(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza 26 novembre 2024, n. 30426
Il ricorso per cassazione, giudizio a critica vincolata, deve -a pena di inammissibilità- essere articolato in motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, di modo che è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, nemmeno sufficiente un’affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione.
Lavoro. Disapplicazione graduatoria d’istituto. Diritto fruizione benefici Legge n. 104/1992. Esclusione dalla graduatoria dei perdenti posto in quanto soprannumerario. Rigetto pretese risarcitorie. Inammissibilità
“[…] La Corte di Cassazione
(omissis)
Rilevato che
1. Con sentenza n. 91 del 2015 il Tribunale di Enna, previa disapplicazione della graduatoria d’istituto dell’Istituto di istruzione superiore A.V.D.N., relativa alla classe di concorso A058 per all’anno scolastico 2010/2011, dichiarava il diritto di F.M. alla fruizione dei benefici della l. n. 104 del 1992, con conseguente esclusione dello stesso dalla graduatoria dei perdenti posto in quanto soprannumerario, ma rigettava tutte le pretese risarcitorie.
2. La Corte di Appello confermava la statuizione di prime cure.
3. Il rigetto delle pretese risarcitorie veniva così argomentato: “non può la Corte non rilevare che il M., nel proprio atto introduttivo, si sia effettivamente limitato a richiedere puramente e semplicemente il risarcimento del danno, patrimoniale e non, mediante asserzioni del tutto vaghe e generiche, rimaste assolutamente prive non solo delle indispensabili allegazioni in punto di fatto e di diritto, ma anche del necessario riscontro probatorio pure di tipo documentale, avendo egli provveduto a precisarle solo in seguito, con le note difensive giustamente tacciate di inammissibilità dal primo giudice, quando ormai gli era definitivamente precluso” (cfr. sentenza di appello pag. 8).
4. Propone ricorso per cassazione F.M., articolandolo in diciassette motivi.
5. Resiste con controricorso il MIUR.
6. Il ricorrente in cassazione deposita memoria ex art. 380.bis c.p.c.
Considerato che
1. Con il primo motivo viene dedotta “la violazione di norme processuali relative alle asserite domande nuove, alle note autorizzate e ai verbali asseritamente irrituali”.
1.1. Si sostiene che, a differenza di quanto ritenuto dai giudici di merito, le note difensive di discussione per le udienze del 19.11.2011 e 15.2.2012 erano state autorizzate dal giudice di primo grado e si assume che la sentenza di appello è nulla per violazione della legge processuale in tema di ammissibilità delle note difensive per le udienze di discussione (così testualmente il motivo) e in quanto fondata sull’erronea circostanza che le note in oggetto non fossero state autorizzate, laddove per tabulas emerge(rebbe) il contrario.
1.2. Il motivo è inammissibile.
1.3. Osserva il Collegio che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito.
Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 11603/2018, rv. 648533-01, conforme alla precedente Cass. n. 16038/2023, rv. 626926-01).
1.3.1. Ebbene, la doglianza, innanzi riportata non solo non indica il canale di accesso al ricorso per cassazione, ma nemmeno, né in rubrica, né nel corpo del motivo la norma processuale e/o sostanziale violata.
1.3.1.2. Quanto alla mancata specifica indicazione delle norme violate non può mancarsi di fare rinvio all’orientamento consolidato del giudice di legittimità, in virtù del quale il ricorso per cassazione, giudizio a critica vincolata, deve – a pena di inammissibilità – essere articolato in motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, di modo che è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, nemmeno sufficiente un’affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (cfr. Cass. n. 4905/2020, rv. 65723001).
In termini ancora più puntuali, il ricorso per cassazione che – come è noto – deve essere articolato in motivi specifici, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., richiede, altresì, a pena di inammissibilità della censura, aggiunge la S.C., di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che affermazioni che la parte ricorrente è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che contrastano con il contenuto precettivo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa ( cfr. Cass. n. 23745/2020, rv. 659448-01, ma anche Cass. n. 4905/2020, rv. 657230-01, Cass. n. 16700/2020, rv. 658610-01).
1.4. Tali considerazioni riguardano – come di qui a breve si dirà – tutti i motivi di ricorso (da 1 a 17) e ridondano – si anticipa – nell’inammissibilità dell’impugnazione per cassazione.
1.4. Per completezza, tuttavia, in relazione al primo motivo va altresì segnalato breviter che l’autorizzazione al deposito di note di discussione non implica affatto, a differenza di quanto adombrato nella censura, l’autorizzazione alla proposizione di domande nuove o all’integrazione delle domande già proposte.
2. Con il secondo mezzo viene lamentato “il vizio di norme di diritto e di norme processuali in tema di danno patrimoniale”.
2.1. La doglianza è incentrata sull’assunto che “l’ammontare del danno patrimoniale derivante dal costo del carburante e dal logorio fisico del mezzo poteva essere ricavata, come statuito da codesta Suprema Corte, anche in via induttiva attraverso calcoli aritmetici basandosi sul costo della benzina, sulla distanza percorsa quotidianamente dal ricorrente per quattro anni per duecento chilometri al giorno” e sul rilievo che, non essendo stati contestati dal MIUR, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., i numeri di giorni di lavoro espletati dal ricorrente ogni anno era ben possibile procedere alla quantificazione del danno.
Si insiste ancora che tutte le circostanze fattuali riportate nel motivo (distanza tra l’abitazione e la sede di lavoro, logorio fisico dell’auto, costo del carburante, etc.) erano state ritualmente effettuate.
2.3. La doglianza è inammissibile, sia per le ragioni esposte al punto 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2. cui si fa rinvio, sia perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza di appello che ha rigettato le pretese risarcitorie non (solo) in ragione dell’impossibilità di addivenire ad una quantificazione, quanto piuttosto in carenza di allegazioni e prove sufficienti a ritenere, in primis, l’an della pretesa.
2.4. A tanto si aggiunge che, in disparte la mancata evocazione delle norme violate e del canale di accesso, nello specifico il n. 4 dell’art. 360, comma 1, c.p.c. il solo che avrebbe consentito al giudice di legittimità di trasformarsi in giudice del fatto processuale, in modo da verificare la fondatezza delle doglianze relative alla mancata valorizzazione di allegazioni che – si assume – sarebbero state tempestivamente svolte e neglette, il motivo difetta sotto l’indicato profilo di specificità, in quanto, pur dopo la sentenza della Corte Edu Succi contro Italia del 28.10.2021, così come precisato dal giudice di legittimità nella sua massima composizione, il ricorrente avrebbe dovuto quantomeno indicare dove negli atti processuali ha svolto dette allegazioni o riportarne stralcio (sul punto si veda anche Sez. Unite n. 8950/2022, rv. 664409-01).
3. La terza censura è rubricata “il vizio di violazione di norme di diritto e di norme processuali in tema di prova del danno morale”.
3.1. Nel mezzo si rappresenta che la sentenza qui gravata ha violato il consolidato orientamento del giudice di legittimità secondo il quale il danno morale – la sofferenza transeunte – poteva essere desunta in giudizio attraverso un giudizio di verosimiglianza e fondato su presunzioni, vieppiù nel caso di specie in cui il danno morale attiene ai diritti fondamentali.
3.2. La doglianza è inammissibile per le stesse ragioni già esposte ai punti 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2., 2.3. e 2.4. cui si fa rinvio.
4. Con il quarto motivo si lamenta “il vizio di violazione delle norme di diritto e di norme processuali in tema di prova del danno esistenziale”.
4.1. Nel mezzo si insiste che il danno esistenziale si configura a causa dell’alterazione degli assetti relazionali e delle abitudini del ricorrente e della moglie.
4.2. La doglianza è inammissibile per le stesse ragioni esposte ai punti 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2., 2.3. e 2.4., qui sottolineato nuovamente ed in via generale, con riguardo a tutte le censure che si stanno esaminando, che solo l’evocazione del canale di accesso di cui al comma 1, n. 4 dell’art. 360 c.p.c. avrebbe consentito al giudice di legittimità (qualora fosse stato rispettato altresì il principio di specificità del motivo di ricorso ex art. 366 c.p.c.) di fare accesso agli atti del processo di merito e, nello specifico, al ricorso ex art. 414 c.p.c. a fine di verificare la fondatezza delle doglianze contenute nella censura.
4.3. Del pari con riguardo al quarto motivo è mancata del tutto, invece, l’indicazione del canale di accesso al ricorso per cassazione.
5. Il quinto motivo deduce “il vizio di errata applicazione delle norme di diritto e delle norme processuali relative alla lesione di diritti di rango costituzionale”, con particolare riguardo a quelli tutelati dall’art. 2 della Costituzione, quali il diritto all’immagine ed alla dignità personale del lavoratore, lesi dalla condotta illegittima della P.A. Con l’adozione del trasferimento illegittimo veniva, infatti, leso, si deduce, il diritto-dovere del coniuge di assistere la moglie gravemente malata ed in condizione di handicap connotato dalla gravità, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della l. n. 104 del 1992.
5.1. Valgono anche con riguardo a questo motivo le considerazioni già svolte ai punti 1.3, 1.3.1., 1.3.1.2., 2.3., 2.4 e 4.2., ulteriormente rimarcata anche in tal caso l’inammissibilità del mezzo per mancata evocazione del canale di accesso e, più in generale, come già detto, per l’impossibilità per il giudice di accedere e verificare il contenuto degli atti processuali se non in caso di evocazione del n. 4 dell’art. 360 c.p.c.
6. La sesta censura denunzia “il vizio di violazione di norme processuali in tema di prova di danno in via presuntiva”.
6.1. Il mezzo è inammissibile per i motivi in ragione di quanto già esposto ai punti 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2. e 2.3.
Ancora una volta – si aggiunge poi – la censura impugna solo una delle rationes decidendi, senza confrontarsi con l’affermata carenza delle allegazioni ritenute inidonee alla prova di qualsiasi danno, evidenziata la tardività di quelle svolte successivamente nel corso del giudizio di merito.
7. Con il settimo mezzo si deduce “il vizio di motivazione inesistente in punto di nesso di causalità tra la condotta illecita dell’amministrazione ed il danno”.
7.1. La censura è inammissibile per le ragioni già esposte ai punti 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2. ed altresì perché, ritenuta dai giudici di merito l’inesistenza del danno, alcuna rilevanza può assumere l’indagine del nesso causale che, si denunzia nel mezzo, non essere stato indagato e verificato dal giudice di appello.
8. Con l’ottava doglianza si lamenta “la violazione di norme di diritto e della legge processuale in tema di responsabilità civile dell’amministrazione per atto illegittimo”.
8.1. Si rimarca che la presenza nell’atto di trasferimento disapplicato di nove vizi di violazione di legge e di contratto collettivo avrebbe dovuto avere quale conseguenza la declaratoria di responsabilità dell’amministrazione scolastica centrale e periferica dell’Istituto scolastico Volta e del prof. Campione con conseguente accertamento dei danni patrimoniali e non patrimoniali cagionati.
8.2. Il motivo è inammissibile per le ragioni esplicitate ai punti 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2. e 2.3. qui richiamate. Il giudice di appello – a differenza di quanto dedotto nel motivo – ha accertato l’illegittimità del trasferimento, ha tuttavia negato – per carenza di allegazioni e prove – la sussistenza dei danni.
9. Il nono mezzo lamenta “il vizio di violazione degli artt. 2087 e 1218 c.c.”.
9.1. E’ inammissibile per mancata indicazione del canale di accesso al giudizio per cassazione e altresì perché ancora una volta non si confronta con il decisum.
9.2. La Corte di Appello ha ritenuto l’illegittimità del trasferimento, peraltro disposto in ragione del soprannumero del docente e non per l’inesatta esecuzione della prestazione da parte del lavoratore (fatto non risultante dalla decisione in appello), dunque, ha accertato la responsabilità contrattuale del datore.
Ne consegue che del tutto asimmetrica rispetto all’oggetto del giudizio e alla decisione assunta dai giudici di merito risulta la deduzione secondo cuile parti datoriali avrebbero dovuto dimostrare che “l’inesatta esecuzione della prestazione lavorativa che aveva determinato il trasferimento e costituiva un’omessa realizzazione della tutela della personalità morale del ricorrente, presidiata dall’art. 2087 c.c. non era dipesa da causa a ciascuno di loro non imputabile ovvero che ciascuno era esente da colpa nell’adempimento di questo particolare aspetto della prestazione lavorativa consistito nelle modalità del trasferimento fonte di danno alla personalità morale del dipendente. (…) Quindi il ricorrente aveva pienamente assolto all’onere processuale di dimostrare che il trasferimento era illegittimo, mentre la controparte pubblica e privata non aveva fornito la prova liberatoria ex art. 1218 c.c.
La Corte d’Appello avrebbe dovuto affermare la responsabilità contrattuale e disporre il risarcimento del danno patrimoniale.”
9.3. Icasticamente, la sentenza di appello qui gravata ha riconosciuto l’inadempimento della parte datoriale, disapplicando il trasferimento del lavoratore, non ha invece ritenuto che detto trasferimento avesse generato i danni di cui la parte ricorrente in cassazione, secondo quanto emerge dalla trascrizione della porzione del motivo innanzi compiuta, pretende il riconoscimento, di fatto postulando che ad ogni inadempimento debba corrispondere un danno, patrimoniale o non, il che non è.
10. Il decimo motivo assume essere la sentenza viziata per “omessa considerazione dei vizi del procedimento amministrativo di trasferimento determinativo di responsabilità civile per danno”.
10.1. La censura è inammissibile per le stesse ragioni esposte ai punti 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2. e 9.2. Come già innanzi precisato, disapplicato l’atto di trasferimento, ai fini che qui interessano, non rileva che esso fosse illegittimo anche per altre ragioni, sicché come innanzi più volte detto, pur (implicitamente) accertata la responsabilità contrattuale dell’amministrazione, la censura non coglie nel segno poiché non esiste il danno in re ipsa sul quale insiste – di fatto – il motivo. (cfr. Cass. n. 19551/2023, rv. 668139-01, tra le più recenti in tema di irrisarcibilità del danno non patrimoniale in re ipsa, consolidato l’orientamento del giudice di legittimità sul tema anche quanto al danno patrimoniale).
10.3. Insomma, negata la risarcibilità del danno per mancata allegazione e prova sia dell’an che del quantum, ai fini del risarcimento del danno sul quale si insiste con il presente ricorso, a nulla rileva che l’atto di trasferimento fosse eventualmente illegittimo in ragione di altri vizi non riscontrati.
11. L’undicesima doglianza censura “il vizio di omessa motivazione in ordine alla violazione di norme a tutela della privacy”.
11.1. Il motivo è inammissibile per le ragioni già esposte ai punti 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2. mancando del tutto l’indicazione sia del canale di accesso al ricorso per cassazione, sia delle norme violate.
11.2. Esso inoltre introduce – del pari inammissibilmente – un tema del tutto nuovo quello di una violazione delle norme della privacy, senza specificare dove e quando sarebbe stata dedotta detta violazione e soprattutto che riflessi essa ha (recte avrebbe) sull’oggetto del giudizio per la parte che ancora qui rileva, ovvero il risarcimento dei danni asseritamente subito dal lavoratore trasferito (e non dalla moglie in condizione di handicap).
12. Il dodicesimo motivo censura la “violazione in punto di disagi”.
12.1. Il mezzo, già inammissibile perché non contiene né l’indicazione delle norme violate, né del canale di accesso al ricorso per cassazione (cfr. punt1 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2.), lo è anche quanto alla contestazione della valutazione degli esiti istruttori del giudizio di merito che ha qualificato come meri “disagi” quelli subiti dal lavoratore in conseguenza del trasferimento illegittimo e che invece il ricorrente in cassazione sostiene sarebbero veri e propri danni.
Anche in tal caso, infatti, si chiede di fatto un rivalutazione degli esiti dell’istruttoria compiuta dal giudice di merito evidentemente inammissibile in sede di legittimità (cfr. sul punto Cass. Sez. U. n. 34476/2019, Cass. n. 8758/2017).
Senza tacere poi che – ancora una volta – la censura non si confronta con la doppia ratio decidendi della sentenza gravata che rigetta la domanda risarcitoria – a monte – in ragione della mancata sufficiente allegazione, prima ancora che prova dei danni.
13. La tredicesima doglianza denunzia “il vizio di omessa valutazione dell’elemento soggettivo della fattispecie della responsabilità civile ex art. 2043 c.c.”
13. Il motivo già inammissibile per mancata indicazione del canale di accesso al ricorso per cassazione, lo è altresì perché non si confronta con il decisum che ha accertato l’inadempimento contrattuale della parte datoriale per aver disposto un trasferimento illegittimo, sicché non si comprende l’erroneo richiamo all’art. 2043 c.c. che attiene, invece, alle ipotesi di responsabilità extracontrattuali, in ogni caso rimarcato che, ritenuta dalla Corte territoriale l’assenza di qualsivoglia danno, non ha evidentemente alcun senso la ricerca e valutazione dell’elemento soggettivo.
14. La quattordicesima censura investe il dedotto vizio “di inesistenza sui singoli profili di responsabilità”.
14.1. Il motivo, già inammissibile per le ragioni esposte al punto 1.3. et. ss., lo è altresì per quanto già detto al punto 9.2. e 9.3.
15. Il quindicesimo motivo denunzia “il vizio relativo all’omessa motivazione ed all’omessa considerazione del difetto di costituzione in giudizio del Ministero in primo grado”.
15.1. Si insiste che la costituzione in giudizio del Ministero in primo grado fosse tardiva ed irrituale, non essendosi la parte datoriale costituita nel giudizio di prime cure dieci giorni prima dell’udienza di discussione.
15.2. In disparte l’inammissibilità per le stesse ragioni già esposte al punto 1.3. e perché, nello specifico, la mancata evocazione del n.4, comma 1, dell’art. 360 c.p.c. non consente alcun controllo sulla veridicità dell’assunto, il mezzo non può essere accolto perché la questione proposta è irrilevante, non emergendo in alcun modo né dal motivo, né soprattutto dalla sentenza gravata che l’eventuale tardiva costituzione del Ministero abbia determinato il segno della decisione che, invece, come più volte ribadito, trova il suo fondamento nella mancata sufficiente e tempestiva allegazione dei danni subiti da parte del ricorrente che ha impedito il riconoscimento degli stessi, nell’an e nel quantum.
16. Il sedicesimo motivo denunzia la mancata valorizzazione del legittimo impedimento del difensore, per aver il giudice deciso la controversia nonostante all’udienza di discussione fosse stato di tanto avvertito.
16.1. La censura è inammissibile per le ragioni già esposte ai punti 1.3., 1.3.1., 1.3.1.2. ed inoltre perché non rispettosa del principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., nulla essendo riportato quanto ai verbali di causa ed all’impedimento. Inoltre è altresì inammissibile per un’altra assorbente considerazione – la carenza di interesse – atteso che restano altresì incomprensibili le ragioni della doglianza in quanto il delegato del codifensore – presente all’udienza di discussione – come esposto nello stesso mezzo ha espressamente chiesto la decisione della controversia.
17. L’ultima censura si duole delle spese e dell’erronea condanna anche al pagamento dell’IVA e della CPA, essendo stata la difesa del Ministero curata dall’Avvocatura dello Stato.
17.1. La doglianza è anch’essa inammissibile per le ragioni esposte ai punti 1.3, 1.3.1., 1.3.1.2.
18. Conclusivamente, come anticipato, il ricorso è inammissibile.
19. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
20. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in €. 4.000 per compensi, oltre spese prenotate a debito […]”.
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