(Studio legale G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)
Corte di cassazione. Sentenza 16 maggio 2024, n. 13633
Procedimento disciplinare – Arresto del lavoratore in flagranza di reato- Riammissione in servizio il dipendente – Sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato – Giudizio sulla proporzionalità della sanzione fondato sulla verifica dell’incidenza lesiva della condotta extralavorativa sul vincolo fiduciario – Inammissibilità.
“La Corte di cassazione
(Omissis)
Fatti di causa
– Con sentenza del 16 giugno 2023, la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione resa dal Tribunale di Cosenza e rigettava la domanda proposta da C.C. nei confronti del Ministero dell’Istruzione e del Merito, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato al C., dipendente del Ministero con qualifica di assistente tecnico amministrativo, all’esito del procedimento disciplinare avviato in relazione all’arresto del medesimo in flagranza di reato ed all’esercizio a suo carico dell’azione penale nel giugno del 2013, sospeso con l’atto di contestazione degli addebiti del 23.7.2013 e poi ripreso il 15.4.2019 a seguito della comunicazione in data 18.3.2019 dell’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
– La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto priva di fondamento la tesi del C. per cui il procedimento disciplinare attivato e sospeso il 23.7.2013 si era di fatto concluso per avere l’amministrazione riammesso in servizio il dipendente, finanche stipulando il contratto di lavoro a tempo indeterminato, così dimostrando di aver ritenuto il fatto contestato privo di rilievo disciplinare e di aver condiviso la ricostruzione della vicenda operata dal primo giudice; questi aveva affermato che il Ministero, legittimamente avvalendosi a suo tempo della facoltà di sospensione dell’avviato procedimento disciplinare, aveva applicato l’art. 55 ter, commi 1 e 4, d.lgs. n. 16572001,(ndr art. 55 ter, commi 1 e 4, d.lgs. n. 165/2001) vigente fino al 21.6.2017, tempestivamente riaprendo il procedimento stesso a seguito della comunicazione del passaggio in giudicato della sentenza di condanna in sede penale del C.; il Dipendente era stato licenziato essendo stata ravvisata l’idoneità lesiva del vincolo fiduciario da riconoscersi in relazione alla spiccata gravità della condotta addebitata nella sua materialità e per l’evidente pregiudizio derivante all’immagine dell’amministrazione scolastica.
– Per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero.
– Il Procuratore generale ha depositato la propria requisitoria concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
– Il Ministero controricorrente ha poi depositato memoria.
Ragioni della decisione
– Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, l. n. 300/1970, in una con l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, imputa alla Corte territoriale di essersi pronunziata in spregio al principio di immediatezza della contestazione disciplinare e senza tener conto di circostanze quali la riammissione in servizio dopo la sospensione del procedimento disciplinare a seguito dell’originaria contestazione e la sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato nonché la conoscenza della sentenza di condanna di primo grado, poi confermata in appello, che valevano a fondare con il decorso del tempo l’affidamento del ricorrente sulla rinuncia del datore all’intento sanzionatorio.
– La stessa doglianza viene fatta valere con il secondo motivo, sotto forma di denuncia di violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 111, comma 7, Cost., nonché di denuncia del carattere apparente della motivazione dell’impugnata sentenza.
– Nel terzo motivo il ricorrente sostanzialmente ribadisce la censura di cui al secondo mezzo, questa volta sotto forma di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 55 ter, d.lgs. n. 165/2001.
– Con il quarto motivo rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 7, l. n. 300/1970 e 99, 112 e 115 c.p.c., il ricorrente imputa alla Corte territoriale l’incongruità logica e giuridica del giudizio circa la sussistenza della giusta causa di recesso e la proporzionalità dell’irrogata massima sanzione in relazione alla mancata considerazione dell’assenza di qualsiasi pregiudizio nell’esecuzione, sempre corretta e diligente, della prestazione lavorativa, tanto più considerato l’impiego in mansioni che escludono la presenza di minori, l’epoca risalente della condotta criminosa, la permanenza medio tempore del rapporto.
– Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., lamentando a carico della Corte territoriale l’erroneità, in relazione ai denunciati vizi, della pronunzia resa quanto alle spese e definita in base al criterio della soccombenza.
– Tutti gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, per ricondursi tutti alla riproposizione della tesi per cui, per avere l’amministrazione riammesso in servizio il ricorrente finanche stipulando il contratto di lavoro a tempo indeterminato, il procedimento disciplinare doveva ritenersi concluso, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, non cogliendo la ratio decidendi, fondata sulla legittima sospensione dell’originario procedimento disciplinare, sull’altrettanto legittima riapertura di quel procedimento, sull’essere stato il medesimo correttamente definito sul piano formale con la tempestiva irrogazione della sanzione disciplinare ed anche sul piano sostanziale risultando il giudizio sulla proporzionalità della sanzione fondato sulla verifica dell’incidenza lesiva della condotta extralavorativa sul vincolo fiduciario sotto il profilo della gravità del fatto materiale e della coerenza con gli interessi morali e l’immagine dell’Amministrazione datrice.
– Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
– Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito […]”.
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