legge n. 95 e come interpretati dalla Corte costituzionale, sono, da un lato, il contenimento della spesa pubblica e, dall’altro, le esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, ivi compresa la razionale programmazione del periodo di ferie e l’incentivazione all’adozione di comportamenti virtuosi delle parti del rapporto di lavoro.
45 In primo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo inteso al contenimento della spesa pubblica, è sufficiente ricordare che dal considerando 4 della direttiva 2003/88 risulta che la protezione efficace della sicurezza e della salute dei lavoratori non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico (sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C‑55/18, EU:C:2019:402, punto 66 e giurisprudenza citata).
46 In secondo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo connesso alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, occorre rilevare che esso concerne, in particolare, la razionale programmazione del periodo di ferie e l’incentivazione dell’adozione di comportamenti virtuosi delle parti del rapporto di lavoro, di modo che esso può essere inteso come finalizzato a incentivare i lavoratori a fruire delle loro ferie e come rispondente alla finalità della direttiva 2003/88, come risulta dal punto 38 della presente sentenza.
47 Inoltre, occorre ricordare che gli Stati membri non possono derogare al principio derivante dall’articolo 7 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, secondo il quale un diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 54).
48 Se, invece, il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle stesse, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non osta alla perdita di tale diritto né, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla correlata mancanza di un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute, senza che il datore di lavoro sia tenuto a imporre a detto lavoratore di esercitare effettivamente il suddetto diritto (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 56).
49 A tale proposito, il datore di lavoro è segnatamente tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l’effetto utile dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo, e nel contempo informandolo, in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte a contribuire, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato, o non potranno più essere sostituite da un’indennità finanziaria. L’onere della prova incombe al datore di lavoro (v. in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punti 45 e 46).
50 Ne consegue che, qualora il datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio, si deve ritenere che l’estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di riferimento o del periodo di riporto autorizzato e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute violino, rispettivamente, l’articolo 7, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nonché l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punti 46 e 55).
51 In ogni caso, dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il divieto di versare un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite non goduti si riferisce a quelli maturati durante l’ultimo anno di impiego in corso.
52 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà.
Sulle spese
53 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà […]”.
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