Pensione di reversibilità del nonno al nipote interdetto e orfano, ma maggiorenne.

Corte di Cassazione, Sez. lavoro. ordinanza interlocutoria n. 9377/21, depositata l’8 Aprile 2021.  

Pensione di reversibilità-Beneficiari della prestazione di reversibilità-Maggiori orfani e interdetti che vivano a carico degli ascendenti -Equiparazione ex art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957-Esclusione-Questione di legittimità costituzionale-Rilevanza e non manifesta infondatezza.

La pregnanza del vincolo di solidarietà familiare e lo stato di bisogno economico vanno valorizzati anche nel rapporto tra nonno e nipote di maggiore età interdetto e il dato anagrafico che distinguerebbe tra nipoti di minori di età, abili o inabili, e i nipoti interdetti di maggiore età introduce un divario irragionevole, incoerente col fondamento solidaristico della pensione di reversibilità. Queste le motivazioni alla base della rimessione alla Corte Costituzionale da parte della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 9377/2021, per la pronuncia sulla conformità alla Costituzione dell’art. 38 del d.P.R..n. 818/1957.

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE  SEZIONE LAVORO

“[…] RILEVATO CHE

  1. la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 3847 del 2018, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da Cerchione Carmine, in qualità di tutore di Stefania Rossi – nipote orfana, incapace di intendere e di volere, convivente con il nonno, Cerchione Antonio, e maggiorenne all’epoca del decesso di quest’ultimo (in data 15 agosto 1996) – volta ad ottenere la pensione di reversibilità.
  2. La Corte di merito rilevava che il disposto dell’art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, modificato dalla L. n. 903 del 1965, che stabiliva la spettanza della pensione di reversibilità al coniuge e ai figli superstiti minorenni e inabili a carico del genitore al momento del decesso, era stato esteso, a seguito della declaratoria di incostituzionalità della norma (Corte cost. sentenza n. 180 del 1999), anche ai nipoti conviventi con il nonno pensionato, senza distinguere tra nipoti abili o inabili, con l’unico limite della minore età.
  3. La maggiore età di Stefania Rossi escludeva, pertanto, ad avviso della Corte di merito, il diritto alla pensione di reversibilità.
  4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione Cerchione Carmine, in qualità di tutore di Stefania Rossi, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste l’INPS, con controricorso.
  5. All’esito dell’infruttuosa trattazione camerale, la sesta sezione della Corte ha richiesto un intervento nomofilattico, e la trattazione in pubblica udienza, sul diritto, dei nipoti maggiorenni interdetti, conviventi con l’ascendente, alla pensione di reversibilità.
  6. L’Ufficio della Procura generale, rassegnando conclusioni scritte, ha chiesto la rimessione della questione alla Corte costituzionale.
  7. Con il terzo motivo di ricorso la parte ricorrente deduce violazione del r.d.l. n. 636 del 1939, art. 13, modificato dalla L. n. 903 del 1965, in connessione con il d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 38, e assume che la normativa di riferimento riconosce, in linea di principio, il diritto alla pensione di reversibilità ai figli minorenni e, in casi particolari, ai figli maggiorenni, di talché l’intervento della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 180 del 1999, non può che essere inteso come volto a estendere il diritto a favore dei nipoti conviventi con l’ascendente, alle stesse condizioni e con le stesse limitazioni previste per i figli; per il caso in cui tale interpretazione non fosse condivisa, chiede alla Corte di Cassazione di sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma per violazione degli artt. 3 e 38 Cost., ravvisando disparità di trattamento di soggetti nelle medesime condizioni.

CONSIDERATO CHE

  1. Osserva il Collegio che la censura prospettata importa, innanzi tutto, la necessità di verificare la legittimità costituzionale dell’art. 38 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 118, sul riordinamento delle pensioni dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti) e dell’art. 13, r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, modificato dalla L. 21 luglio 1965, n. 903.
  2. Rilevanza della questione di costituzionalità. L’art.13 del regio decreto-legge del 14 aprile 1939, n. 636 prevede la prestazione indiretta a favore dei figli superstiti, di qualunque età, riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi (art. 13, primo comma), in mancanza anche ai genitori, ai fratelli celibi e alle sorelle nubili superstiti che non siano titolari di pensione, sempreché al momento della morte del dante causa risultino permanentemente inabili al lavoro e a suo carico (art.13, sesto comma).
  3. Ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i figli in età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro, i figli studenti, i genitori, nonché i fratelli celibi e le sorelle nubili permanentemente inabili al lavoro, si considerano a carico dell’assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa (art.13, settimo comma) [per inciso, il regio decreto n. 636, abrogato a decorrere dal 16 dicembre 2009 (ex art. 2, comma 1, del d.l. 22 dicembre 2008 n. 200) ha visto, successivamente, ripristinata l’efficacia per effetto dell’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 10dicembre 2009, n. 179].
  4. Per l’equiparazione dei figli, nati nel matrimonio o legittimati, ad altri minori è intervenuto il decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, all’art. 38, che, in linea generale, agli effetti del diritto alle prestazioni delle assicurazioni obbligatorie per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, per la tubercolosi e per la disoccupazione e alle maggiorazioni di esse, ha fissato detta equiparazione alla condizione che si trattasse di minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge.
  5. Alla stregua di tali disposizioni, l’estensione dei trattamenti previdenziali – entro certi limiti e condizioni – a determinati componenti della famiglia dell’assicurato, includeva solo i minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge e non anche i nipoti, pur se minori e viventi a carico degli ascendenti, a meno che sussistessero le predette condizioni (formalmente affidati, a questi ultimi, dagli organi competenti).
  6. Su questo punto, la Corte costituzionale, con la sentenza 20 maggio 1999, n. 180, ha rilevato il contrasto della previsione legislativa con il canone di ragionevolezza nella parte in cui, mentre includeva, fra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilità, i minori non parenti, formalmente affidati al titolare della pensione principale, escludeva, tuttavia, dal beneficio dell’ultrattività pensionistica, i nipoti minori e viventi a carico degli ascendenti assicurati, per i quali il legislatore non richiede tale formale affidamento.
  7. Ne è risultata l’illegittimità costituzionale del richiamato articolo 38 del d.P.R. n.818 del 1957, nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti risultando così ampliata la platea dei superstiti del lavoratore o assicurato ai nipoti, viventi a carico, dell’ascendente.
  8. Venendo alla vicenda ora all’esame, la discendente superstite, orfana e interdetta, vivente a carico dell’ascendente assicurato, aveva già raggiunto la maggiore età all’epoca del decesso del nonno e, dunque, possedeva il requisito anagrafico costituente elemento ostativo all’acquisizione del diritto alla reversibilità, tuttavia, la peculiare condizione, di minorata capacità conseguente allo status di interdetta e di orfana dei genitori, rende rilevante in causa la prospettata questione di legittimità costituzionale rimanendo altrimenti precluso il diritto della nipote alla pensione di reversibilità.
  9. Né risulta dedotta in causa la titolarità di altri trattamenti pensionistici ai superstiti per avere l’ente previdenziale opposto alla pretesa azionata esclusivamente la protezione assistenziale riservata dalla legislazione a favore dei disabili.
  10. Non manifesta infondatezza. L’ordinamento configura la pensione di reversibilità come «una forma di tutela previdenziale ed uno strumento necessario per il perseguimento dell’interesse della collettività alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed alla garanzia di quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l’effettivo godimento dei diritti civili e politici (art. 3, secondo comma, della Costituzione) con una riserva, costituzionalmente riconosciuta, a favore del lavoratore, di un trattamento preferenziale (art. 38, secondo comma, della Costituzione) rispetto alla generalità dei cittadini (art. 38, primo comma, della Costituzione)» (Corte cost. sentenza n. 286 del 1987, punto 3.2. del Considerato in diritto; sentenza n. 777 del 1988, punto 2; sentenza n. 18 del 1998, punto 5; sentenza n. 926 del 1988, punto 2; sentenza n. 419 del 1999, punto 2.1; sentenza n. 70 del 1999, punto 3).
  11. Per effetto della morte del lavoratore o del pensionato, la situazione pregressa, costituita e realizzata con la vivenza a carico subisce interruzione sicché con il trattamento di riversibilità si realizza la garanzia della continuità del sostentamento ai familiari superstiti.
  12. Tale precipua connotazione previdenziale colloca il trattamento di reversibilità nell’alveo degli articoli 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, che prescrivono l’adeguatezza della pensione, quale retribuzione differita, e l’idoneità della stessa a garantire un’esistenza libera e dignitosa.
  13. Il fondamento solidaristico della pensione di reversibilità, che ne determina la finalità previdenziale, presidiata dalle richiamate disposizioni costituzionali risulta ulteriormente ribadito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 174 del 2016.
  14. Il connaturale raccordo tra finalità previdenziale e fondamento solidaristico è espresso dalla tutela della continuità del sostentamento al superstite convivente e dalla prevenzione dello stato di bisogno che può derivare, a quest’ultimo, dalla morte del congiunto, sicché il perdurare del vincolo di solidarietà familiare proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte (Corte cost. n.174 del 2016).
  15. La sentenza n. 180 del 1999 della Corte costituzionale ha già evidenziato come il rapporto parentale, tra ascendenti e discendenti, non solo nella realtà concreta ma anche sotto il profilo giuridico, assuma forma peculiare e pregnante fondata sul carattere naturale della solidarietà familiare di cui l’ordinamento si fa carico attraverso i doveri di mantenimento, istruzione, educazione, di prestare gli alimenti, ecc. che il diritto di famiglia pone a carico delle persone legate da stretti rapporti di parentela, doveri e obblighi – sanzionati penalmente – scaturenti dalle disposizioni del codice civile nei confronti degli ascendenti nei casi di impossibilità ad assolverli da parte dei genitori.
  16. Anche questa Corte di legittimità, con la sentenza n. 20267 del 2018, ha messo in luce la fondamentale ratio solidaristica sottesa alla reversibilità del trattamento pensionistico, in continuità con la sentenza n. 23285 del 2016 che detta ratio aveva valorizzato nella prosecuzione dell’erogazione del trattamento di reversibilità agli studenti, figli dell’assicurato o pensionato, correlata alla prevenzione del bisogno derivante dalla continuazione degli studi oltre la maggiore età.
  17. Ancora, la Corte costituzionale, chiamata ad interloquire in relazione ad una delle condizioni necessarie per l’attribuzione della prestazione – quella negativa della mancata prestazione di un lavoro retribuito da parte dello studente – con la sentenza n. 42 del 1999 (dando seguito alle precedenti pronunce nn. 274 del 1993 e 406 del 1994) aveva escluso la possibilità di valorizzare, in funzione preclusiva per l’acquisizione del diritto, lo svolgimento di attività di modesto rilievo e con esigua remunerazione, osservando che «qualora si versi in una situazione del genere (che dovrà essere di volta in volta valutata in concreto), la percezione di un piccolo reddito per attività lavorative, pur venendo a migliorare la situazione economica dell’orfano, non gli fa perdere la sua prevalente qualifica di studente; sicché la totale eliminazione o anche la semplice decurtazione della quota di pensione di riversibilità si risolverebbe in una sostanziale lesione del diritto allo studio con deteriore trattamento dello studente, in contrasto coi principi di cui agli artt. 3, 4, 34 e 35 della Costituzione».
  18. Se, dunque, la ratio della reversibilità dei trattamenti pensionistici consiste nel «farne proseguire almeno parzialmente, anche dopo la morte del loro titolare, il godimento da parte dei soggetti a lui legati da determinati vincoli familiari, garantendosi così ai beneficiari la protezione dalle conseguenze che derivano dal decesso del congiunto» (v. Corte cost. n. 70 del 1999, n. 18 del 1998, n. 495 del 1993 e n. 286 del 1987) e «si realizza in tal modo, anche sul piano previdenziale, una forma di ultrattività della solidarietà familiare» (così Corte cost n. 180 del 1999 cit.), il rapporto parentela tra l’ascendente e il nipote verrebbe ad avere, nella vicenda all’esame, un irragionevole trattamento deteriore.
  19. Invero, il vincolo familiare tra l’ascendente e il nipote, maggiore di età, orfano e interdetto, nel cui ambito è, all’evidenza, più pregnante l’obbligo di assistenza, anche materiale, immanente alla relazione affettiva, è in tutto e per tutto assimilabile alla medesima relazione tra ascendente e nipote minore di età, a carico, per essere immutata la condizione di minorata capacità del nipote, maggiore interdetto, con il nipote minore, entrambi viventi a carico dell’ascendente al momento del decesso di questi.
  20. Il collegamento genetico sotteso al rapporto giuridico preesistente, quale presupposto necessario per l’accesso al trattamento pensionistico di reversibilità, si manifesta con l’intensità del vincolo affettivo e l’ampiezza del rapporto parentale contraddistinti dalla condizione di orfano del nipote interdetto, condizione per la quale assume maggior vigore anche la speciale e privilegiata disciplina voluta dal legislatore, sul piano dei diritti e dei relativi obblighi: il dovere di concorso negli oneri di mantenimento, istruzione ed educazione, sancito dall’art. 316-bis del codice civile a carico degli ascendenti quando i genitori non hanno i mezzi sufficienti; l’obbligo di prestare gli alimenti, che può essere assolto anche accogliendo e mantenendo nella propria casa gli aventi diritto (artt. 433 e 443 del codice civile); l’intervento giudiziale nel caso in cui ai nonni venga impedito il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni (art. 317-bis cod.civ.); il diritto del nipote alla continuità affettiva con i nonni, declinato dall’art. 315-bis cod.civ.; la tutela penale di tali doveri ed obblighi (artt. 570 e 591 cod.pen.).
  21. Il significativo rapporto instaurato tra ascendente e nipote, passibile di tutela come «vita familiare» ex art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà è stato affermato anche dalla Sentenza della Corte EDU (Sezione III) 5 marzo 2019, in causa Bogonosovy c. Russia, che ha ribadito l’indissolubilità del legame tra nonno e nipote affermato in precedenti decisioni.
  22. Si appalesa, dunque, irragionevole che i nipoti minori possano godere del trattamento pensionistico del de cuius, e i nipoti maggiorenni, orfani e interdetti, viventi a carico dell’ascendente assicurato, ne siano esclusi, non potendo ragionevolmente sostenersi l’esclusione sulla scorta della limitata durata nel tempo della prestazione in favore dei nipoti minori (fino alla maggiore età), e della più lunga durata dell’aspettativa di vita del nipote maggiore interdetto.
  23. Il criterio selettivo dell’età o della speranza di vita del beneficiario, in funzione del contenimento della spesa previdenziale, richiamato dall’ente previdenziale, non può costituire la direttrice dell’istituto conformato, nel tempo, con l’evoluzione della platea degli aventi diritto, ad un’estensione della protezione per l’evento morte, generatore di una condizione di bisogno per i familiari superstiti.
  24. Del resto, il medesimo criterio selettivo appena evocato mal si concilia, appalesandosi, piuttosto, l’ulteriore profilo di irragionevolezza, con il riconoscimento del trattamento pensionistico di reversibilità, vita natural durante, ai figli maggiorenni inabili al lavoro, superstiti dei genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione.
  25. La preminente tutela dei più bisognosi, deboli e vulnerabili all’interno del nucleo familiare e, più in generale, la protezione della vita familiare, che ha portato a riconoscere come superstiti dei nonni, i nipoti minori per garantire la continuità del sostentamento dispiegato in vita dall’ascendente, nondimeno deve includere il discendente che versa in condizione ancor più accentuata di bisogno, fragilità, vulnerabilità, quale il nipote orfano interdetto.
  26. Neanche rileva, come rimarcato dall’INPS, che altri siano i rimedi e gli strumenti offerti dall’ordinamento a protezione dell’inabile totale, trattandosi di benefici specifici, involgenti la tutela assistenziale approntata dall’ordinamento ed esterni, dunque, alla relazione parentale permeata dal vincolo costituzionale di solidarietà.
  27. Se dunque, il perdurare del vincolo di solidarietà familiare e parentale proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte, il legislatore è chiamato a specificare e a modulare le multiformi situazioni meritevoli di tutela, coerentemente con i princìpi di eguaglianza e ragionevolezza nel realizzare un equilibrato contemperamento di molteplici fattori rilevanti, allo scopo di garantire l’assetto del sistema previdenziale globalmente inteso (v., in riferimento al vincolo di solidarietà coniugale, Corte cost. n. 174 del 2016, sub 3.2 dei considerato in diritto).
  28. Il presupposto della vivenza a carico, e cioè la dipendenza economica del beneficiario dal reddito dell’assicurato deceduto, per l’accesso alla tutela dei familiari superstiti beneficiari rinviene il fondamento nella protezione sociale riconosciuta a chi versa nell’impossibilità di procurarsi un reddito da lavoro in ragione della condizione di inabilità e, dunque, nello stato di bisogno economico, condizione quest’ultima presunta, per figli e nipoti minorenni, in considerazione del requisito anagrafico.
  29. La pregnanza del vincolo di solidarietà familiare e lo stato di bisogno economico vanno valorizzati anche nel rapporto tra nonno e nipote maggiore di età interdetto e il dato anagrafico che distinguerebbe tra nipoti minori di età, abili o inabili, e i nipoti interdetti maggiori di età introduce un divario irragionevole, incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilità.
  30. La regola per cui la determinazione delle prestazioni e l’individuazione del novero dei beneficiari è rimessa alla discrezionalità delle scelte legislative in merito alle esigenze di equilibrio delle gestioni incontra un limite nei soli casi in cui dal confronto emerga una evidente irragionevolezza nel trattamento di situazioni identiche, quali la garanzia della continuità del sostentamento fornito al figlio superstite incapace di intendere e di volere maggiore di età e a carico del genitore rispetto al nipote, nella medesima condizione, a carico del nonno.
  31. Infine, l’allungamento dell’aspettativa di vita, in nome del vincolo imposto dall’art. 81, quarto comma, Cost. in ragione della sostenibilità finanziaria del sistema e della corrispondenza tra risorse disponibili e prestazioni erogate, non può porre il discendente interdetto e orfano a carico dell’ascendente assicurato in posizione deteriore rispetto ad altri beneficiari con minore aspettativa di vita (quali i fratelli, come assume l’INPS) sol per via del salto generazionale tra nonno e nipote potendo al riguardo opporsi i rilievi già svolti in merito al non decisivo argomento dell’aspettativa di vita del superstite o forse, proprio a protezione delle fragili condizioni che connotano, nella specie, l’aspettativa di vita è necessario che la superstite possa godere dell’ultrattività al pari di altri superstiti.
  32. A norma dall’art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, va dichiarata la sospensione del presente procedimento con l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La cancelleria provvederà alla notifica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e alla comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

P.Q.M.

La Corte di cassazione, visti l’art. 134 della Costituzione, l’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e l’art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 118, sul riordinamento delle pensioni dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti), nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i maggiori orfani e interdetti dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti, in relazione agli artt. 3 Cost., 38 Cost. Sospende il presente procedimento. Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 23, ultimo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87 e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. […]”.