A cura di Luigi Verde

Il Parlamento europeo: cos’è e cosa fa.

Il dibattito sulle elezioni europee, in Italia (così come in altri Paesi dell’UE),è parso concentrarsi sulle candidature. Tra conferme, smentite, passi indietro e fraintendimenti, si è parlato non solo di politici, ma anche di personaggi del momento, provenienti da altri ambiti (forze armate, giornalismo, spettacolo). Questa attenzione ha occupato più spazio del dovuto, a scapito dei temi e del dibattito in generale, nonché dell’Istituzione che gli elettori europei erano chiamati a votare.

Sebbene sia elettivo dal 1979, il Parlamento europeo è ancora poco conosciuto. Nella mente dei cittadini europei, ma anche di taluni loro rappresentanti, è radicata l’impressione che si tratti di un simbolo democratico: bello ma con pochi poteri. La realtà è però diversa, dato che il Parlamento europeo gioca un ruolo di primo piano nell’assunzione di decisioni capaci di incidere sulla vita quotidiana delle persone.

Il Parlamento Europeo ha origini lontane: anche se le prime elezioni dirette e a suffragio universale avvennero nel 1979, questa Istituzione nacque nel 1952 con la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio con il nome di “Assemblea Comune”. Questa era già suddivisa per gruppi politici (Socialisti, Liberali e Popolari) e aveva il potere di sfiduciare l’Alta Autorità, antenata della Commissione europea. I suoi poteri erano meramente consultivi e i deputati venivano scelti dai Parlamenti degli, allora sei, Stati membri.

Ma torniamo ad oggi e diamo conto dell’attuale quadro giuridico-istituzionale, iniziando dalle basi.

Base giuridica. Articoli da 223 a 234 e 314 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Obiettivi. Il Parlamento, quale istituzione rappresentativa dei cittadini europei, costituisce il fondamento democratico dell’Unione europea. Per garantire all’Unione la piena legittimazione democratica, esso dev’essere completamente associato al processo legislativo dell’UE ed esercitare un controllo politico sulle altre istituzioni dell’Unione a nome dei cittadini.

Competenze di tipo costituzionale e poteri di ratifica. Dall’Atto Unico europeo (AUE), la stipula di qualsiasi trattato di adesione di un nuovo Stato membro o di associazione è soggetta al parere conforme del Parlamento europeo. L’AUE ha inoltre disposto che tale procedura si applichi agli accordi internazionali aventi implicazioni finanziarie considerevoli per l’Unione (in sostituzione della procedura di concertazione istituita nel 1975). Il trattato di Maastricht ha introdotto tale procedura anche per gli accordi che creano un quadro istituzionale specifico oppure che implicano la modifica di un atto adottato secondo la procedura di codecisione. Sin dall’entrata in vigore del trattato di Maastricht, il parere conforme del Parlamento è necessario anche per gli atti relativi alla procedura elettorale. In seguito al trattato di Amsterdam, qualora il Consiglio intenda dichiarare la sussistenza del rischio concreto che uno Stato membro commetta una violazione grave dei principi fondamentali dell’UE, il Parlamento europeo deve esprimere il suo parere conforme prima che siano trasmesse raccomandazioni o comminate sanzioni per tale Stato membro. Per contro, qualsiasi revisione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo deve ottenere l’approvazione del Consiglio.

In seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento può assumere l’iniziativa per quanto riguarda la revisione dei trattati e ha l’ultima parola sull’eventuale convocazione di una convenzione allo scopo di preparare la futura modifica di un trattato (articolo 48, paragrafi 2 e 3, del trattato sull’Unione europea (TUE)).

Partecipazione al processo legislativo. Il Parlamento europeo partecipa all’adozione degli atti legislativi dell’Unione europea con modalità differenti, a seconda della singola base giuridica. Il suo ruolo è passato progressivamente da una partecipazione esclusivamente consultiva a una codecisione su un piano di parità con il Consiglio.

A. Procedura legislativa ordinaria. Dopo l’entrata in vigore del trattato di Nizza, la procedura di codecisione era applicata a 46 basi giuridiche del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE). In linea di principio, questa procedura poneva il Parlamento su un piano di parità con il Consiglio. In caso di accordo tra le due istituzioni l’atto era adottato in prima o in seconda lettura; in caso di dissenso, l’atto poteva essere adottato soltanto se l’esito della conciliazione era positivo.

Con il trattato di Lisbona, la procedura di codecisione è divenuta la procedura legislativa ordinaria (articolo 294 TFUE). Rientrano in questa procedura oltre quaranta nuovi ambiti, come la libertà, la sicurezza e la giustizia, il commercio estero, la politica ambientale e la politica agricola comune (PAC).

B. Consultazione. La procedura di consultazione continua ad applicarsi nei casi previsti dagli articoli 27, 41 e 48 TUE e al regime fiscale, alla concorrenza, all’armonizzazione delle legislazioni non correlate al mercato interno e ad alcuni aspetti della politica sociale.

C. Cooperazione (abrogata). La procedura detta di «cooperazione» (ex articolo 252 del trattato CE) era stata introdotta dall’AUE e quindi estesa dal trattato di Maastricht a gran parte delle materie legislative sulle quali il Consiglio delibera a maggioranza. Obbligando il Consiglio a prendere in considerazione in seconda lettura gli emendamenti parlamentari adottati a maggioranza assoluta e accolti dalla Commissione, essa ha segnato l’inizio di un vero potere legislativo attribuito al Parlamento, ma è stata in seguito abrogata con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona.

D. Autorizzazione. La procedura di approvazione, un tempo denominata «procedura del parere conforme», è stata introdotta dall’AUE nel 1986. Dal trattato di Maastricht in poi, la procedura si applicava ad alcuni ambiti legislativi nei quali il Consiglio deliberava all’unanimità; il trattato di Amsterdam li ha limitati ai Fondi strutturali e di coesione.

In virtù del trattato di Lisbona, rientrano nella procedura di approvazione alcuni nuovi ambiti, ad esempio gli articoli 7, 14, 17, 27, 48 e 50 TUE e gli articoli 19, 83, 86, 218, 223, 311 e 312 TFUE, nonché le misure che devono essere adottate dal Consiglio quando un’azione dell’UE appare necessaria senza che i trattati abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine (articolo 352 TFUE).

E. Diritto di iniziativa. Il trattato di Maastricht ha concesso al Parlamento un diritto d’iniziativa legislativa, limitato però alla facoltà di chiedere alla Commissione di presentare una proposta. Tale diritto è stato mantenuto nel trattato di Lisbona (articolo 225 TFUE) ed è descritto con maggiori dettagli in un accordo interistituzionale tra il Parlamento e la Commissione. Inoltre, in alcuni casi specifici, al Parlamento è stato conferito il diritto di iniziativa diretta. Tale diritto si applica alla regolamentazione relativa alla sua composizione, all’elezione dei suoi membri e alle condizioni generali per l’esercizio delle funzioni dei deputati, nonché alla creazione di commissioni temporanee d’inchiesta e allo statuto e alle condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del Mediatore.

In una Risoluzione approvata nel giugno 2022, il Parlamento ha affermato di essere “fermamente convinto che i trattati dovrebbero essere rivisti in modo da riconoscere al Parlamento, in quanto unica istituzione dell’UE direttamente eletta e dunque l’unica a rappresentare la voce dei cittadini nel processo decisionale dell’UE, il diritto generale e diretto di introdurre una legislazione”.

Poteri in materia di bilancio. Il trattato di Lisbona ha eliminato la distinzione tra spese obbligatorie e non obbligatorie, collocando il Parlamento su un piano di parità con il Consiglio nell’ambito della procedura annuale di bilancio, che oggi risulta simile alla procedura legislativa ordinaria.

Il Parlamento costituisce uno dei due rami dell’autorità di bilancio (articolo 314 TFUE). Esso partecipa alla procedura di bilancio sin dalla fase preparatoria, in particolare per quanto riguarda la definizione degli orientamenti generali e della natura delle spese. Approva il bilancio e ne controlla l’esecuzione (articolo 318 TFUE), inoltre concede il discarico per l’esecuzione del bilancio (articolo 319 TFUE).

Infine, il Parlamento deve approvare il quadro finanziario pluriennale (QFP) (articolo 312 TFUE). Il QFP per il periodo 2014-2020 è il primo soggetto alle disposizioni del trattato di Lisbona.

Poteri di controllo sull’esecutivo. Il Parlamento europeo dispone di vari poteri di controllo. Nello specifico, esso esamina la relazione generale annuale presentata dalla Commissione (articolo 233 TFUE) e controlla, insieme al Consiglio, gli atti delegati e gli atti di esecuzione della Commissione (articoli 290 e 291 TFUE).

A. Investitura della Commissione. Nel 1981 il Parlamento ha iniziato ad approvare informalmente l’investitura della Commissione esaminando il suo programma e pronunciandosi in merito, ma è soltanto a partire dall’entrata in vigore del trattato di Maastricht nel 1992 che la sua approvazione è necessaria affinché gli Stati membri possano nominare il Presidente e i membri della Commissione in quanto collegio. Il trattato di Amsterdam si è spinto oltre, assoggettando all’approvazione del Parlamento anche la designazione del Presidente della Commissione, che avviene in via preliminare rispetto a quella degli altri membri. Il Parlamento ha inoltre introdotto nel 1994 l’audizione dei commissari designati. Il trattato di Lisbona dispone che il candidato alla presidenza della Commissione sia scelto tenendo conto dei risultati delle elezioni europee. Di conseguenza, nella sua Risoluzione del 22.XI.2012 sulle elezionio del PE nel 2014, il Parlamento ha esortato i partiti politici europei a nominare candidati alla presidenza della Commissione al fine di rafforzare la legittimità politica di entrambe le istituzioni. Nel 2014 è stata introdotta la cosiddetta procedura degli Spitzenkandidaten, in virtù della quale i partiti politici europei designano, in vista delle elezioni europee, i candidati capilista alla carica di Presidente della Commissione. Sebbene sia stata infine accantonata nel 2019, la procedura è considerata importante per la trasparenza e la legittimità politica delle istituzioni dell’Unione.

B. Mozione di censura. Sin dal trattato di Roma è prevista una mozione di censura (detta anche «voto di sfiducia») nei confronti della Commissione. Oggi le disposizioni generali che conferiscono al Parlamento il diritto di voto su una mozione di censura della Commissione sono contenute nell’articolo 17, paragrafo 8, TUE e nell’articolo 234 TFUE. Tale mozione richiede la maggioranza di due terzi dei voti espressi, e quindi la maggioranza dei membri che compongono il Parlamento europeo. L’approvazione di una mozione di censura comporta le dimissioni della Commissione in quanto collegio, compreso il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nell’ambito delle sue funzioni svolte all’interno della Commissione. Ad oggi il Parlamento ha tentato più volte, senza successo, di avvalersi delle pertinenti disposizioni del Trattato o delle disposizioni precedenti per sciogliere la Commissione.

C. Interrogazioni parlamentari.Le interrogazioni con richiesta di risposta scritta possono essere rivolte da ciascun deputato al Presidente del Consiglio europeo, al Consiglio, alla Commissione o al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. A norma dell’articolo 230 TFUE, la Commissione deve rispondere oralmente o per iscritto alle interrogazioni che le sono presentate dal Parlamento europeo o dai membri di questo, e il Consiglio europeo e il Consiglio devono essere ascoltati dal Parlamento europeo‚ secondo le modalità previste dal regolamento interno del Consiglio europeo e da quello del Consiglio.

Di conseguenza, le interrogazioni parlamentari possono essere scritte e orali, con o senza dibattito, o presentate durante il tempo delle interrogazioni.

D. Commissioni d’inchiesta.In base all’articolo 226 TFUE, il Parlamento europeo ha il potere di costituire una commissione temporanea d’inchiesta incaricata di esaminare le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto dell’Unione. Lo stesso articolo dispone che, previa approvazione del Consiglio e della Commissione, il Parlamento europeo, di sua iniziativa, deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, fissa le modalità per l’esercizio del diritto d’inchiesta. In attesa dell’adozione di tale regolamento, il diritto d’inchiesta è esercitato conformemente a un accordo interistituzionale del 1995 allegato al regolamento del Parlamento. Il Parlamento ha più volte ribadito la necessità di migliorare la comunicazione e la cooperazione tra le tre istituzioni al fine di poter adempiere al proprio mandato di cui all’articolo 226 TFUE. Nel 2014 ha adottato la sua posizione sulla proposta di Regolamento relativo alle modalità di esercizio del diritto d’ìinchiesat del PE Tuttavia, i negoziati fra le tre istituzioni in merito a tale proposta continuano a trovarsi in una fase di stallo. Nell’aprile 2019 il Parlamento ha pertanto approvato una Risoluzione in cui esprime il suo più profondo disappunto per l’atteggiamento del Consiglio e della Commissione, che continua a impedire, dopo oltre quattro anni di riunioni informali, una riunione formale in cui discutere le possibili soluzioni ai problemi individuati. Nella sua risoluzione, il Parlamento osserva il mancato rispetto, da parte del Consiglio e della Commissione, del principio di cooperazione interistituzionale e li invita a riprendere i negoziati in materia con il Parlamento neoeletto.

E. Controllo in materia di politica estera e di sicurezza comune.In questi ambiti il Parlamento europeo ha diritto a un’informazione costante e può indirizzare al Consiglio interrogazioni o raccomandazioni. Il Parlamento deve essere consultato sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune (PESC) (articolo 36 TUE). L’attuazione dell’Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria ha contribuito inoltre a migliorare le procedure di consultazione della PESC per quanto concerne gli aspetti finanziari. La creazione dell’incarico di alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha rafforzato l’influenza del Parlamento, giacché l’alto rappresentante è anche vicepresidente della Commissione.

Ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Il Parlamento europeo ha il diritto di inoltrare ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) in caso di violazione del trattato da parte di un’altra istituzione.

Ha un diritto di intervento, cioè di sostenere una delle parti in una causa dinanzi alla CGUE. Citando una causa esemplare, il Parlamento ha esercitato questo diritto nella sentenza Isoglucosio (cause 138 e 139/79 del 29 ottobre 1980), in cui la CGUE ha annullato un regolamento del Consiglio per violazione da parte di quest’ultimo dell’obbligo di consultare il Parlamento. Con il ricorso in carenza (articolo 265 TFUE), il Parlamento può adire la Corte di giustizia per far constatare la violazione del trattato commessa da un’istituzione, com’è avvenuto per la causa 13/83, nella quale il Consiglio è stato condannato per aver omesso di prendere misure relative alla politica comune dei trasporti.

In virtù del trattato di Amsterdam, il Parlamento poteva presentare un ricorso in annullamento solo quando doveva salvaguardare le proprie prerogative. Dal trattato di Nizza il Parlamento non è più tenuto a dimostrare un interesse specifico e può ora inoltrare ricorsi allo stesso titolo del Consiglio, della Commissione e degli Stati membri. Il Parlamento può essere la parte convenuta in caso di ricorso contro un atto adottato secondo la procedura di codecisione, oppure nel caso in cui un suo atto sia destinato a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. L’articolo 263 TFUE conferma così le sentenze della CGUE nelle cause 320/81, 294/83 e 70/88.

Infine, il Parlamento può chiedere il parere preventivo della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo internazionale con il trattato (articolo 218 TFUE).

Petizioni.Quando un cittadino dell’Unione esercita il proprio diritto di presentare una petizione, lo fa trasmettendo detta petizione al Presidente del Parlamento europeo (articolo 227 TFUE).

Iniziativa dei cittadini europei. Il Parlamento organizza un’audizione degli autori di iniziative dei cittadini europei registrate con successo, sotto la direzione della commissione per le petizioni. Il 17 aprile 2019 il Parlamento e il Consiglio hanno adottato formalmente il Regolamento UE 2019/788, entrato in vigore il 1o gennaio 2020.

Nomina del Mediatore. Il trattato di Lisbona prevede che il Mediatore europeo sia eletto dal Parlamento europeo (articolo 228 TFUE).

(Fonte: PE. Note tematiche sull’Unione europea)