Qualificazione del rapporto di lavoro. Prevalenza dei dati fattuali emergenti dall’effettivo svolgimento del rapporto, senza che il nomen juris utilizzato dalle parti possa assumere carattere assorbente.
Corte di Cassazione. Ordinanza 8 Febbraio 2022, n. 3967.Corte di Cassazione. Ordinanza 8 Febbraio 2022, n. 3967.
Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato alle prestazioni di natura intellettuale, che mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto – con accertamento di fatto incensurabile in cassazione se immune da vizi giuridici – dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dall’effettivo svolgimento del rapporto, senza che il nomen juris utilizzato dalle parti possa assumere carattere assorbente
Omissione contributiva. Cartella esattoriale. Lavoratori con mansioni di personale paramedico. Inquadramento come collaboratori coordinati e continuativi. Qualificazione come di lavoro subordinato.
Dal testo dell’ordinanza.
“[…] Rilevato che
- con sentenza n.358 del 2015, la Corte di Appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato inefficace la cartella opposta in primo grado, portante un credito per omissione contributiva, per la somma pari ai contributi già versati per i lavoratori con mansioni di personale paramedico, formalmente inquadrati come collaboratori coordinati e continuativi;
- la Corte di merito, alla stregua delle emergenze istruttorie, premessa la qualificazione come di lavoro subordinato dei rapporti intercorsi con i medici, formalizzati come rapporti libero professionali, accertati gli indici della subordinazione dall’indagine fattuale sulle modalità delle prestazioni sanitarie dentistiche, riconosceva il relativo obbligo contributivo a carico dell’attuale ricorrente; la medesima qualificazione, di lavoro subordinato, attribuiva al personale paramedico, formalmente inquadrato come di collaborazione coordinata e continuativa, e ciò tanto per gli assistenti dei dentisti quanto per gli impiegati amministrativi, con conseguente obbligazione contributiva; qualificava, inoltre, la fattispecie come di evasione, con applicazione del relativo regime sanzionatorio;
- avverso tale sentenza C. s.r.l. ha proposto ricorso affidato a sette motivi, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha opposto difese l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., con controricorso;
- Equitalia Sud è rimasta intimata;
Considerato che
- il primo motivo, con il quale si denuncia omessa indicazione, nella motivazione della sentenza, delle questioni trattate, delle norme di legge e dei principi di diritto applicati e violazione 118 disp. att. cod.proc.civ., denunciando la sostanziale immotivazione del decisum, è infondato per essersi dipanata la motivazione della sentenza impugnata sul crinale delle questioni trattate, delle norme applicate a sostegno della ratio decidendi e come, per converso, palesato dai plurimi motivi di censura ora offerti allo scrutinio della Corte di legittimità;
- il secondo e il terzo motivo, con i quali si lamentata l’omessa pronuncia sul motivo di gravame inerente al contenuto del verbale ispettivo, asseritamente non conforme agli artt. 14, 15, 16 del d.lgs. n.124 del 2004, e la violazione del termine di notifica del verbale ispettivo, a mente dell’art. 14 legge n.681 del 1981, sono inammissibili per plurimi profili, non risultando né trascritto il tenore del verbale sul quale si fondano le censure, nè riportato o indicato ove il verbale ispettivo sarebbe reperibile nelle fasi di merito, e per trasmodare, le doglianze all’esame, in un vizio di motivazione non adeguatamente devoluto nei termini dell’omesso esame di un fatto decisivo, in difetto, in ogni caso, di decisività della censura, per essere il verbale sfornito di forza probatoria e pur liberamente valutabile del giudice del merito;
- neanche coglie nel segno la denunciata violazione della legge n. 689 del 1981, inconferente versandosi in fattispecie di omissione contributiva;
- inammissibile è il quarto motivo – con il quale si denuncia errata applicazione, eccesso di potere nell’applicazione dell’art. 421 cod.proc.civ., violazione dell’art. 2697 cod.civ., per avere la Corte di merito, pur a fronte della mancata allegazione di prova, ritenuto fondata la pretesa dell’INPS, valorizzando le dichiarazioni degli ispettori verbalizzanti mai escussi – per non essere indicati su quali fatti, asseritamente non dedotti dall’INPS, sarebbero stati esercitati i poteri officiosi;
- il quinto motivo – con il quale si denuncia omesso esame di fatti decisivi che se esaminati avrebbero portato all’accertamento della natura autonoma e non subordinata dei rapporti di lavoro in oggetto – risulta inconferente per avere la Corte di merito esaminato i fatti, a fondamento della qualificazione in un senso o nell’altro dei rapporti, risolvendosi piuttosto la censura in una più appagante valutazione delle emergenze istruttorie;
- va ricordato, al riguardo, che ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, cioè l’individuazione del parametro normativo, mentre costituisce accertamento di fatto la valutazione delle risultanze processuali al fine della verifica dell’integrazione del parametro normativo(cfr. Cass., n. 17009 del 2017; Cass., n. 9808 del 2011; Cass., n. 13448 del 2003; Cass., n. 8254 del 2002; Cass., n. 14664 del 2001; Cass., n. 5960 del 1999);
- inoltre, quanto allo schema normativo di cui all’art. 2094 cod. civ., si è precisato che costituisce elemento essenziale, come tale indefettibile, del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo, la soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e non già soltanto al suo risultato(fra tante, Cass. n. 4500 del 2007);
- tale assoggettamento non costituisce un dato di fatto elementare quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze e, ove non agevolmente apprezzabile, è possibile fare riferimento, ai fini qualificatori, ad altri elementi (fra i quali, la continuità della prestazione, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l’assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppur minima struttura imprenditoriale), di carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria(fra tante, da ultimo, Cass. n. n. 35675 del 2021 ed ivi ulteriori precedenti);
- i descritti elementi costituiscono indizi idonei ad integrare una prova presuntiva della subordinazione, a condizione che essi siano fatti oggetto di una valutazione complessiva e globale(Cass., n. 9108 del 2012; Cass. S.U., n. 584 del 2008; Cass. n. 722 del 2007; Cass., n. 4171 del 2006; Cass. n. 19894 del 2005; Cass., n. 13819 del 2003; Cass., S.U., n. 379 del 1999);
- quanto alle prestazioni di natura intellettuale, che mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto – con accertamento di fatto incensurabile in cassazione se immune da vizi giuridici – dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dall’effettivo svolgimento del rapporto, senza che il nomen juris utilizzato dalle parti possa assumere carattere assorbente(v. Cass. n. 35675 del 2021 cit. ed ivi ulteriori precedenti);
- conformemente ai richiamati principi, la Corte di merito, nell’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro, ha privilegiato il piano dell’effettività, piuttosto che quello delle formali risultanze documentali, e accertato la ricorrenza del pieno inserimento organico del personale medico all’interno dell’organizzazione aziendale, con assoggettamento al potere direttivo espresso per il tramite del direttore sanitario responsabile del funzionamento della struttura e preordinato a vigilare sulle prestazioni rese, con cadenza prefissata, retribuzione predeterminata, con uso esclusivo di strutture e attrezzature aziendali, e verificato, dalle emergenze istruttorie, l’essersi concretizzato l’effettivo inserimento del personale medico nell’organizzazione aziendale e non un mero coordinamento dell’attività sanitaria espletata;
- tanto vale anche in riferimento al personale paramedico, assistenti dei dentisti e impiegati ammnistrativi, per avere la Corte di merito svolto l’accertamento della natura subordinata dei rapporti di lavoro con il predetto personale privilegiando il piano dell’effettività, alla stregua delle emergenze istruttorie, piuttosto che quello delle formali risultanze documentali;
- le censure svolte restano, in definitiva, confinate entro l’ambito della critica all’accertamento in fatto e alle valutazioni del materiale istruttorio, non passibile di disamina nel giudizio di legittimità;
- il sesto motivo, con il quale si censura, per omesso esame di fatto decisivo e per violazione di legge, il regime sanzionatorio applicato dalla Corte di merito, evocando il più lieve regime dell’omissione sul presupposto della legale conoscenza, da parte dell’INPS, dei rapporti di lavoro per i quali si è proceduto ex officio alla conversione, è da rigettare;
- come più volte affermato da questa Corte, l’omessa o infedele denuncia mensile all’INPS circa i rapporti di lavoro e le retribuzioni erogate, integra un’evasione contributiva ex art. 116, comma 8, lett. b), legge n. 388 del 2000, e non la meno grave omissione contributiva di cui alla lettera a) della medesima disposizione, dovendosi ritenere che l’omessa o infedele denuncia configuri occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e faccia presumere l’esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti(fra tante, Cass. nn. 23485, 17119 del 2015, 5281 del 2017, n.6405 del 2017);
- grava, dunque, sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, che non può tuttavia reputarsi assolto in ragione dell’avvenuta corretta annotazione dei dati omessi o infedelmente riportati nelle denunce sui libri di cui è obbligatoria la tenuta e, in tale contesto, spetta al giudice del merito accertare la sussistenza, ove dedotte, di circostanze fattuali atte a vincere la suddetta presunzione, con valutazione intangibile in sede di legittimità se congruamente motivata;
- a nulla rileva, peraltro, agli effetti del regime sanzionatorio applicabile, l’invocata esimente dell’incertezza definitoria del rapporto di lavoro subordinato e dei relativi requisiti essenziali, per suffragare la sanzionabilità nella più lieve misura, essendo doveroso ricordare i principi elaborati da questa Corte, sia pur in riferimento alle incertezze indotte da orientamenti giurisprudenziali (v., fra le tante, Cass. n. 2669 del 2020 e, in precedenza, Cass. nn. 11591 e 13069 del 2016) ma nondimeno applicabili nella specie, nel senso chel’art. 116, comma 10, legge n. 388 del 2000, pone come premessa per la riduzione delle sanzioni civili, in caso di ritardato o omesso pagamento dei contributi «derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza», l’integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, condizioni queste che non risultano adempiute nella vicenda all’esame;
- infine, è inammissibile il settimo motivo con il quale, assumendo come non congruente la condanna alle spese del giudizio con il parziale accoglimento del gravame e, dunque, con l’esito parzialmente vittorioso del giudizio, la parte ricorrente non si confronta con la statuizione conformatasi, in considerazione della quasi integrale fondatezza della pretesa contributiva dell’INPS, alla regola della parziale fondatezza del gravame disponendo, stante l’esito predetto, la compensazione per metà delle spese del grado di giudizio;
- in conclusione, il ricorso è da rigettare;
- segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo;
- non si provvede alla regolazione delle spese in favore della parte rimasta intimata;
- ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R. n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto […]”.
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