Audizione del Ministro Orlando su alcuni strumenti di ingresso nel mercato del lavoro.

7 Aprile 2022

Audizione del Ministro del Lavoro sul temaStrumenti di ingresso nel mercato del lavoro: stage, tirocinio, apprendistato“.

Il 7 Aprile 2022 il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando è intervenuto nell’ambito dell’indagine conoscitiva promossa dalla XI Commissione Lavoro al Senato sul tema “Strumenti di ingresso nel mercato del lavoro: stage, tirocinio, apprendistato“.

Dal testo dell’intervento del Ministro (Fonte: lavoro.gov.it).

“[…] La crisi economica dovuta alla pandemia ha colpito le generazioni in maniera diseguale, andando a gravare più pesantemente sulle generazioni più giovani. Il tasso di NEET, cioè di giovani non occupati e non impegnati in percorsi di formazione, che era in declino negli anni pre-pandemia, è tornato a crescere con i lockdown e rappresenta una fonte di preoccupazione per il Governo e il Paese. Il tasso di disoccupazione giovanile nella fascia 15-36 anni, che con fatica era sceso sotto il 17% a inizio 2020, è tornato vicino al 20% con la pandemia, raggiungendo un picco del 32,5% nella fascia 15-24 anni al momento del mio insediamento al Ministero del Lavoro. A questi dati sulla quantità di lavoro, si aggiunge un tema di qualità dell’occupazione giovanile, che a mio parere si deve declinare come una lotta alla precarietà lavorativa che troppo spesso caratterizza in maniera sproporzionata le generazioni più giovani e non certo per scelta. L’incertezza occupazionale rappresenta un circolo vizioso che porta a scaricare ulteriormente sui giovani le difficoltà economiche. Lo abbiamo visto durante i lockdown: i primi a essere lasciati a casa nonostante il blocco dei licenziamenti sono stati i precari con contratti a termine (prevalentemente giovani e donne), che semplicemente non sono stati rinnovati, e i giovani in stage, perché ad essi non si applicano le tutele del lavoro dipendente. Ecco perché è molto prezioso il lavoro di indagine svolto presso questa Commissione: comprendere come spostare l’occupazione giovanile da strumenti più precari come il tirocinio verso strumenti più stabili e veri contratti di lavoro, come l’apprendistato, rappresenta a mio parere una strada fondamentale per migliorare sia la qualità che la quantità di occupazione giovanile.

Alla luce di questo contesto drammatico che vi ho brevemente riassunto e che mi si è presentato al momento del mio insediamento, come dicevo, ho voluto subito avviare un percorso per intervenire efficacemente sull’occupazione giovanile. Ho istituito per la prima volta la figura di consigliere economico sulle politiche giovanili nel Ministero del Lavoro e un gruppo di lavoro apposito sul tema, raccogliendo e portando avanti proposte attraverso il dialogo con molte realtà del tessuto economico e sociale – giovanili e non. Anche alla luce dei risultati che mi sono stati presentati dal gruppo di lavoro, le proposte e i conseguenti atti legislativi per incentivare l’occupazione giovanile sono stati molteplici. Premesso che il Ministero nel quale mi sono insediato nel febbraio 2021 aveva già posto in essere misure per promuovere l’assunzione di giovani e di donne nella legge di bilancio per il 2021 (legge 178/2020), abbiamo proseguito l’interlocuzione con la Commissione UE per arrivare alla conferma dei bonus assunzione giovani il 16/09/2021 e bonus assunzione donne il 27/10/2021.

Già nel Decreto Sostegni bis (DL 73/2021), abbiamo progettato e approvato numerose misure per sostenere i lavoratori più precari, che sono in maniera sproporzionata giovani, donne e lavoratori autonomi. Nel Decreto Governance del PNRR (DL 77/2021), abbiamo istituito la ormai ben nota clausola di condizionalità, ovvero il vincolo per gli operatori economici aggiudicatari di bandi per i fondi PNRR e Pnc (Piano nazionale degli investimenti complementari) di destinare ai giovani under-36 e alle donne almeno il 30 per cento dell’occupazione aggiuntiva creata in esecuzione del contratto. Oltre a questo, abbiamo incluso nei bandi una premialità aggiuntiva per le imprese che garantiscono equità di genere e generazionale. Nella legge di bilancio per l’anno 2022, abbiamo previsto una spesa di 20 milioni di euro per attività e figure professionali specifiche nei Centri per l’impiego, finalizzate alle politiche attive del lavoro in favore dei giovani. Con questo investimento si intende realizzare un duplice obiettivo: da un lato, favorire il raccordo tra i diversi enti territoriali, che offrono servizi ai giovani ma spesso non dialogano efficacemente tra loro; dall’altro, prevedere figure formate per l’accoglienza, l’ascolto e il sostegno ai giovani in condizioni di disagio che spesso si accompagnano alla condizione di NEET.

Su quest’ultimo punto il lavoro è prezioso e va secondo me ulteriormente rafforzato. I due anni di chiusure, restrizioni e riduzione del contatto interpersonale hanno messo a dura prova la quotidianità e le capacità relazionali dei giovani, soprattutto dei giovanissimi che attraversano il delicato periodo di adolescenza e formazione della propria psiche. Per questo un sostegno psicologico soprattutto a loro credo sia un’esigenza assolutamente fondamentale, e come Paese dobbiamo fare di più per garantire che la salute mentale, in particolare dei giovani e più fragili, sia tutelata e adeguatamente sostenuta.

Sempre per gli under 30, abbiamo inoltre reso strutturali le forme di sostegno all’acquisto della casa, e abbiamo introdotto un sostegno per i primi quattro anni del canone di affitto per i giovani a basso reddito, aiutandoli a rendersi indipendenti dall’abitazione dei genitori.

Per i lavoratori assunti con contratto di collaborazione, condizione precaria che riguarda anche questa sempre più spesso i giovani e le donne, all’interno della riforma degli ammortizzatori sociali contenuta nella Legge di Bilancio abbiamo innalzato la durata massima della DISCOLL, portandola a 12 mesi rispetto ai precedenti 6 mesi. Viene inoltre riconosciuta la contribuzione figurativa ai fini pensionistici e il décalage viene applicato dal sesto mese e non più dal quarto. Per la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), viene eliminato il minimo di trenta giorni lavorativi nell’anno precedente la disoccupazione, restando solo il requisito delle 13 settimane di contribuzione negli ultimi quattro anni, e il décalage viene spostato al sesto mese.

Abbiamo inoltre esteso l’utilizzo del prelievo sui Fondi Interprofessionali per finanziare piani formativi, previo monitoraggio dei percorsi formativi realizzati in favore dei lavoratori in cassa integrazione. Abbiamo poi rafforzato le tutele di maternità per le lavoratrici madri autonome e professioniste che abbiano dichiarato, nell’anno precedente l’inizio del periodo di maternità, un reddito inferiore a 8.145 euro; a loro è riconosciuta l’indennità di maternità per ulteriori tre mesi a seguire dalla fine del periodo di maternità.

Infine, sempre in legge di bilancio, abbiamo anche portato al 100% l’esonero contributivo per le imprese con meno di 9 dipendenti che attivino contratti di apprendistato duale, cioè finalizzati al conseguimento di un titolo di studio di istruzione secondaria. Questo strumento, come spiegherò meglio tra poco, rappresenta per noi la modalità ideale di ingresso nel mercato del lavoro e di sviluppo delle competenze, oltre che di riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro.

PNRR e duale. Proprio sul tema dell’apprendistato e della formazione duale, siamo al lavoro naturalmente anche sull’attuazione del PNRR. Grazie a questi fondi europei straordinari, abbiamo previsto importanti investimenti su numerosi fronti, tra cui il miglioramento delle politiche di formazione. Già nel programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL), che ea stato impostato prima del mio insediamento al Ministero e varato alla fine dello scorso anno, d’intesa con le Regioni e per il quale sono previsti 4,4 miliardi di euro, i giovani figurano come un target chiave nei confronti dei quali avviare politiche attive che valorizzino le competenze e l’inserimento nel mercato del lavoro.

Le risorse di GOL saranno preziose anche per sperimentare strumenti nuovi finalizzati a una maggiore e migliore integrazione tra l’offerta di lavoro qualificato e la richiesta di competenze da parte del tessuto produttivo nazionale. Anche alla luce delle transizioni energetiche e ambientali, diventa sempre più frequente un mismatch nei comparti maggiormente colpiti dalle transizioni stesse e in quelli che hanno beneficiato di una maggiore spinta di investimenti anche grazie al PNRR. Al fine di ampliare l’offerta di formazione per i disoccupati e i soggetti in transizione, anche grazie alle risorse di GOL, il Ministero con ANPAL sta attualmente lavorando all’ipotesi di creazione di network nazionali di scuole altamente specializzate su questi comparti, realizzate da parternariati che prevedano un coinvolgimento diretto delle imprese leader del settore.

A questo si aggiunge il rafforzamento del sistema duale, per il quale sono previsti 600 milioni di euro del PNRR. Questo importante investimento si affianca alla spesa ordinaria del Ministero per l’Istruzione e la formazione professionale, che nel 2020 si è attestata ad oltre 325 milioni di euro, con particolare attenzione al sistema duale in quanto via principale per la realizzazione di politiche di transizione scuola-lavoro, anche nell’ottica di far acquisire agli studenti/apprendisti competenze spendibili all’interno dei diversi contesti lavorativi. L’investimento aggiuntivo nel Piano di Ripresa e Resilienza si pone nella prospettiva di progredire dalla fase di sperimentazione della “via italiana al sistema duale” verso una fase di progressiva e strutturale transizione duale sia dei sistemi della formazione professionale sia del sistema delle imprese, attraverso la standardizzazione delle misure, l’ampliamento dell’offerta di apprendimento duale su tutto il territorio nazionale, il rafforzamento in chiave di filiera dell’offerta formativa duale e il rafforzamento della propensione delle imprese nell’utilizzo dell’apprendistato e della capacità formativa delle imprese stesse.

Come emerge dal primo draft del Rapporto INAPP sull’annualità formativa 2019-2020 che sarà pubblicato a breve, la partecipazione alla filiera IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) in modalità duale portata avanti dai centri di formazione accreditati vede un costante aumento. Si tratta di una tipologia di interventi sulla cui utilità e importanza convergono tutti i soggetti in campo, dal mondo imprenditoriale agli attori territoriali, ai decisori politici, agli enti di formazione fino all’utenza e sulla quale confluiranno significative risorse nei prossimi anni. I partecipanti ai corsi svolti in modalità duale sono raddoppiati nel triennio 2018-2020, da oltre 18 mila a oltre 37 mila partecipanti. Altro elemento da sottolineare è la distribuzione, sul territorio nazionale, dei percorsi IeFP realizzati sempre in modalità duale. Pur continuando ad esistere significative disparità territoriali, l’anno formativo 2019-20 ha visto un particolare attivismo delle regioni meridionali: si registrano numeri importanti in Sicilia, Campania e Sardegna, che dovranno essere naturalmente confermati nei prossimi anni per dimostrare l’avvio di un sistema strutturale di formazione in alternanza.

Le ultime rilevazioni effettuate, peraltro, confermano l’urgenza della formazione duale per superare il gap tra domanda/offerta di competenze delle professioni riconducibili alle qualifiche e diplomi IeFP. Infatti, recentemente la presentazione di dati Excelsior a cura di Unioncamere/Anpal ha evidenziato che nel fabbisogno del mercato del lavoro, circa 153 mila unità l’anno sono riconducibili alla qualifica e al diploma IeFP, numeri ben lontani dai circa 80 mila qualificati/diplomati che il sistema immette annualmente sul mercato. Questi dati evidenziano uno scarto tra fabbisogno ed offerta che si avvicina al 48% del totale delle richieste, con punte, per alcune figure, che arrivano al 90% del totale. Tale dato evidenzia le grandi potenzialità di sviluppo del sistema IeFP e in particolare del sistema duale. Un investimento nella filiera della formazione tecnico-professionale, legato all’effettiva attivazione di efficaci e capillari attività di orientamento e formazione, consentirebbe una concreta progressione sia del sistema di offerta che del tasso di occupazione dei giovani che si indirizzano verso le professioni tecniche, con un evidente beneficio per gli stessi giovani e per il tessuto imprenditoriale. Per concretizzare questo investimento, come spiegherò meglio tra poco, abbiamo già avviato una proficua interlocuzione con il Ministero dell’Istruzione su orientamento e formazione, e lavoreremo in stretta sinergia con le Regioni e le parti sociali. A questo fine contribuisce anche il prezioso lavoro dell’Organismo tecnico dell’apprendistato di primo livello, coordinato dal Ministero del lavoro e con la partecipazione di tutti gli stakeholder coinvolti nel percorso di attivazione e svolgimento di un apprendistato, con lo scopo di condividere le criticità emerse nell’attuazione di tale strumento. Sulla base delle evidenze emerse in questo tavolo di lavoro, sono stati formulati chiarimenti preziosi e proposte di revisione normativa per facilitare l’utilizzo e la diffusione dell’apprendistato di primo livello all’interno del sistema duale, anche alla luce delle ingenti risorse economiche previste a tal fine nel PNRR.

Tirocini e apprendistato. Per valorizzare il contratto di apprendistato, tuttavia, bisogna lavorare sia sull’apprendistato stesso sia sugli altri strumenti normativi che sembrano agire in concorrenza, riducendone la diffusione. Primo tra questi, ma non unico, è il tirocinio. Entrambi gli strumenti possono essere utilizzati sia durante un percorso di studi (apprendistato di primo o terzo livello e tirocinio curriculare), sia dopo gli studi (apprendistato professionalizzante e tirocinio extracurriculare). Tuttavia, rispetto all’apprendistato, il tirocinio non costituisce un contratto di lavoro e, dunque, comporta meno oneri e maggiore flessibilità per il datore di lavoro, ma, al contempo, si presta ad abusi più frequenti, oltre ad essere più difficile da monitorare. Inoltre, un uso improprio del tirocinio danneggia non solo i giovani impegnati in quei tirocini, ma realizza anche dumping nei confronti degli altri giovani che, pur di ottenere un vero contratto di lavoro al posto del tirocinio o al termine di esso, sono disposti ad accettare condizioni economiche e normative ben peggiori.

Per darvi una idea delle dimensioni del fenomeno, basti riportare qualche dato. Il volume complessivo di tirocini extracurriculari attivati dal 2014 al 2019 è stato pari a circa 1milione e 970mila. Dal 2014 al 2019, i tirocini sono cresciuti costantemente, con volumi superiori alle 300mila unità. Nel Sud, in particolare, tra il 2014 e il 2019, il numero di tirocini attivati è più che raddoppiato. Le imprese che hanno ospitato almeno un tirocinante sono state poco meno di 530mila. A fronte di questa crescita, tuttavia, i dati non dimostrano una proporzionale crescita delle competenze, e il rischio, pertanto, è che i tirocini siano usati solo come inserimento in azienda e non come momento formativo. Nello specifico del Programma Garanzia Giovani, rivolto ai NEET in età 15-29 anni dal maggio 2014, i dati mostrano che il tirocinio extra-curriculare è stato l’intervento di politica attiva più utilizzato tra quelli previsti: circa il 56% dei giovani presi in carico e avviati ad un percorso di politica attiva in Garanzia Giovani è in tirocinio. Per contro c’è stata una scarsa attuazione delle misure di apprendistato di primo livello (per l’acquisizione di una qualifica professionale) e di terzo livello o di alta formazione (per l’acquisizione di un titolo di studio di scuola secondaria superiore e di istruzione terziaria). Per questo, una corretta valorizzazione dell’apprendistato e dell’occupazione giovanile di qualità, che noi stiamo perseguendo, richiede un intervento normativo ampio che armonizzi i vari strumenti in questione: tirocinio curriculare, tirocinio extracurriculare e apprendistato.

Abbiamo approntato un pacchetto di questo tipo già da svariati mesi, ma la pandemia e gli eventi internazionali ne hanno fatto slittare l’approvazione in Consiglio dei Ministri. Io però continuo a credere fermamente che la qualità dell’occupazione giovanile non sia un tema che si può costantemente rimandare in nome di imprevisti più urgenti. L’occupazione giovanile è un’emergenza che merita immediate soluzioni, e spero che da queste audizioni emerga una comunanza d’intenti che ci consenta di procedere speditamente.

Del pacchetto di norme su tirocini e apprendistati che abbiamo sviluppato, è stata già inserita nella Legge di Bilancio per il 2022 una disposizione finalizzata ad avviare un percorso condiviso con le Regioni per la definizione di nuove linee guida sui tirocini extracurriculari. Questa scelta deriva dal fatto che il tirocinio extracurriculare, essendo formazione professionale, è di competenza regionale e non potrebbe perciò essere normato in legislazione nazionale. Serviva dare il via a un percorso condiviso con le Regioni per nuove linee guida sui tirocini extracurriculari, e la norma avvia esattamente il confronto tecnico-politico che porterà alla Conferenza Stato-Regioni entro giugno 2022. Le linee guida dovranno prevedere una congrua indennità di partecipazione, accanto a una durata massima e a limiti numerici di tirocini attivabili in relazione alle dimensioni dell’impresa. Andranno poi definiti i livelli essenziali della formazione e sarà necessario redigere un bilancio delle competenze possedute all’avvio dell’esperienza e di quelle acquisite alla sua conclusione, per garantirne la qualità formativa. Inoltre, l’attivazione di nuovi tirocini sarà vincolata all’assunzione di una quota minima di tirocinanti. L’elemento probabilmente più innovativo e al tempo stesso divisivo della norma riguarda l’azione sulla platea, in quanto i tirocini extracurriculari dovranno essere circoscritti ai soggetti con maggiore distanza dal mercato del lavoro (in questo senso va intesa la dicitura “difficoltà di inclusione sociale”), e cioè con maggior necessità di formazione professionale. L’importanza di agire sulla platea dei soggetti beneficiari, e non solo sulle imprese ospitanti, deriva dalla constatazione che la limitazione del numero di tirocini in base alle dimensioni di impresa (già presente nelle linee guida del 2017) è stata certamente importante, ma non ha arginato efficacemente i tanti episodi di abuso purtroppo ancora diffusi. Per questo, al fine limitare l’uso distorto del tirocinio – e salvaguardarne quindi le sue potenzialità formative – serve agire non solo sulla domanda di tirocinanti come fatto sinora, bensì anche sull’offerta. Restringendo la platea a chi necessita davvero di formazione si valorizza la finalità formativa di questo strumento, spesso trascurata, che – ricordo – non costituisce un contratto di lavoro per inserire i giovani in azienda, ma uno strumento di formazione da utilizzare nei confronti di coloro che necessitano di una effettiva formazione.

Lasciatemi essere ancora più chiaro: alcuni commentatori gridano all’allarme restrizioni tirocinio in quanto si “abolirebbe” uno strumento di politica attiva efficace per l’inserimento. I dati non ci dicono questo. I dati mostrano innanzitutto che i tirocini oggi vengono svolti prevalentemente nei confronti dei soggetti più qualificati (che quindi potrebbero essere assunti con veri contratti) e mostrano che le assunzioni al termine del tirocinio sono concentrate sempre tra i più qualificati. I giovani che hanno svolto un tirocinio extracurriculare in Garanzia Giovani risultano mediamente più istruiti e in possesso di livelli di occupabilità mediamente più elevati rispetto al contesto generale dei giovani NEET iscritti al Programma. Quello che accade, perciò, è che se il tirocinio può essere attivato per qualunque giovane, si sostituisce un vero contratto di ingresso con un tirocinio per i giovani che ha già le qualifiche per essere assunto, per cui l’assunzione al termine non è un merito del tirocinio ma un risultato meccanico di progressione aziendale. Ciononostante, sono comunque largamente maggioritari i tirocini al termine dei quali non c’è alcuna assunzione, perché nei confronti dei giovani meno qualificati, invece, si instaura un deleterio meccanismo di turnazione degli stagisti che danneggia sia i giovani stessi sia la valorizzazione del capitale umano per il tessuto produttivo. Affermare perciò che i soggetti più qualificati devono essere assunti con un vero contratto, e che invece il tirocinio extracurriculare deve invece essere riservato a chi è più distante dal mercato del lavoro e necessita di vera formazione, non equivale a “buttare il bambino con l’acqua sporca” come ho sentito dire. Significa invece operare esattamente la distinzione tra bambino e acqua sporca. Perché, nella situazione attuale, un’intera generazione sta annegando nell’acqua sporca della precarietà, mascherata da politica attiva.

Il contratto principe di ingresso in azienda per i giovani deve invece diventare l’apprendistato, e perciò su questo tema e sui tirocini curriculari abbiamo sviluppato un percorso normativo – che intendo condividere con voi, in quanto legislatore, con le Regioni e con le parti sociali. So bene che ci sono proposte in queste Aule Parlamentari già in discussione in Commissione, e so che il nostro gruppo di lavoro ministeriale sulle politiche giovanili ha avuto un proficuo dialogo a riguardo con l’intergruppo parlamentare “Next Generation Italia”.

Il mio obiettivo, nel pacchetto che abbiamo sviluppato e che spero di poter presentare a breve, è quello di intervenire normativamente su apprendistato e tirocinio, mettendo a frutto questo dialogo e il prezioso lavoro di indagine conoscitiva svolto da questa Commissione, partendo proprio dalle proposte in discussione nel Parlamento, per fare sintesi tra esse e gli spunti che ci giungono dalle Regioni e dalle parti sociali, in modo da poter definire una disciplina quanto più condivisa ed efficace possibile.

Sui tirocini curriculari, l’obiettivo è quello di fornire per la prima volta una legislazione chiara e coerente in materia che promuova e valorizzi lo strumento, anche alla luce dell’interlocuzione con i Ministeri dell’Istruzione e della Ricerca, per favorire la transizione tra il mondo della scuola e universitario e quello del lavoro attraverso regole più precise e tutelanti. Per farlo bisogna inserire un rimborso delle spese sostenute che ne consenta una fruizione più equa da parte degli studenti di qualsiasi provenienza socioeconomica e garantendone la qualità formativa, oltre al rafforzamento di tutele minime e del ruolo di garante dei soggetti promotori dei tirocini.

Sull’apprendistato, prevediamo di intervenire in ottica di semplificazione, maggiore chiarezza e facilità di utilizzo di questo strumento, attraverso suggerimenti e istanze che ci sono stati segnalati dagli organismi tecnici e tramite consultazioni con le parti sociali. L’obiettivo è quello di ampliare la diffusione dello strumento, rendendolo il contratto principe di formazione e di inserimento nel mercato del lavoro, consentendo un’occupazione sempre di qualità e un innalzamento delle competenze professionali per i giovani.

L’anno 2022 è stato dichiarato dall’Unione Europea l’Anno europeo dei giovani. Alla luce di questo, serve coltivare una proficua collaborazione tra Governo, Parlamento, Regioni e province autonome, titolari costituzionalmente della competenza in tema di formazione professionale e transizione dall’istruzione al lavoro, per predisporre norme e misure più coerenti finalizzate al miglioramento della transizione scuola-lavoro, della qualità dell’occupazione giovanile e dell’indipendenza, oltre che del welfare delle nuove generazioni. Inoltre, garantire una occupazione di qualità e stabile per i giovani significa anche garantire loro un montante contributivo per una pensione adeguata.

Ci stiamo muovendo, quindi, su più tavoli, dando vita a diversi gruppi di lavoro, anche con le Regioni e il Ministero dell’Istruzione, che ringrazio per la collaborazione e disponibilità, al fine di instaurare una sinergia nella delicata fase della transizione scuola-lavoro. Serve sviluppare una visione di sistema nelle riforme prescritte dal PNRR su orientamento e istituti tecnici, serve potenziare la formazione per gli adulti in ottica di apprendimento permanente, e serve ragionare a modi e strumenti per far sì che formazione e lavoro possano coesistere più efficacemente, senza che uno svilisca l’altro, durante tutta la carriera professionale di un individuo.

Da questo punto di vista, l’apprendistato è lo strumento vincente da promuovere e potenziare ma dal quale bisogna anche trarre importanti lezioni per valorizzare la formazione anche oltre l’ingresso nel mercato del lavoro e in costanza di rapporto di lavoro.

Inoltre, in collaborazione con gli altri Ministeri, vorrei lavorare per la definizione di ulteriori elementi che facilitino l’orientamento e la transizione dalla scuola al lavoro e l’autonomia giovanile, anche grazie all’integrazione dei servizi del Ministero del Lavoro nella piattaforma Giovani2030 predisposta dal Dipartimento per le politiche giovanili.

A questo si affianca anche il lavoro di rafforzamento di Garanzia Giovani, promosso sulla base dei riscontri di questo Parlamento e della raccomandazione del Consiglio UE, oltre che dell’ascolto delle realtà giovanili. Il lavoro di rafforzamento si basa sull’utilizzo delle risorse residue del PON IOG e sulla programmazione delle nuove risorse del PON “Giovani, donne e lavoro” all’interno del nuovo quadro finanziario europeo, valorizzando le misure di attivazione che hanno mostrato risultati occupazionali migliori, con un approccio quindi empirico e in sinergia con le nuove reti di sostegno di cui ho parlato prima – tra cui i già citati sportelli giovani nei Centri per l’impiego.

Secondo lo stesso spirito di condivisione inter-governativa, a gennaio, con un decreto congiunto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le politiche giovanili, abbiamo adottato un Piano nazionale di emersione e orientamento dei giovani inattivi, denominato “Neet Working”, che punta a ridurre questo deleterio fenomeno. Il Piano intende utilizzare un approccio metodologico definito a livello centrale che sia in grado, attraverso la collaborazione con gli attori presenti sul territorio, comprese le organizzazioni sindacali, di promuovere strategie efficaci di individuazione, coinvolgimento e attivazione dei NEET, secondo logiche di prossimità territoriale.

Attraverso questo approccio condiviso e basato sul dialogo sociale, che ha d’altronde caratterizzato le varie riforme messe in campo sinora dal mio Ministero, lavoreremo anche alle ulteriori azioni normative in programma su donne e lavoratori più precari, oltre che sulla lotta al lavoro sommerso. Ragionando con le parti coinvolte, come facciamo oggi, su come migliorare l’ingresso nel mercato del lavoro agendo su tirocini e apprendistati; ma anche ragionando su se e come estendere la sperimentazione del PNRR riguardo condizionalità e premialità per l’occupazione giovanile alla legislazione ordinaria e a tutti i bandi e appalti della Pubblica Amministrazione. Il principio di quell’intervento infatti è stato esteso al DDL appalti, approvato dal Senato e ora all’esame della Camera, nel quale è stata inserita la previsione di promuovere – per tutte le gare e i bandi pubblici – meccanismi di premialità per realizzare le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa dei disabili. Inoltre si stabilisce il principio che i costi della manodopera e per la sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso. Ancora, si prevede che sia garantita l’applicazione dei contratti collettivi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative e che siano assicurate ai lavoratori in subappalto le stesse tutele economiche e normative, oltre a quelle contro il lavoro irregolare.

Un tema importante, che va affrontato insieme, sarà quello poi dell’effettiva implementazione di queste norme. È importante il coinvolgimento di tutti gli organi amministrativi e delle parti sociali, che voi state audendo, per far sì che agli obiettivi dichiarati corrispondano poi effettivi miglioramenti per l’occupazione dei lavoratori più svantaggiati. Servirà per esempio monitorare le stazioni appaltanti per verificare che effettivamente facciano rispettare le condizionalità negli appalti, e che siano verificati i requisiti per la qualità occupazionale e salariale.

Sui salari dobbiamo anche fare un ragionamento ulteriore e molto importante, perché sappiamo bene di essere l’unico Paese in Europa nel quale i salari reali negli ultimi 30 anni sono diminuiti. Se osserviamo la composizione anagrafica di questo dato, notiamo che in realtà per gli over-50 i salari sono leggermente aumentati, mentre è nelle fasce d’età più giovani che si sono concentrate le principali riduzioni salariali. E quando ci lamentiamo del mismatch tra domanda e offerta, ricordiamoci che parallelamente lamentiamo anche il problema dell’emigrazione della manodopera qualificata: poniamoci quindi il dubbio che forse il mismatch non è dovuto solo alla mancata formazione dell’offerta, ma a un valore inadeguato del parametro che dovrebbe portare all’equilibrio tra domanda e offerta di lavoro, e cioè il salario. Con un salario troppo basso, i giovani più qualificati sono più motivati ad andare a cercare opportunità migliori all’estero. Si tratta di un fenomeno che grava sulla produttività del Paese, che comunque negli ultimi decenni è cresciuta (seppure meno della media europea), senza però riflettersi su una crescita dei salari.

Senza la valorizzazione della manodopera, non solo perdiamo le migliori “forze lavoro” sulle quali abbiamo investito per tutti gli anni di formazione, spendendo importanti risorse pubbliche, ma stiamo anche tradendo la fiducia di una generazione che è la più qualificata della Storia – eppure al tempo stesso la più precaria e meno retribuita. Serve dimostrare a questa generazione che le Istituzioni innanzitutto comprendono le loro difficoltà, e che non riducono tutto a un “mismatch” dovuto a formazione carente o a giovani troppo “choosy” che preferiscono stare sul divano piuttosto che lavorare; serve poi tradurre questa consapevolezza in azioni concrete e un impegno deciso per un’occupazione giovanile di qualità, che passa certamente attraverso migliore formazione e un sistema duale più efficace, ma anche attraverso condizioni di lavoro più tutelanti e salari più dignitosi.

Vorrei poi approfittare di una prospettiva di dialogo e riforme condivise, per porre a voi e alle parti sociali un ragionamento di più ampio respiro sul mercato del lavoro. Serve capire, insieme, se alla luce delle novità normative che le transizioni ci richiedono e richiederanno, abbiano ancora un senso tutte le tipologie contrattuali attualmente presenti o se il rischio di una frammentazione eccessiva del mercato del lavoro non ci suggerisca invece l’opportunità di compiere una razionalizzazione degli strumenti attualmente presenti. Su questo ho intenzione di convocare le parti sociali e credo che il Parlamento possa essere un prezioso alleato per compiere insieme un ragionamento di questo tipo.

Un esempio di ciò è presentato dalla transizione digitale, che ci porta a ragionare su come valorizzare l’apporto delle piattaforme digitali, inscrivendone l’operato all’interno del perimetro di certezza del diritto, smontando la retorica dell’occasionalità della prestazione e avviando delle relazioni istituzionali che possano garantire uno sviluppo sostenibile del settore. In questa direzione vanno l’introduzione delle comunicazioni obbligatorie per le piattaforme di lavoro digitali, già entrata in vigore, e la nostra proposta di estendere le tutele già previste per i riders a tutti i lavoratori delle piattaforme digitali.

In linea con la proposta di direttiva europea ci proponiamo anche di fornire un quadro giuridico chiaro per la qualificazione dei rapporti contrattuali. Lo sviluppo giusto di un mercato digitale del lavoro si estende ben oltre il perimetro delle piattaforme digitali. Bisogna introdurre nuovi diritti digitali per i lavoratori le cui condizioni e modalità di lavoro sono definite dall’utilizzo di algoritmi e intelligenza artificiale. L’obiettivo è di ridurre le asimmetrie informative, garantendo trasparenza e responsabilità nella gestione algoritmica. Le ripercussioni di un abuso di questi strumenti e di un’errata classificazione dei lavoratori, tanto per il lavoro tramite piattaforme quanto per i giovani erroneamente inquadrati come tirocinanti, non si limitano al riconoscimento di minori tutele per i lavoratori stessi, accentuando le disuguaglianze ed escludendoli da forme di protezione sociale, ma creano anche disequilibri nella tenuta dei sistemi previdenziali, perdite di gettito fiscale e svantaggi indiretti per gli operatori del settore non digitalizzati. Percorsi di questo tipo, tanto sugli strumenti di ingresso nel mercato del lavoro quanto sul mercato stesso in senso più ampio, devono necessariamente essere condivisi innanzitutto tra Governo e Parlamento, ma anche con l’intera cittadinanza attraverso i corpi intermedi.

È mia ferma intenzione quindi potenziare questo rapporto costante con il Parlamento, le diverse amministrazioni, le parti sociali e gli enti del terzo settore, attraverso un approccio di condivisione che per me rappresenta non solo un metodo, ma un vero e proprio valore per lo sviluppo di una legislazione rigorosa, efficace e vicina ai bisogni dei lavoratori […]”.