(Studio legale  G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Ordinanza n. 18093 depositata il 2 luglio 2024.

“[…] La Corte di Cassazione.

(omissis)

Rilevato che

In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la comparazione tra lavoratori di professionalità equivalente addetti a diverse unità produttive deve tener conto non solo delle mansioni concretamente svolte in quel momento, ma anche della capacità professionale degli addetti ai settori da sopprimere, mettendo quindi a confronto tutti coloro che siano in grado di svolgere le mansioni proprie dei settori che sopravvivono, indipendentemente dal fatto che in concreto non le esercitino al momento del licenziamento collettivo

Licenziamento. Valutazione di fungibilità. Complessivo bagaglio di esperienze e conoscenze acquisito dal lavoratore. Reintegra nel posto di lavoro. Condanna dell’azienda al pagamento dell’indennizzo. Regolarizzazione contributiva previdenziale e assistenziale. Rigetto.

Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.

“[…] La Corte di Cassazione.

(omissis)

Rilevato che

1. Con la sentenza […] la Corte di appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da S.I. srl avverso la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato in data 2.10.2017 a K.P. all’esito della procedura collettiva di mobilità iniziata il 17.1.2017 e ne aveva ordinato la reintegra nel posto di lavoro, con condanna dell’azienda al pagamento dell’indennizzo commisurato a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, otre alla regolarizzazione contributiva previdenziale e assistenziale.

2. La Corte territoriale ha confermato la illegittimità del licenziamento in considerazione della non corretta applicazione dei criteri di scelta determinata dalla mancata comparazione della lavoratrice, che svolgeva da ultimo mansioni di “R.F.A.” con altre posizioni fungibili come quella di “D.S.”; ha, poi, sottolineato che la valutazione di fungibilità doveva essere compiuta con riguardo al complessivo bagaglio di esperienze e conoscenze acquisito dalla dipendente nel corso del rapporto di lavoro quale “S.D.S.” e non solo con quelle ultime svolte; ha, infine, ritenuto condivisibile la ricostruzione del primo giudice secondo cui, dall’esame di tutte le risultanze processuali, era emerso che alcuni dipendenti, con un minore punteggio e con mansioni fungibili (appunto quelle di “D.S.A.” e anche quelle di coloro che erano addetti al settore “Trade merchandising”, cui anche era stata assegnata in precedenza l’originaria ricorrente), non erano stati licenziati.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo, S.I. srl cui ha resistito con controricorso K.P.

4. Le parti hanno depositato memorie.

5. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.

Considerato che

1. Con l’unico articolato motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cc, in riferimento agli artt. 4 e 5 legge n. 223/1991, conseguente alla errata valutazione ex artt. 115 e 116 cpc dei documenti e dell’istruttoria, espletata nella prima fase di merito, comprovanti la legittimità e la regolarità delle procedure di licenziamento collettivo e, conseguentemente, dell’atto risolutivo del rapporto intercorso con la lavoratrice; eccepisce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; censura, infine, l’erroneità ed inadeguatezza della motivazione della sentenza per violazione delle norme di legge sui criteri di scelta dei dipendenti da licenziare, con riferimento alla fungibilità delle mansioni di dipendenti appartenenti a diverse unità organizzative aziendali.

La S.I. srl deduce, in sostanza, che erroneamente i giudici del merito avevano posto l’onere della prova della “non fungibilità” a carico della società e che, sempre erroneamente, avevano rilevato che, dalle prove raccolte, era risultata l’attitudine professionale della originaria ricorrente, nel corso della propria carriera lavorativa in azienda, a svolgere anche attività proprie di altri profili in esubero, inseriti nella graduatoria nei rispettivi reparti di appartenenza in modo tale da rendere illegittimo l’impugnato licenziamento.

2. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per tardività dello stesso, in quanto presentato oltre il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della impugnata pronuncia, ai sensi dell’art. 1 comma 62 legge n. 92 del 2012, non essendo stato specificato quando la cancelleria avesse provveduto alla comunicazione integrale dell’impugnato provvedimento.

3. Venendo al merito, il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

4. Sono inammissibili tutte le doglianze articolate nel motivo dirette ad una richiesta di una nuova ricostruzione della vicenda di cui è processo.

5. E’ un principio ormai consolidato quello secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547/2017; Cass. n. 29404/2017).

6. In particolare, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione: ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame (Cass. n. 29867/2020; Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014).

7. Inoltre, l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo se i fatti storici, come detto nel caso in esame, sono stati comunque presi in considerazione (Cass. n. 19881/2014; Cass. n. 27415/2018) avendo la Corte territoriale motivato adeguatamente sulla problematica in ordine alla fungibilità delle mansioni svolte dalla P. attraverso l’analisi delle risultanze processuali.

8. Sotto questo, profilo deve, poi, osservarsi, da un lato, che si verte in una ipotesi di c.d. doppia conforme ex art. 348 ter, comma 5 cpc ove la ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse fossero tra loro diverse; dall’altro, è opportuno ribadire che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).

9. Il motivo è, invece, infondato in ordine alla censura riguardante l’asserito assunto della gravata sentenza secondo cui era onere di S. dimostrare, nella specie, la non fungibilità delle mansioni relative alle mansioni di “S.D.S.” svolte in passato dalla P. rispetto a quelle di “D.S.” di altri colleghi non coinvolti dalla procedura di licenziamento collettivo.

10. E’ opportuno premettere che, nel caso de quo, i giudici di merito hanno ricostruito, con un accertamento di fatto insindacabile in questa sede perché adottato con motivazione esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 nuova formulazione ratione temporis applicabile, il complessivo bagaglio professionale svolto dalla lavoratrice, ponendolo a confronto con la posizione dei vari colleghi indicati nel ricorso introduttivo, riguardo ai quali hanno ritenuto la fungibilità delle mansioni: colleghi i quali, sebbene in possesso di un minore punteggio, non erano stati licenziati.

11. In questo ragionamento logico-giuridico i suddetti giudici hanno considerato rilevante il complessivo bagaglio di esperienze e conoscenze acquisito dalla lavoratrice nel corso del rapporto di lavoro.

12. Tale operazione è corretta in punto di diritto perché conforme all’orientamento di questa Corte (Cass. n. 6086/2021) in virtù del quale, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la comparazione tra lavoratori di professionalità equivalente addetti a diverse unità produttive deve tener conto non solo delle mansioni concretamente svolte in quel momento, ma anche della capacità professionale degli addetti ai settori da sopprimere, mettendo quindi a confronto tutti coloro che siano in grado di svolgere le mansioni proprie dei settori che sopravvivono, indipendentemente dal fatto che in concreto non le esercitino al momento del licenziamento collettivo. Ciò in quanto in quanto la fungibilità, nella comparazione dei lavoratori da licenziare, implica la necessità di ricostruzione del complessivo bagaglio di esperienza e conoscenza del lavoratore onde verificare la effettiva sussistenza di professionalità omogenee da mettere a confronto; la relativa esclusione non può, pertanto, essere ancorata solo all’esclusivo riferimento ai compiti svolti in concreto dalla lavoratrice, occorrendo una più complessiva valutazione della sua professionalità che tenga conto delle esperienze pregresse, della formazione, del bagaglio di conoscenze acquisito (Cass. n. 24882/2019).

13. Inoltre, è stato affermato, sempre in sede di legittimità, che ove la ristrutturazione della azienda interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l’individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l’idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti della azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l’onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni (Cass. n. 6296/2022).

14. Non vi è stata, pertanto, da parte della Corte territoriale alcuna violazione del principio dell’onere della prova, come denunciato dalla ricorrente, ma solo un esame delle risultanze istruttorie (non efficacemente ed adeguatamente contrastato dalla datrice di lavoro) da cui era emerso che il complessivo bagaglio di esperienze e conoscenze acquisito dalla lavoratrice nel corso del rapporto di lavoro era fungibile con quello di altri dipendenti non licenziati e aventi un punteggio minore e tale mancata comparazione si era tradotta nella non corretta applicazione dei criteri di scelta.

15. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

16. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione. 

17. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso […]”.