Provvedimenti per la tutela dei lavoratori
30 Giugno 2020PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI LAVORO PER FRONTEGGIARE L’EMERGENZA COVID 19[1].
1.Vari provvedimenti sono stati adottati in Italia, in genere attraverso decreti legge, per la tutela dei lavoratori, in particolare con strumenti di sostegno al reddito, per sopperire a riduzione o sospensione del lavoro, e, ove possibile, per favorire modalità di “lavoro agile” (termine da preferire a quello abusato di “smart working”)[2].
Trattasi dei seguenti decreti legge: D.L. n. 18/2020[3] (cd. “decreto Cura Italia”), che ha esteso all’intero territorio nazionale le misure inizialmente previste solo per determinate zone (c.d. “zone rosse”); D.L. n. 23/2020[4] (cd. “Decreto Liquidità”); da ultimo, il D.L. n. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio)[5] che interviene in diversi ambiti, in modo trasversale, con l’intento di assicurare unitarietà, organicità e compiutezza alle misure volte alla tutela di famiglie e lavoratori, alla salvaguardia e al sostegno di imprese, artigiani e liberi professionisti, al consolidamento, snellimento e “velocizzazione” degli istituti di protezione e coesione sociale.
Con particolare riferimento al diritto del lavoro privato, il D.L. “Rilancio” chiarisce, modifica o proroga molte delle previsioni già contenute nel “Decreto Cura Italia”, ponendosi come il testo normativo di riferimento per i mesi a venire.
Con il Decreto “Cura Italia”, si è messo in campo un primo intervento, pari a 20 miliardi di euro (1,2 per cento del PIL) in termini di impatto sull’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, e circa 25 miliardi di nuovi stanziamenti di risorse. Il Decreto “Cura Italia” è intervenuto su quattro linee principali: i) un ulteriore aumento delle risorse a disposizione del sistema sanitario per garantire l’assistenza alle persone colpite dalla malattia e per la prevenzione, la mitigazione e il contenimento dell’epidemia; ii) misure volte a proteggere i redditi e il lavoro, estendendo ammortizzatori sociali esistenti, quali la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, il Fondo di Integrazione Salariale e la Cassa Integrazione Guadagni in Deroga, a tutte le imprese costrette a limitare o arrestare l’attività a causa del Coronavirus, e sospendendo i licenziamenti per motivi economici per la durata del periodo di emergenza; iii) il sostegno alla liquidità delle imprese e delle famiglie, rinviando le scadenze fiscali relative a oneri tributari e contributivi e introducendo l’obbligo di mantenimento delle linee di credito delle banche a favore delle piccole e medie imprese (Pmi)[6], nonché potenziando il Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi e fornendo garanzie pubbliche sulle esposizioni assunte dalla Cassa Depositi e Prestiti (CDP)[7] in favore di banche che eroghino finanziamenti alle imprese colpite dall’emergenza; iv) aiuti settoriali per i comparti più danneggiati, quali quello turistico-alberghiero e dei trasporti, ristorazione e bar, cultura (cinema, teatri), sport e istruzione. Nel complesso, sommando la moratoria sul credito e le nuove garanzie, il Decreto “Cura Italia” protegge o garantisce un volume di credito stimato pari a 350 miliardi.
Si è tuttavia immediatamente avvertita l’esigenza di rafforzare ulteriormente l’erogazione di credito all’economia, e ciò ha portato alla definizione, a inizio aprile, del “Decreto Liquidità”[8]. Quest’ultimo ha previsto, in particolare, lo stanziamento di garanzie dello Stato alla società SACE Simest[9] del gruppo Cassa Depositi e Prestiti per un totale di 400 miliardi, la cui metà è dedicata al credito alle imprese e la parte restante al credito all’esportazione, e un ulteriore potenziamento del Fondo Centrale di Garanzia anche con l’introduzione di una garanzia al 100 per cento per prestiti fino a 25.000 euro. Il Decreto “Liquidità” contiene anche misure per accelerare i pagamenti della Pubblica Amministrazioneverso i propri fornitori e l’estensione del golden power, ovvero dello strumento che consente allo Stato di autorizzare preventivamente operazioni societarie in imprese operanti in settori strategici per il sistema Paese, quali quello creditizio, assicurativo, acqua, energia, al fine di bloccare scalate ostili.
- Frutto di una lunga gestazione, il DL “Rilancio” è stato approvato dal governo a metà maggio, in tal modo definendo le misure di sostegno anticipate nel DEF[10] di aprile. Vengono impegnate risorse per quasi 155 miliardi di euro nel 2020, che vanno a sommarsi ai 25 miliardi di euro stanziati con il Decreto “Cura Italia”, e altri 26 miliardi per il 2021.
Non tutte le misure introdotte con il “Decreto Rilancio” hanno un impatto sul livello dell’indebitamento netto (che è il saldo usualmente utilizzato quando si parla di livello del deficit); quest’ultimo infatti aumenta di 55 miliardi a fronte di uno stanziamento complessivo di 154 miliardi di euro. Buona parte delle misure hanno difatti impatto solo sul saldo netto da finanziare che, a differenza dell’indebitamento netto (che è un saldo di conto economico), include anche le partite finanziarie (rimborso crediti e dilazionamenti dal lato delle entrate e acquisizione di attività finanziarie dal lato delle uscite).
Le misure di garanzia, ad es., impattano solo sulla parte finanziaria ma non agiscono, almeno per il momento (finché non si produrranno perdite), sul disavanzo. Soprattutto quest’ultimo punto è però importante, perché darà luogo probabilmente a aumenti della spesa pubblica nel corso dei prossimi anni.
Ad ogni modo, nei fatti si tratta di una manovra di bilancio anticipata, che si caratterizza per essere nettamente una manovra di spesa (come è lecito aspettarsi in una situazione di emergenza); dei 55 miliardi di maggior indebitamento, quasi 50 sono da ricondurre a maggiore spesa, mentre 6.5 sono riduzioni di entrate (in particolare Irap e Ecobonus), per una manovra complessiva di 56.4 miliardi. Le coperture ammontano a 1.4 miliardi.
Considerando il complesso delle risorse stanziate, che per il 2020 ammontano a 155 miliardi di euro (in termini quindi di saldo netto da finanziare), una larga parte (oltre 97 miliardi di euro) è rappresentata da misure di sostegno alle imprese e all’economia, mediante interventi sia di riduzione del carico fiscale (viene annullato il versamento della prima rata dell’Irap per imprese e lavoratori autonomi con ricavi fino 250 milioni di euro), di sostegno per alcune voci di spesa (es. crediti di imposta per le spese di locazione, riduzione delle tariffe elettriche per il secondo trimestre dell’anno) ma soprattutto attraverso la creazione di fondi per il sostegno della liquidità delle imprese.
Viene integrato difatti il fondo per la concessione di garanzie sui prestiti alle imprese da SACE e CDP (30 miliardi di euro) e si istituisce il “Patrimonio Destinato”, con una dote finanziaria di 44 miliardi di euro, avente la finalità di attuare interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico e produttivo italiano. Inoltre sono destinati 12 miliardi per il pagamento dei debiti commerciali di Regioni ed Enti locali.
È evidente che il sostegno alla liquidità rappresenta il capitolo principale degli interventi proposti, con l’obiettivo di mantenere la capacità produttiva, evitando crisi di liquidità, sofferenze e fallimenti. Le misure quindi vanno ad aggiungersi a quelle già introdotte con il Decreto Liquidità, rafforzandole e rifinanziandole in parte (come per il Fondo di garanzia per le Pmi).
Segue un quadro delle misure disposte in materia di lavoro mediante i decreti legge 18/2020, 23/2020 e 34/2020.
- Ammortizzatori sociali.
In seguito all’emergenza epidemiologica sono state introdotte disposizioni speciali (semplificazioni procedurali, deroghe ai limiti di durata complessiva ed esenzioni dalle addizionali contributive) per i trattamenti di integrazione salariale, ordinari e in deroga, e di assegno ordinario richiesti nei casi sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
- Trattamenti di integrazione salariale ordinari e in deroga in conseguenza dell’emergenza da COVID-19.
Gli artt. 19 e 22 del D.L. 18/2020 -come modificati dagli artt. 68 e 70 del D.L. 34/2020 (attualmente in fase di conversione)- disciplinano la concessione dei trattamenti di integrazione salariale in favore dei datori di lavoro che hanno subito una sospensione o una riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica.
L’art. 19, come modificato dall’art. 68 del D.L. 34/2020, detta disposizioni speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario per i datori di lavoro e i lavoratori che, nel 2020, accedono ai suddetti strumenti di sostegno al reddito per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che possono essere concessi, entro un determinato limite di spesa, per una durata massima di diciotto settimane, di cui quattordici fruibili, secondo determinate modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020. I datori di lavoro dei settori concernenti il turismo, le fiere, i congressi, i parchi divertimento, gli spettacoli dal vivo e le sale cinematografiche, possono usufruire delle suddette quattro settimane, a determinate condizioni, anche per periodi precedenti il 1° settembre.
I suddetti trattamenti possono essere concessi per un periodo aggiuntivo non superiore a tre mesi in favore dei datori di lavoro con unità produttive site in dieci comuni della provincia di Lodi ed in un comune della provincia di Padova (comuni menzionati nell’allegato 1 del D.P.C.M. 1° marzo 2020)[11], nonché, in favore di quelli con unità produttive al di fuori di detti comuni, limitatamente ai lavoratori già residenti o domiciliati nei predetti comuni e impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa.
Il cit. art. 19 introduce semplificazioni procedurali per i suddetti datori di lavoro e dispone che i periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario non siano conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente. Le suddette prestazioni sono riconosciute in favore dei lavoratori anche in assenza di un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni al momento della presentazione della richiesta, e l’erogazione dell’assegno ordinario viene riconosciuta -limitatamente al periodo indicato e nel 2020- anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano mediamente più di 5 dipendenti.
In materia di erogazione della prestazione, limitatamente alle settimane successive alle prime nove già riconosciute, il nuovo art. 22-quinquies –introdotto dal cit. D.L. 34/2020- introduce una procedura per il pagamento diretto da parte dell’INPS delle richieste di integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario presentate a decorrere dal trentesimo giorno successivo al 19 maggio 2020, disponendo che le richieste di concessione dei suddetti trattamenti possono essere trasmesse, decorsi trenta giorni dal 19 maggio 2020, alla sede Inps territorialmente competente. Decorsi i trenta giorni, la domanda è trasmessa entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
L’art. 22, come modificato dall’art. 70 del D.L. 34/2020, prevede, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, la concessione -con il riconoscimento della contribuzione figurativa e degli oneri accessori e nei limiti di determinate risorse- di trattamenti di integrazione salariale in deroga per una durata massima di diciotto settimane– di cui quattordici fruibili, secondo determinate modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020 con riferimento ai datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del D.Lgs. 148/2015)[12] in materia di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro. Dall’ambito dei trattamenti in esame sono esclusi i datori di lavoro domestico, mentre sono esplicitamente inclusi (ove ricorra la circostanza di assenza di altre tutele) quelli agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti. I datori di lavoro dei settori concernenti il turismo, le fiere, i congressi, i parchi divertimento, gli spettacoli dal vivo e le sale cinematografiche, possono usufruire delle suddette quattro settimane, a determinate condizioni, anche per periodi precedenti il 1° settembre
Per i soli datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in esame sono subordinati alla conclusione di un accordo -che può essere concluso anche in via telematica- tra la regione (o la provincia autonoma) e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro. Sono
esclusi dall’obbligo di accordo anche i datori di lavoro che abbiano chiuso l’attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Ulteriori periodi di concessione dei medesimi trattamenti in deroga, per una durata non superiore a tre mesi, sono previsti per i soggetti operanti in dieci comuni della provincia di Lodi ed in un comune della provincia di Padova (comuni menzionati nell’allegato 1 del D.P.C.M. 1° marzo 2020) e non superiore a quattro settimane per i soggetti operanti nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto (quest’ultimo trattamento non è cumulabile con quello specifico previsto per gli undici comuni summenzionati).
L’INPS provvede all’erogazione delle prestazioni in esame, con pagamento diretto ai beneficiari. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle regioni e province autonome.
In materia di erogazione della prestazione, limitatamente alle settimane successive alle prime nove già riconosciute, il nuovo art. 22-quater –introdotto dal cit. D.L. 34/2020- dispone che la competenza della concessione, ad eccezione delle fattispecie relative alle aziende multilocalizzate (per le quali la competenza spetta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali), è trasferita dalle regioni all’INPS.
Per quanto concerne la procedura di pagamento diretto, il medesimo art. 22-quater prevede il pagamento di una quota pari al quaranta per cento dell’intero trattamento entro quindici giorni dal ricevimento della domanda, con successiva liquidazione dell’importo restante.
La procedura di pagamento diretto da parte dell’INPS resta tassativa per i trattamenti in deroga riconosciuti a valere sulle risorse attribuite alle regioni e alle province autonome, mentre i trattamenti in deroga di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali possono essere corrisposti anche dalle imprese, con successivo rimborso ad esse da parte dell’INPS. Nell’ambito di tale procedura di pagamento diretto, in base al principio di cui all’articolo 44, comma 6-ter, del D.Lgs. 148/2015, il datore, se non trasmette all’INPS -entro i termini e secondo le modalità previsti- i dati per il pagamento del trattamento in deroga, è tenuto ad anticipare la prestazione medesima al dipendente.
Le suddette prestazioni sono riconosciute in favore dei lavoratori che risultano alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 25 marzo 2020 (art. 68 D.L. 34/2020), anche in assenza di un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni al momento della presentazione della richiesta (come invece previsto nella generalità dei casi dall’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 148/2015).
L’art. 41 del D.L. 23/2020 (convertito in legge il 4 giugno 2020) dispone che i suddetti trattamenti si applichino ai lavoratori alle dipendenze dei datori di lavoro dal 23 febbraio al 17 marzo 2020.
Ai datori di lavoro che accedono ai suddetti trattamenti di integrazione salariale è riconosciuta la possibilità di procedere al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato (anche di somministrazione) in deroga a determinate previsioni normative che escludono la proroga in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
L’art. 20 del D.L. 18/2020, come modificato dall’art. 69 del D.L. 34/2020, dispone che le aziende che, alla data del 23 febbraio 2020, hanno in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale –per un periodo massimo di 18 settimane- che sospende e sostituisce il trattamento di integrazione straordinario già in corso.
Analoga possibilità è riconosciuta ai datori di lavoro iscritti al Fondo residuale di solidarietà che, alla medesima data del 23 febbraio 2020, avessero già in corso un trattamento di assegno di solidarietà. Anch’essi possono presentare domanda di concessione dell’assegno ordinario (per un periodo non superiore a nove settimane); la concessione dell’assegno ordinario sospende e sostituisce l’assegno di solidarietà già in corso.
L’’art. 98 del D.L. 34/2020 dispone che i lavoratori dipendenti iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti con retribuzione annua lorda non superiore a 50.000 euro, possano accedere alla CIG in deroga per un periodo massimo di nove settimane
5.Cassa integrazione in favore degli operai agricoli
L’art. 68 del D.L. 18/2020, come modificato dal D.L. 34/2020, disciplina la concessione del trattamento di integrazione salariale in favore degli operai agricoli (CISOA), richiesto per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica, per un periodo massimo di 90 giorni, dal 23 febbraio 2020 al 31 ottobre 2020, e comunque entro il 31 dicembre 2020.
Tale trattamento è concesso in deroga al limite massimo di fruizione riferito al singolo lavoratore e al numero di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda pari secondo la normativa vigente, rispettivamente, a 90 giorni e a 180 giornate lavorative in un anno svolte presso la stessa azienda.
Inoltre, le integrazioni salariali CISOA con causale COVID-19 sono concesse dalla sede dell’INPS territorialmente competente, in deroga alla disposizione (di cui all’art. 14 della L. 457/1972) che attribuisce all’INPS la corresponsione del trattamento sostitutivo della retribuzione, su deliberazione di una commissione costituita presso ogni sede dell’Istituto stesso.
6.Ulteriore finanziamento delle integrazioni salariali.
L’art. 22-ter del D.L. 18/2020 istituisce, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un apposito capitolo di bilancio con dotazione, per il 2020, pari a 2.740,8 milioni di euro al fine di garantire, se necessario, un ulteriore finanziamento degli strumenti di integrazione salariale già previsti dal “Decreto Cura Italia” e rifinanziati dal “Decreto Rilancio”.
– NASpI, DIS-COLL e mobilità in deroga
Il “Decreto Rilancio” (agli artt. 87 e 92) proroga di due mesi la fruizione delle indennità di disoccupazione NASpI[13] e DIS-COLL[14] che terminano nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 aprile 2020 (art. 92) e a tutto il 2020 la mobilità in deroga per i lavoratori che abbiano cessato il trattamento di integrazione salariale in deroga per il periodo 1° dicembre 2017-31 dicembre 2018 e che non hanno diritto alla fruizione della NASpI
– Indennità lavoratori
A seguito della riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, viene riconosciuta (entro determinati limiti di spesa) un’indennità -pari a 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 2020, e, per talune categorie e in presenza di determinati requisiti, di 1.000 euro per il mese di maggio 2020- in favore dei seguenti soggetti, qualora non siano titolari di trattamenti pensionistici (ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità) e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie:
a) liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla Gestione separata INPS e di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione);
b) lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali). Per tali lavoratori, l’indennità è riconosciuta per i soli mesi di marzo e aprile 2020 nella misura di 600 euro per ciascun mese;
c) lavoratori dipendenti stagionali e in somministrazione del settore turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020. Per tali soggetti è richiesto anche che non siano percettori di NASpI al 19 maggio 2020;
d) operai agricoli a tempo determinato che nel 2019 hanno svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo. Per tali lavoratori, l’indennità è riconosciuta per i soli mesi di marzo e aprile 2020, nella misura di 600 euro per il mese di marzo e di 500 euro per aprile;
e) lavoratori dipendenti stagionali, appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020 e che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel medesimo periodo. L’indennità è riconosciuta per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 nella misura di 600 euro per ciascun mese;
f) lavoratori intermittenti che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020. L’indennità è riconosciuta per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 nella misura di 600 euro per ciascun mese;
g) lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 23 febbraio 2020 siano stati titolari di contratti di lavoro autonomo occasionale e che non abbiano un contratto in essere alla data del 23 febbraio 2020. L’indennità è riconosciuta per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 nella misura di 600 euro per ciascun mese;
h) incaricati alle vendite a domicilio con reddito annuo per il 2019, derivante dalle medesime attività, superiore ad euro 5.000, purché titolari di partita IVA attiva e iscritti alla suddetta Gestione separata INPS, alla data del 23 febbraio 2020. L’indennità è riconosciuta per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 nella misura di 600 euro per ciascun mese;
i) lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo che rientrino in una delle seguenti fattispecie: abbiano almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, da cui derivi un reddito non superiore a 50.000 euro (tale fattispecie è l’unica prevista per la precedente indennità di marzo); abbiano almeno 7 contributi giornalieri versati nel 2019, da cui derivi un reddito non superiore a 35.000 euro. Si richiede che tali lavoratori non siano titolari di un rapporto di lavoro dipendente al 19 maggio 2020. L’indennità è riconosciuta per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 nella misura di 600 euro per ciascun mese;
j) lavoratori domestici che abbiano in essere, alla data del 23 febbraio 2020, uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali. L’indennità è riconosciuta per i mesi di aprile e maggio 2020 nella misura di 500 euro per ciascun mese;
k) titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche (tale indennità è erogata dalla società Sport e salute S.p.A.). Le suddette indennità sono cumulabili con l’assegno ordinario di invalidità (ad eccezione di quella prevista a favore dei collaboratori presso federazioni sportive) non sono cumulabili tra loro e non sono riconosciute ai percettori del reddito di emergenza o del reddito di cittadinanza e Per i casi in cui la misura del Reddito di cittadinanza (in godimento da parte dell’intero nucleo familiare) sia inferiore all’importo delle indennità, viene riconosciuto un corrispondente incremento provvisorio, per i mesi per i quali troverebbe applicazione l’indennità in questione. È prevista l’erogazione di una indennità per il solo mese di marzo 2020 pari a 500 euro in favore dei soggetti di cui alle precedenti lettere a) e b) operanti nei comuni delle cd. “zone rosse” al 23 febbraio 2020.
Viene, inoltre, istituito, il Fondo per il reddito di ultima istanza, volto a garantire -nel limite di spesa di 300 milioni di euro per il 2020- misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19, hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività lavorativa.
Con Decreto interministeriale del 28 marzo 2020[15], una quota parte del suddetto fondo, pari a 200 milioni di euro per il 2020, viene destinata al sostegno al reddito in favore dei professionisti iscritti a forme di previdenza obbligatoria non gestite dall’INPS, attraverso l’erogazione di un bonus di 600 euro per il mese di marzo 2020. Con il successivo Decreto interministeriale del 4 maggio 2020, che modifica il precedente decreto del 28 marzo 2020, sono stati aggiunti 80 milioni di euro allo stanziamento iniziale di 200 milioni -allo scopo di garantire il bonus 600 euro a tutti i professionisti che hanno presentato regolare richiesta entro il 30 aprile 2020-, nonché ulteriori 220 milioni di euro per il rifinanziamento del Fondo per il reddito di ultima istanza per estendere, a determinate condizioni, il suddetto bonus di 600 euro ad altre categorie di lavoratori dipendenti e autonomi non coperti da altre tutele (lavoratori dipendenti stagionali appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali, lavoratori intermittenti, autonomi privi di partita iva, incaricati di vendite a domicilio).
Il “Decreto Rilancio” ha incrementato di 550 mln di euro la dotazione del suddetto Fondo, al fine di garantire l’erogazione anche per i mesi di aprile e maggio 2020 di un’indennità di pari importo in favore dei medesimi professionisti iscritti alle casse professionali i quali, per accedere al bonus, devono avere un reddito fino a 35 mila euro o compreso tra 35 e 50 mila euro con una riduzione del fatturato di almeno il 33% rispetto all’anno precedente. Per l’erogazione del bonus per i mesi di aprile e maggio 2020 provvede un apposito decreto ministeriale.
Si prevede, altresì, l’erogazione di un bonus di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, con reddito complessivo non superiore a 40.000 euro, che, durante il periodo di emergenza sanitaria da COVID 19, continuino a prestare servizio nella sede di lavoro nel mese di marzo 2020.
Per completezza, si segnala che la regione Campania e l’INPS hanno stipulato un accordo al fine di erogare misure di sostegno al reddito ai seguenti soggetti:
a) lavoratori dipendenti stagionali dei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali, residenti nella regione Campania, che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 e che non sono titolari di trattamento pensionistico diretto né, alla data del 17 marzo 2020, di rapporto di lavoro dipendente. A tali lavoratori viene erogato un bonus di 300 euro per il mese di marzo 2020;
b) titolari -residenti sul territorio campano- di pensioni sociali/assegni sociali e di pensioni di vecchiaia integrate al trattamento minimo il cui importo, incluse altre rendite e prestazioni sia inferiore ai 1.000 euro mensili. Per tali soggetti, il bonus ha un ammontare variabile finalizzato a raggiungere la soglia dei 1000 euro e sarà erogato in due “flussi” di pagamento, per i mesi di maggio e giugno
7.Congedi parentali
Il decreto “Cura Italia” ha introdotto misure volte a fronteggiare la sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado conseguente all’emergenza epidemiologica. Tali misure sono state prorogate ed integrate dal “Decreto Rilancio”.
In particolare, si riconosce
a) ai lavoratori dipendenti pubblici e privati, agli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata e ai lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni INPS -a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, o disoccupato, o non lavoratore- un congedo speciale, continuativo o frazionato, di durata complessiva non superiore a trenta giorni, per i figli di età non superiore a 12 anni (o anche di età superiore nei casi di figli con disabilità grave), con un’indennità pari al 50 per cento della retribuzione e con il riconoscimento della contribuzione figurativa. Tale congedo è fruibile dal 5 marzo al 31 luglio 2020.
b) la possibilità (prevista anche per i lavoratori autonomi iscritti alle casse privatizzate) di fruire, in alternativa ai suddetti benefici e in presenza dei medesimi presupposti, di un voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting nel limite massimo complessivo di 1.200 euro, elevato a 2.000 euro per i dipendenti del settore sanitario (pubblico e privato), nonché per i dipendenti della Polizia di Stato e per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per l’emergenza epidemiologica;
c) ai lavoratori dipendenti privati –in presenza di figli minori di 16 anni e a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, o disoccupato, o non lavoratore – il diritto di astenersi dal lavoro per il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche, senza corresponsione di indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro;
d) ulteriori complessivi ventiquattro giorni, fruibili nei mesi da marzo a giugno 2020, di permesso retribuito per l’assistenza di familiari disabili, che si aggiungono ai tre giorni di permesso mensile riconosciuti dalla L. 104/199.
- Lavoro agile
8.1. Premessa. Per “lavoro agile” s’intende una modalità agevolata dell’esecuzione della prestazione di lavoro concordata tra il datore e il lavoratore. che deve essere garantita dal lavoratore in modo continuativo secondo gli accordi contrattuali (cfr. l’art. 18 della L. n. 81 del 22 maggio 2017). Tra gli aspetti peculiari di tale modalità lavorativa rientrano la flessibilità oraria e il luogo di lavoro. Infatti il lavoratore può lavorare da un luogo diverso dalla sede aziendale e può eseguire le proprie mansioni da “remoto”, ovvero da qualunque luogo che gli garantisca la possibilità di utilizzare gli strumenti lavorativi. Dalle suddette caratteristiche appare evidente che la modalità di lavoro agile è diversa da quella che propria del telelavoro, anche se la disciplina di quest’ultimo risulta in fondo speculare.
In relazione all’autonomia del lavoratore, la normativa vigente dà alle parti del rapporto la possibilità della flessibilità oraria: il lavoratore può dunque modulare i propri orari lavorativi in autonomia sebbene ciò non lo renda un lavoratore autonomo domiciliare, essendo sempre subordinato ad un datore di lavoro. Le caratteristiche principali del lavoro agile sono dunque il luogo e il tempo di lavoro. Il lavoratore non è obbligato a recarsi o restare quotidianamente in un determinato luogo “fisso” (come l’azienda, o la propria abitazione, o un luogo idoneo) per poter svolgere la sua prestazione lavorativa ma può effettuarla in un luogo diverso. In questo senso, è consentito svolgere le proprie attività in qualunque luogo che gli permetta di poter adempiere alla propria prestazione con gli strumenti forniti dal datore di lavoro.
Sul piano dei diritti del lavoratore, la normativa vigente equipara il lavoratore agile ai lavoratori che svolgono la propria attività nei locali aziendali. Pertanto sia la retribuzione che gli obblighi contributivi del datore di lavoro per i dipendenti “interni” che per quelli che operano “da remoto” sono gli stessi. Con riferimento ai poteri del datore di lavoro, e quindi agli obblighi del prestatore, vi è certamente una forte limitazione sul potere-obbligo di vigilanza del datore di lavoro, che può monitorare un operato telematico virtuale, senza poter tuttavia constatare con precisione chi sia il soggetto che sta svolgendo il lavoro. D’altra parte, per quanto gli strumenti digitali siano efficienti, l’ambiente lavorativo agile non sempre è idoneo per il lavoratore, poiché include nella propria sfera di riservatezza dei sistemi digitali strumentali a specifiche attività non domestiche. Il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 22 della L. n. 81/2017, deve inoltre garantire la sicurezza del lavoratore agile informandolo dei rischi dell’attività lavorativa, mentre quest’ultimo deve collaborare nel garantire le misure imposte dal datore. In tal senso, il limite del datore di lavoro attiene proprio all’individuazione dei rischi connessi al luogo di lavoro scelto dal lavoratore agile, poiché la postazione lavorativa può variare dal domicilio domestico ad uno spazio diverso, aperto. La norma ha un ampio ventaglio interpretativo, che deve adattarsi ad ogni singola casistica. Si ritiene pertanto, che per rendere effettiva la tutela della sicurezza del luogo di lavoro, il lavoratore da remoto, deve inderogabilmente comunicare la variazione della propria postazione lavorativa, in maniera tale da poter permettere al datore di lavoro la valutazione dei rischi del luogo prescelto.
Apparentemente il lavoro agile è diventato la risposta (emergenziale) alle situazioni (emergenziali) che costringono i lavoratori a non potersi recare in azienda. Tuttavia, nonostante vi sia il diritto di disconnessione per il dipendente, è evidente che l’attività lavorativa invade la sfera di riservatezza domestica (qualora la postazione sia domiciliare), rischiando di abbattere il confine che divide il lavoro dalla vita familiare privata. In conclusione, anche se in via di principio la normativa italiana equipara il lavoratore che presta l’attività fuori dei locali aziendali agli altri dipendenti, tutelandone i diritti, è tuttavia necessario ribadire che la normativa presenta dei punti critici, non ancora esaminati dalla giurisprudenza. A tal riguardo, le decisioni della Corte di Cassazione più interessanti sul punto (Cass. penale, sent. 27/06/2017 n. 45808; Cass. civile, sez. IV, 27/03/2019, n.37763) focalizzano l’obbligo del datore di lavoro di tutelare il lavoratore sul luogo di lavoro, individuato come sede dell’attività produttiva sotto la direzione e gestione dello stesso. Sicuramente le caratteristiche del lavoro agile rispondono all’esigenze di emergenza e straordinarietà, consentendo di non bloccare la produttività delle imprese che incentivano il lavoro agile. Ma persiste la difficoltà di tutelare il lavoratore in relazione al luogo di lavoro, considerando che l’obbligo del datore di lavoro non sempre si concilia e anzi spesso si scontra con la tutela della riservatezza domestica di chi svolge il lavoro agile.
8.2 Le innovazioni introdotte dai recenti provvedimenti. Quanto al lavoro agile nel settore pubblico, conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’art.87 del “Decreto Cura Italia” dispone che, per il periodo dello stato di emergenza, il lavoro agile possa essere applicato a qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, costituendo la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni, le quali sono chiamate a limitare la presenza sul posto di lavoro esclusivamente per assicurare le attività indifferibili e non altrimenti erogabili (cfr. la direttiva n. 2 del 2020 e la circolare n. 2 del 2020 del Dipartimento della funzione pubblica). Inoltre, sia con il cit. art. 87, sia con i diversi DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) che si sono succeduti dall’inizio dell’emergenza, sono state semplificate le relative modalità di attuazione, prevedendosi la possibilità di ricorrere al lavoro agile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e l’assolvimento in via telematica degli obblighi di informativa.
Le suddette previsioni sono state integrate dal D.L. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio”), con la finalità di adeguare le misure di limitazione delle presenze del personale delle pubbliche amministrazioni sul luogo di lavoro alle esigenze della progressiva completa riapertura di tutti gli uffici pubblici e a quelle dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali.
In particolare, al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni pubbliche, fino al 31 dicembre 2020, adeguano le misure (di cui al cit. art. 87) che limitano la presenza del personale in servizio, organizzando il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro: a tal fine, ne rivedono l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza. Ulteriori modalità organizzative possono essere individuate con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda il settore privato, l’articolo 90 del D.L 34/2020 dispone che, fino al 31 dicembre 2020, la suddetta modalità di svolgimento dell’attività lavorativa possa essere applicata dai datori di lavoro privati ad ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente. Inoltre, la cit. disposizione introduce un diritto allo svolgimento del lavoro in modalità agile in favore dei genitori di figli minori di anni 14, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dalla normativa vigente. Tale diritto è riconosciuto a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore e che la modalità agile sia compatibile con le caratteristiche della prestazione
- Proroghe e sospensioni di termini
A seguito dell’emergenza epidemiologica, sono state introdotte alcune disposizioni che prevedono la proroga o la sospensione dei termini relativi ad alcune misure o adempimenti. In particolare, vengono prorogati i termini per la presentazione delle domande di disoccupazione per la NASpI e la DIS-COLL e per quella agricola, portandoli, rispettivamente, a centoventotto giorni (in luogo di sessantotto) dalla cessazione del rapporto di lavoro e al 1° giugno 2020 (in luogo del 31 marzo 2020).
Vengono poi sospesi:
9.1 i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria in scadenza tra il 2 marzo ed il 30 aprile 2020 per alcune attività economiche maggiormente esposte all’emergenza epidemiologica (di cui all’art. 61 del D.L. 18/2020). La suddetta sospensione opera con riferimento ai versamenti in scadenza tra il 2 marzo ed il 30 giugno 2020 per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive professionistiche e dilettantistiche (come specificato dal D.L. 34/2020). I versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020;
9.2. per le imprese con sede in Italia, con ricavi o compensi non superiori a 2 mln di euro nel periodo di imposta 2019, i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria in scadenza tra l’8 marzo ed il 31 marzo 2020. I versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020;
9.3. fino al 1° giugno 2020, i termini di decadenza relativi a prestazioni previdenziali, assistenziali e assicurative erogate da INPS e INAIL;
9.4. per quattro mesi dal 17 marzo 2020, le misure di condizionalità connesse al godimento di determinati strumenti di sostegno al reddito (quali reddito di cittadinanza, CIG, NASpI e DIS-COLL), ferma restando la fruizione dei relativi benefici economici, ed alcune procedure relative al cd. collocamento obbligatorio;
9.5. per 5 mesi dal 17 marzo 2020, i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e a quelli collettivi (con sospensione delle procedure in corso);
9.6. per 60 giorni dal 17 marzo 2020, lo svolgimento delle procedure concorsuali per l’accesso al pubblico impiego. Sono escluse dalla sospensione, le procedure nelle quali la valutazione dei candidati avviene esclusivamente su base curriculare o in modalità telematica. Sul punto, il D.L. 34/2020 reca alcune previsioni per la semplificazione delle procedure concorsuali, prevedendo che le stesse, sino al 31 dicembre 2020, si svolgano in modalità decentrata e telematica;
9.7. le attività dei comitati centrali e periferici dell’INPS;
9.8. per il periodo 23 febbraio 2020 al 1° giugno 2020, il decorso di alcuni termini temporali relativi a prestazioni a carico dell’INAIL (ossia i termini di decadenza relativi alle domande di prestazioni erogate dall’INAIL, i termini di prescrizione per le azioni giudiziali relative alle medesime prestazioni, nonché i termini per la domanda di revisione della rendita di inabilità che scadrebbero nel suddetto periodo.
- Ulteriori disposizioni
In materia di contratti a termine si prevede:
a) la possibilità di rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti a tempo determinato, in essere al 23 febbraio 2020, anche in assenza delle condizioni (cd. causali) richieste dalla normativa vigente
b) per la promozione del lavoro agricolo, la possibilità per i percettori di ammortizzatori sociali e di reddito di cittadinanza, di stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine non superiori a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei predetti benefici previsti e nel limite di 2000 euro per il 2020.
c) Altre disposizioni sono volte a promuovere e garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività lavorative.
In particolare:
c1) i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età e dello stato di salute;
c2) vengono previsti degli incentivi in favore delle imprese che hanno realizzato interventi per la riduzione del rischio di contagio nei luoghi di lavoro.
d) Tra le altre disposizioni, si segnalano, in particolare:
d1) l’equiparazione del periodo trascorso in quarantena (con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva) a malattia (non computabile ai fini del periodo di comporto) per i lavoratori del settore privato e, fino al 31 luglio 2020, a degenza ospedaliera per i lavoratori pubblici con comprovata disabilità;
d2) la possibilità per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni -fino al termine dell’emergenza e comunque non oltre il 30 settembre 2020- di cedere le ferie e i riposi maturati fino al 31 dicembre 2019;
d3) il trasferimento di 50 milioni di euro, da parte dell’INAIL ad Invitalia, da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale;
d4) in merito al riequilibrio finanziario dell’INPGI, la proroga al 31 dicembre 2020 della sospensione delle norme che prevedono la nomina di un commissario straordinario;
d5) l’istituzione dell’Osservatorio nazionale del lavoro, con lo scopo di programmare adeguate strategie occupazionali in conseguenza degli effetti dell’emergenza epidemiologica sul mercato del lavoro.
[1] A cura della redazione del giornale telematico (ovvero on line) “luci sul lavoro” (www.reteavvocatilavoro.it).
[2] Spesso per semplificare si tende nel nostro Paese (sfacciatamente anglofono: tra gli altri: jobs act, lockdown, part time, riders, privacy, authority, devolution, intelligence, open space. leader, leadership, bond, budget, leasing, performance, marketing, call centre, e-business, briefing, blog, computer, scrapping, cyber, display, e-waste, movie mode, multimedia, card, standby, link, backup, sim [subscriber identity module], pin, puk, roaming) ad usare il termine di smart working invece di quello di “lavoro agile”, generando confusione con altre modalità di lavoro “da remoto” (come il telelavoro). Il nostro legislatore usa debitamente il termine di “lavoro agile” (art. 18, L. n. L. 22 maggio 2017, n. 81). Per alcuni cenni generali sull’istituto si v. infra, par. 8.
[3]D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (noto anche come “Decreto Cura Italia”), recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.
[4] D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (“Decreto Liquidità”), recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”, converto in legge dalla L. 5 giugno 2020, n.40
[5] D.L. 19 maggio 2020, n. 34, recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (conversione in legge entro il 18 luglio 2020).
[6] La categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (Pmi) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
[7] La Cassa Depositi e Prestiti (CDP) opera all’interno del sistema economico italiano essenzialmente come una banca di stato, avendo fra le sue diverse attività principali anche la partecipazione al capitale di rischio delle medie e grandi imprese nazionali, quotate e non, profittevoli e ritenute strategiche per lo sviluppo del Paese.
[8] Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché’ interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.
[9] SACE (Sezione speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione) è una Società per azioni del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, specializzata nel settore assicurativo-finanziario
[10] Il Documento di Economia e Finanza (DEF), originariamente “Documento di Programmazione Economica e Finanziaria” (DPEF).è stato introdotto in Italia con la riforma della legge contabile del 1988 (L. 362/1988). Questa legge è stata modificata con L. 196/2009 e poi con L. 39/2011; quest’ultima indica cosa deve contenere ogni anno il DEF, in conformità con la legislazione dell’UE. Ogni anno, entro il 10 aprile, il Governo italiano presenta il DEF al Parlamento; questo termine è definito da Bruxelles e vincola tutti i Paesi membri dell’UE. Trattasi di una delle innovazioni del cd. “semestre europeo”, procedura volta a facilitare il coordinamento delle politiche economiche nazionali prima dell’avvio delle corrispondenti leggi di bilancio. Il termine del 10 aprile è recepito in Italia dalla L. 196/2009. Esso rappresenta la prima fase della programmazione dell’esercizio finanziario ed economico del sistema nazionale. In conformità con l’art. 9 co. 1 della L. 196/2009, come mod. dalla L. 39/2011, due delle tre sezioni che compongono il DEF (Programma di Stabilità e Programma Nazionale di Riforma), devono essere sottoposte al Consiglio e alla Commissione dell’UE. All’inizio di giugno, sulla base dei documenti programmatici preparati dai governi, la Commissione UE formula le raccomandazioni di politica economica e di bilancio per tutti paesi che hanno inviato i propri DEF. Quindi, nel mese di giugno, l’Ecofin (che riunisce i ministri delle finanze degli Stati membri) approva le raccomandazioni formulate dalla Commissione. Nella seconda parte dell’anno, durante la redazione delle leggi di bilancio, i Paesi membri devono tener conto delle raccomandazioni della Commissione, sempre tuttavia con un margine di flessibilità. Per quanto riguarda l’Italia, la L. 39/2011 prevede inoltre che ogni anno, non oltre il 27 settembre, il Governo presenti al Parlamento la nota di aggiornamento del DEF, per aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del DEF in relazione alla maggiore disponibilità di dati ed informazioni sull’andamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica. Il documento, inoltre, contiene l’aggiornamento degli obiettivi programmatici, che tiene conto anche delle eventuali osservazioni formulate delle istituzioni UE competenti nelle materia relative al coordinamento delle finanze pubbliche degli Stati membri. Entro il 15 ottobre di ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione Europea e all’Eurogruppo un progetto di DPB (Documento programmatico di bilancio, istituito con Regolamento UE n. 473/2013), nel quale illustrano all’UE il proprio progetto di bilancio per l’anno successivo. In particolare, il DPB contiene l’obiettivo di saldo di bilancio e le proiezioni delle entrate e delle spese. Al DPB viene allegato, inoltre, un documento contenente la metodologia, i modelli economici e le ipotesi, e ogni altro parametro pertinente alla base delle previsioni di bilancio e l’impatto stimato delle misure aggregate di bilancio sulla crescita economica. Entro il 30 novembre (ma ancor prima, finora nella prassi) ai sensi dell’art .7 del Reg. 473/2013/UE, la Commissione UE adotta un parere sul DPB. Entro il 20 ottobre di ogni anno il Governo presenta al Parlamento il disegno di legge di bilancio, che costituisce il provvedimento che reca la manovra triennale di finanza pubblica. Infine, il bilancio dello Stato membro dev’essere adottato ogni anno entro il 31 dicembre insieme ai principali parametri di bilancio aggiornati degli altri sottosettori delle amministrazioni pubbliche.
[11] DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 1° marzo 2020, recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
[12] DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 148, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.”
[13] La NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è un’indennità mensile di disoccupazione, istituita con l’art. 1 del Decreto legislativo n. 22/2015, che sostituisce le precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASp, in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria verificati a decorrere dal 1° maggio 2015.
[14] La DIS-COLL (indennità di disoccupazione mensile) è una prestazione a sostegno dei collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, assegnisti di ricerca e dottorandi di ricerca con borsa di studio che abbiano perduto involontariamente il lavoro (art. 15, Decreto legislativo n.22/2015).
[15] Decreto 28 marzo 2020, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.