(Studio legale  G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)

Corte di cassazione. Ordinanza 10 dicembre 2024, n. 31824.

Riliquidazione pensione di anzianità a carico dell’ex gestione ENPALS. Pagamento differenze pensionistiche con riliquidazione quota B.

“[…] La Corte di Cassazione,

(omissis)

Rilevato che

1. La Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che in accoglimento della domanda di F.A. – il quale aveva chiesto la riliquidazione della pensione di anzianità a carico dell’ex gestione ENPALS di cui era titolare dal 1° aprile 2015 sul rilievo che era stato erroneamente applicato l’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182 del 1997 – aveva condannato l’INPS a pagare le differenze pensionistiche riliquidando la quota B della pensione nell’importo di € 1.544,58 e condannando l’Istituto a pagare a titolo di differenze nel periodo dall’1.8.2015 al 31.10.2018 la somma di € 31.937,77 oltre agli accessori dovuti per legge.

2. Per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS con un motivo ulteriormente illustrato con memoria al quale F.A. resiste con controricorso.

Ritenuto che

3. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS denuncia la violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 1997 in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. e sostiene che la Corte di merito avrebbe errato nel prospettare l’abrogazione tacita della disciplina del “massimale pensionabile”, a dispetto della compatibilità tra tale disciplina e quella posteriore, riguardante la “quota B” della pensione.

4. Il ricorso, in continuità con i numerosi precedenti di questa Corte di cassazione resi in fattispecie analoghe (a partire da Cass. 36056 del 2022 e sino alla più recente Cass. n. 27503 del 2023) è fondato stante la perdurante vigenza, anche per la quota B della pensione del limite previsto dall’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.

4.1. Si controverte dei trattamenti pensionistici dei lavoratori dello spettacolo, oggi corrisposti dalla Gestione speciale del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo dopo il subentro all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS), in virtù del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 21 convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.

4.2. Orbene la “quota A” corrisponde “all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile” (d.lgs. n. 503 del 1992, art. 13, lett. a).

4.3. La “quota B” corrisponde, invece, “all’importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993” (cfr. il citato d.lgs. n. 503 del 1992, art. 13, lett. b) e la retribuzione giornaliera pensionabile, per la quota in esame, è variamente modulata nei tre gruppi in cui i lavoratori dello spettacolo risultano oggi suddivisi.

4.4. Quanto al calcolo della “quota B”, nel limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui al d.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, il consolidato orientamento di questa Corte di cassazione ha confermato la perdurante operatività del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile anche per la “quota B” della pensione, in ragione del fatto che la disposizione non ha formato oggetto di un’abrogazione espressa.

4.5. Il massimale di cui al d.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, è rimasto inalterato nell’avvicendarsi delle riforme del sistema previdenziale, che hanno investito anche il settore dei lavoratori dello spettacolo, e ciò in linea rispetto alla “politica di contenimento della spesa pubblica” e alle esigenze di “risanamento delle gestioni previdenziali” (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 1986, punto 10 del Considerato in diritto).

Si tratta di una scelta discrezionale del legislatore che costituisce il punto di equilibrio tra i contrapposti interessi.

Compete al legislatore la facoltà di individuare come base di calcolo della pensione una misura della retribuzione, inferiore a quella effettivamente percepita dal lavoratore (cfr. Corte Cost. n. 202 del 2008).

Il D.lgs. n. 503 del 1992, nel tracciare quella linea di demarcazione tra la “quota A” e la “quota B” che è rilevante nel presente giudizio, non incide sul limite oggi contestato e neppure la legge n. 335 del 1995 abroga in maniera espressa il tetto della retribuzione giornaliera pensionabile.

L’art. 1, comma 22, ha conferito al Governo una delega per l’armonizzazione dei regimi pensionistici operanti presso l’ENPALS, delega esercitata con il d.lgs. n. 182 del 1997 ove non si rinviene traccia di un esplicito superamento di tale regime per la “quota B.

Il legislatore delegato ha mantenuto questo elemento imprescindibile del regime previdenziale in esame, rimodulando in termini generali il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile (cfr. d.lgs. n. 182 del 1997, art. 1, comma 10), senza alcuna specificazione volta a circoscrivere alla “quota A” l’operatività delle innovazioni.

Ciò esclude l’incompatibilità tra le nuove e le vecchie disposizioni di legge, che “si verifica solo quando tra le norme considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicché dalla applicazione ed osservanza della nuova legge non possono non derivare la disapplicazione o l’inosservanza dell’altra (Cass. n. 1429 del 2002; n. 10053 del 2002)” (cfr. Cass. 13/10/2022 n. 29974).

4.6. Non rileva che l’applicazione del “massimale pensionabile” anche alla “quota B” consenta d’impiegare solo in parte la tabella del citato d.lgs. n. 503 del 1992, art. 12 e implichi l’irrilevanza della terza e della quarta aliquota di rendimento.

Infatti, la tabella allegata al D.lgs. n. 503 del 1992 ha valenza generale e non è calibrata in via esclusiva sul regime del personale appartenente al settore dello spettacolo, operando nel rispetto dei limiti che tale regime contempla, in virtù della descritta disciplina speciale.

La retribuzione imponibile eccedente il limite massimo di retribuzione annua pensionabile previsto per l’assicurazione generale obbligatoria in esame è computata secondo le aliquote decrescenti di cui alla tabella allegata e la quota aggiuntiva così calcolata diviene parte integrante della pensione.

Il regime previdenziale dei lavoratori dello spettacolo presuppone l’indicazione legislativa, univoca e vincolante, di un massimale della retribuzione pensionabile e di un massimale contributivo.

Per i lavoratori, come il controricorrente, già iscritti al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo alla data del 31 dicembre 1995, il massimale contributivo permane, nei termini definiti dal D.lgs. n. 182 del 1997, art. 1, comma 8: le aliquote contributive “si applicano integralmente sulla retribuzione giornaliera non eccedente il limite massimo di Lire 1.000.000.

Fermo restando il disposto di cui al D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, art. 2, comma 5, qualora la retribuzione giornaliera sia superiore a Lire 1.000.000 l’aliquota contributiva è dovuta sul massimale di retribuzione giornaliera imponibile corrispondente a ciascuna fascia ed è accreditato un numero di giorni di contribuzione, con un massimo di otto, secondo l’allegata Tabella A fino al raggiungimento di 312 giornate annue superate le quali si applica la previgente normativa.

Sulla parte di retribuzione eccedente il massimale di retribuzione imponibile relativo a ciascuna fascia, si applica un contributo di solidarietà nella misura del 5 per cento di cui 2,50 per cento a carico del datore di lavoro e 2,50 per cento a carico del lavoratore”.

Dunque, la retribuzione soggetta a prelievo contributivo è più elevata rispetto alla retribuzione giornaliera pensionabile.

Per il personale che sia iscritto al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo in data successiva al 31 dicembre 1995 o che eserciti l’opzione per il sistema contributivo (D.lgs. n. 182 del 1997, art. 1, comma 14), si applica il massimale annuo della base contributiva e pensionabile di £ 132 milioni, secondo le modalità stabilite, con valenza generale, dalla legge n. 335 del 1995, art. 2, comma 18.

L’indiscriminata abolizione, per la “quota B”, di un limite massimo della retribuzione giornaliera pensionabile darebbe adito a una situazione rovesciata rispetto a quella che la Corte costituzionale ha vagliato nella già menzionata sentenza n. 202 del 2008.

La Corte costituzionale ha affermato che tale divario non è di per sé lesivo dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza e di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale, “purché una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità di cui all’art. 38 Cost.” (cfr. Corte Cost n. 202 del 2008, punto 2 del Considerato in diritto), posto che non vi è “necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate” (cfr. punto 2 sentenza ult. cit.), in quanto l’adempimento dell’obbligo contributivo trascende l’interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva (cfr. Corte Cost. n. 173 del 1986, punto 10 del Considerato in diritto).

Né lo “squilibrio di notevole entità che esisterebbe tra la misura del tetto pensionabile e quella, all’incirca tripla, della retribuzione assoggettata a contribuzione” pregiudica quelle esigenze minime di protezione della persona, che s’impongono come nucleo intangibile anche alla discrezionalità del legislatore (ancora Corte Cost. n. 202 del 2008, il già richiamato punto 2 del Considerato in diritto), chiamato a tener conto delle risorse finanziarie disponibili.

4.7. Alla disarmonia denunciata non potrebbe comunque porre rimedio la Corte costituzionale, in quanto un intervento di tal fatta implicherebbe “valutazioni e bilanciamenti di interessi comportanti scelte politiche che, nei limiti del rispetto dei diritti fondamentali, competono al legislatore” e richiederebbe una pronuncia manifestamente manipolativa.

Quanto alla disparità di trattamento con il regime dell’assicurazione generale obbligatoria, la Corte costituzionale ha rilevato che lo squilibrio denunciato sussiste, in termini generali, con riguardo a entrambe le quote di pensione.

Inoltre, il sistema, che impone il pagamento della contribuzione in misura piena fino ad un certo importo (£1.000.000) e, per l’eccedenza, il versamento di un mero contributo di solidarietà, non potrebbe combinarsi con l’eliminazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, posto che ad una disciplina, che ancora fissa ratione temporis un limite alla retribuzione imponibile a fini contributivi, è coessenziale la presenza di un limite alla retribuzione pensionabile.

4.8. La fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile contribuisce a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale e si colloca in “un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, quanto all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS; di talché non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l’intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce” (Corte costituzionale, sentenza n. 202 del 2008, punto 3 del Considerato in diritto).

4.9. Tale regime previdenziale, che prescinde dalla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro e dal settore di appartenenza dell’impresa, è contraddistinto dall’accredito di contributi d’ufficio, da un accesso alle pensioni di vecchiaia, che è anticipato per talune figure rispetto ai regimi ordinari, dall’erogazione di uno specifico trattamento d’invalidità professionale.

4.10. La specialità, tuttavia, non si può tramutare nell’introduzione di un regime d’incongruo favore o nella configurazione di un sistema previdenziale che, di questa specialità, riproduca solo gli aspetti più convenienti, disgiunti dal complessivo bilanciamento attuato dal legislatore al fine di garantire la sostenibilità del sistema globalmente inteso.

4.11. In questa prospettiva, si coglie la giustificazione del permanere del limite in quanto tanto l’abolizione del limite quanto l’introduzione di un limite meno rigoroso determinerebbero irragionevoli disparità tra il calcolo delle due quote, caratterizzate da limiti sensibilmente diversi anche nell’interpretazione correttiva perorata dal controricorrente.

4.12. Non si attuerebbe quel “bilanciamento tra i metodi di calcolo delle due quote”, delineato nella sentenza impugnata.

Per il calcolo della “quota B”, il legislatore, con il d.lgs. n. 503 del 1992, ha introdotto criteri più rigidi, in una prospettiva di contenimento della spesa previdenziale e sarebbe in antitesi con le linee ispiratrici degl’interventi di riforma, ipotizzare che, per i lavoratori dello spettacolo, la determinazione della “quota B” sia improntata a criteri più favorevoli, disancorati da ogni limite alla retribuzione giornaliera pensionabile o commisurati a un limite notevolmente meno severo rispetto alla “quota A”.

4.13. Inoltre, un sistema, che superi il massimale della retribuzione giornaliera pensionabile e perpetui l’operatività di una retribuzione massima imponibile a fini contributivi, sarebbe disarmonico rispetto alla legge di delegazione, che non soltanto non racchiude indicazioni di sorta in ordine a tale superamento, 
ma vincola il legislatore a salvaguardare le esigenze di equilibrio delle gestioni previdenziali.

4.14. L’indiscriminato superamento del massimale della retribuzione giornaliera pensionabile, a fronte del permanere di un massimale contributivo, porrebbe a repentaglio quelle esigenze di equilibrio che la legge di delegazione ha enunciato come criterio direttivo cogente.

4.15. Tale criterio direttivo non può non orientare anche l’opera dell’interprete, chiamato ad assicurare la compatibilità del D.lgs. con i principi e i criteri direttivi prescritti dal delegante e, di conseguenza, con la Carta fondamentale (art. 76 Cost.).

Nell’esame del d.lgs. n. 182 del 1997, questa Corte di cassazione, sia pure con riguardo alla diversa questione dell’incidenza dello ius superveniens sulle pensioni già liquidate, ha posto l’accento sulla necessità di un’interpretazione conforme ai principi e criteri direttivi della legge di delegazione, rimarcando che “quale canone ermeneutico preminente, il principio di supremazia costituzionale (…) impone all’interprete di optare, fra più soluzioni astrattamente possibili, per quella che rende la disposizione conforme a Costituzione” (Cass. 24/02/2006 n. 4163).

4.16. Né si può ribattere che la gestione ENPALS, allorché è stata inglobata nell’INPS, non registrasse disavanzi di sorta, posto che il dato testuale indica l’esigenza di salvaguardare l’equilibrio delle gestioni previdenziali, esigenza che s’impone anche come criterio interpretativo delle disposizioni adottate dal legislatore delegato.

Tali ragioni, resistono alle critiche mosse dal pensionato con la memoria dallo stesso depositata.

4.17. Prese le distanze dalla ricostruzione seguita dalla Corte d’appello ma volendo difenderne il risultato, il pensionato afferma che l’effetto pratico di ritenere superata la previsione del massimale retributivo si dovrebbe raggiungere in virtù della previsione contenuta nell’ art. 4 comma 8 D.lgs. 1982/1997, secondo la quale “Le quote di retribuzione giornaliera pensionabile eccedenti il suddetto limite sono computate secondo le aliquote di rendimento previste dall’art. 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503”, per cui la questione giuridica si concentrerebbe nello stabilire se il rinvio sia riferito solo alle aliquote di rendimento di cui all’art. 12 d.lgs. 503/1992, primo comma, oppure all’intero art. 12 e quindi anche al suo secondo comma.

Ad avviso della parte privata, la questione dovrebbe risolversi considerando il contenuto dell’art. 2, comma 22, della legge n. 335 del 1995, là dove indica al legislatore delegato la finalità della commisurazione delle prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti.

Da qui si fa derivare l’obbligo, disatteso dall’art. 4 d.lgs. n. 182 del 1987, del legislatore delegato di equiparare il massimale pensionabile a quello contributivo.

4.18. L’assunto non è accoglibile, posto che, come si è sopra precisato, non risponde al vero che la legge delega si sia occupata di ritoccare la disciplina del massimale retributivo pensionabile in oggetto equiparandolo al massimale imponibile.

L’art. 2, comma 22 della legge n. 335 del 1995, infatti, nell’ottica di rigore e di stabilizzazione della spesa pensionistica, che ha contraddistinto quella riforma, si è limitato ad indicare al legislatore delegato la necessità di ridefinire le aliquote contributive, tenendo conto delle esigenze di equilibrio delle gestioni previdenziali, di commisurazione delle prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti ed alla salvaguardia delle prestazioni previdenziali in rapporto con quelle assicurative, in applicazione dei commi da 6 a 10 dell’art. 1 legge cit..

Peraltro, l’art. 2, comma 22 lett. d), legge n. 335 del 1995 indica la via di una armonizzazione che salvaguardi comunque le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative presenti nei settori interessati, quale è il complesso normativo previdenziale relativo ai lavoratori dello spettacolo; dunque, nessuna violazione della legge delega, con consequenziale violazione dell’art. 76 Cost., si manifesta nei contenuti del decreto legislativo n. 182/1997 e nel mantenimento del massimale indicato nell’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971 (al riguardo e per tutto quanto sopra esposta si veda Cass. n. 27503 del 2023 e n. 36056 del 2022).

5. Alla luce delle considerazioni svolte, la Corte territoriale, nel ritenere oramai superato, per la “quota B” della pensione, il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui al D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, è incorsa nell’errore di diritto denunciato dal ricorrente.

6. Ne segue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.

Per l’effetto la causa dev’essere rinviata alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che si uniformerà al seguente principio di diritto: “Nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, art. 12, comma 7, così come da ultimo modificato dal D.lgs. 30 aprile 1997, n. 182, art. 1, comma 10.

Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dal medesimo D.lgs. n. 182 del 1997, art. 4, comma 8″.

Alla Corte del rinvio è demandata poi la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso.[…]”.