La trappola del lavoro povero in Europa”

(Fonte; greenreport.it, 12 Dicembre 2023).

Sostegno a regimi di reddito minimo adeguati e alla protezione sociale per proteggere chi lavora dalla miseria.

“Mentre in Italia è appena terminato un inverecondo balletto parlamentare sul salario minimo e ancora risuona lo stridore delle unghie per l’arrampicata sugli specchi dei Partiti di destra, secondo il Rapporto “Advocacy Toward Adequate Minimum Income Schemes” dell’European Anti-Poverty Network (EAPN), «Negli ultimi due anni, gli stati sociali nazionali in Europa sono stati messi sotto crescente pressione. La crisi economica generata dalla pandemia ha comportato un crescente rischio di povertà per le persone in posizioni vulnerabili – come coloro che vivono in famiglie a basso reddito, donne, genitori single, migranti, giovani e comunità razzializzate – nonché un aumento dei tassi di disoccupazione».

Secondo Eurostat, nel 2021, 95,4 milioni di persone. oltre un quinto dell’intera popolazione dell’Unione europea, era  rischio di povertà, gravemente deprivata materialmente o viveva in famiglie con un’intensità di lavoro molto bassa e l’EAPN evidenzia che «La situazione attuale ricorda il ruolo centrale delle reti di sicurezza sociale nel far fronte agli shock economici. Oggi, tutti gli Stati membri dell’Ue (SM) dispongono di regimi di reddito minimo (MIS), ma variano significativamente da Paese a Paese in termini di adeguatezza, accessibilità e ammissibilitàz.

L’8 dicembre 2022, nell’ambito del piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR), il Consiglio europeo ha finalmente adottato la raccomandazione del Consiglio sul reddito minimo adeguato che garantisce l’inclusione attiva. Anche se l’EAPN ha accolto favorevolmente la Raccomandazione del Consiglio come «Un’importante pietra miliare verso un reddito minimo adeguato» aottolinea che «Solo una Direttiva quadro garantirebbe uno standard minimo di MIS in tutta l’Ue, in particolare contro le riforme nazionali per limitare l’accesso e le condizioniz.

Per questo l’ EAPN ha progettato un kit di strumenti per aiutare i suoi membri e qualsiasi organizzazione che lotta per l’inclusione sociale a sostenere un migliore sistema di reddito minimo, utilizzando come punto di partenza l’attuazione della raccomandazione del Consiglio sui sistemi di reddito minimo adeguati nell’Ue e spiega che «Questo toolkit mira a fornire ai membri informazioni brevi e chiare sul contenuto della raccomandazione del Consiglio, sui processi e sulle opportunità di impegno a livello nazionale e dell’Ue. Contiene inoltre suggerimenti ed esempi di buone pratiche, utili per costruire una
strategia di advocacy forte ed efficace verso l’attuazione della Raccomandazione del Consiglio sul reddito minimo adeguato a livello nazionalez.

Lineke Smit, della filiale olandese di EAPN, sottolinea su Horizon the EU reserach & Innovation Magazine che «Se non hai vissuto la povertà, non puoi sapere cosa vuol dire e quanto profondamente ti tocca. Avere un lavoro non è garanzia di rimanere fuori dalla povertà».

La Smit ha partecipato a Working Yet Poor (o WorkYP), un progetto di ricerca che ha ricevuto finanziamenti Ue per esaminare il fenomeno della “povertà lavorativa” e formulare raccomandazioni politiche per combatterlo. Il progetto si è concluso nel gennaio 2023 dopo tre anni e la Smit ha contribuito a dare voce alle persone che soffrono di povertà attraverso EAPN, che esercita pressioni a livello europeo e nazionale a favore delle persone che affrontano l’esclusione sociale e consente loro  la partecipazione diretta. Insieme ad altri rappresentanti nazionali, ha descritto ai ricercatori le difficoltà economiche delle persone e ha raccontato di una donna che allevava 4 figli e lavorava nell’assistenza domiciliare. La donna era divorziata, i pagamenti degli alimenti erano spesso in ritardo e il suo lavoro non richiedeva abbastanza ore per far quadrare i conti.  La Smit sottolinea che «E’ una storia familiare di stress a lungo termine e di crescenti problemi di salute: una routine quotidiana che non lascia alcuna possibilità per una migliore istruzione per aumentare il potenziale di reddito o per una vita sociale.  Si parla molto dei lavoratori poveri, ma c’è anche molta negazione. Spesso viene visto come un problema individuale».

La povertà lavorativa  – che l’opposizione in Italia ha cercato di affrontare col salario minimo rinviato dal governo Meloni –  descrive le persone occupate che vivono in una famiglia con un reddito disponibile inferiore al 60% del salario medio nazionale.  Secondo il Rapporto “In-work poverty in Europe. A study of national policies” pubblicato dell’European Social Policy Network della Commissione Ue  nel 2017, «Quasi il 10% della popolazione attiva dell’Ue – ovvero circa 20,5 milioni di persone – era a rischio povertà».

Su Horizon Magazine Ali Jones ricoprda che «I segnali d’allarme includono case scarsamente riscaldate, debiti crescenti e l’incapacità di pagare i beni di base della vita moderna: dai pasti sani e vestiti nuovi quando necessari a una connessione Internet ed eventi sociali occasionali. Un altro segnale di allarme è la mancanza di denaro per coprire le spese imprevistez.

Per avere un quadro più chiaro della povertà lavorativa e ideare modi per affrontarla, WorkYP ha analizzato 7 Paesi europei con diversi sistemi sociali e giuridici: Belgio, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia e Svezia e i ricercatori hanno individuato 4 principali tipologie di impiego legate molto spesso alla povertà lavorativa: lavori a basso salario, lavoro autonomo, contratti di lavoro flessibili e i contratti gig-economy occasionali a zero ore. Ne è venuto fuori che «In questi 4 gruppi, una percentuale compresa tra il 20% e il 25% delle persone rischia di affrontare la povertà lavorativa».

Luca Ratti, che ha guidato WorkYP e professore associato di diritto del lavoro europeo e comparato all’Université du Luxembourg, avverte che «Nessuna misura politica da sola può affrontare il fenomeno perché è profondamente radicato in particolari fasce della società. La povertà non è un fenomeno che colpisce le persone orizzontalmente in tutto il mercato del lavoro. E’ raggruppata all’interno di gruppi specifici di lavoratori e li chiamiamo persone vulnerabili e sottorappresentate».

Dal progetto è emerso che «I benefici familiari hanno un effetto diretto sulla riduzione della povertà lavorativa, più dei salari minimi».  E, secondo Ratti, «Questo perché quanto più grande è la famiglia, tanto maggiori sono le risorse di cui dispone per far fronte alle crisi economichez.

Il progetto ha prodotto  raccomandazioni per combattere la povertà lavorativa in tutti i paesi dell’Ue, con misure che vanno dall’adeguamento dei sistemi di sicurezza sociale in modo che tengano conto del lavoro non standard alla garanzia di salari adeguati.

Anche se gli europei sono i più ricchi del mondo dopo i nordamericani, oltre il 20% della popolazione dell’Ue è a rischio di povertà o esclusione sociale. Un quinto dei bambini europei vive in povertà e i gruppi vulnerabili lo sono diventati ancora di più a causa della crisi economica innescata dalla pandemia di Covid-19 nel 2020 e del conseguente aumento dell’inflazione legata all’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari.

La Commissione europea ha fissato l’obiettivo di ridurre entro il 2030 il numero di persone che vivono in povertà di almeno 15 milioni, tra cui almeno 5 milioni di bambini, un obiettivo è sancito nel  piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali a partire da marzo 2021. Anche la nuova legislazione europea sui  salari minimi adeguati fa parte della risposta Ue.

Rune Halvorsen, professore di politica sociale all’ Oslomet – storbyuniversitetet, ha guidato EUROSHIP, un progetto di ricerca finanziato dall’Ue e conclusosi nel luglio 2023 che ha seguito  da 200 persone in difficoltà economiche in Estonia, Germania, Ungheria, Italia, Norvegia, Spagna e Regno Unito e spiega che il team di ricercatori ha trovato «Enormi differenze nel tenore di vita e nella povertà tra gli Stati membri, soprattutto tra l’est e il sud dell’Europa da un lato e l’ovest e il nord dall’altro».

EUROSHIP si è concentrato su tre gruppi: giovani adulti che passano dallo studio a al lavoro; lavoratori con contratto precario e con famiglie da accudire; anziani e  disabili con problemi di salute. Parlando con le persone che vivono in povertà, i ricercatori hanno riscontrato «L’assenza dell’equilibrio tra lavoro e vita privata che la maggior parte degli altri raggiunge in generale». I partecipanti, avevano poco tempo, denaro o energie per fare altro che il proprio lavoro o accudire le loro  famiglie.  Un  fenomeno è particolarmente marcato per le madri di minoranze etniche provenienti da un contesto migratorio, soprattutto quelle single. Secondo EUROSHIP, «Il sostegno sociale può alleviare la grave privazione, ma raramente la cancella».  Per Halvorsen e Ratti «La nuova legge europea sul salario minimo evidenzia il ruolo che l’Ue può svolgere in un’area in cui la responsabilità politica spetta ancora in modo schiacciante ai governi nazionali».  E nell’Italia che rottama il reddito di cittadinanza e boccia il salario minimo in uno dei Paesi più colpiti dal lavoro povero,  siamo evidentemente di fronte all’irresponsabilità

Secondo Halvorsen, «L’Ue dovrebbe ampliare la sua attenzione per aiutare le persone al di fuori del mercato del lavoro, cercando di garantire un reddito minimo. I programmi di reddito minimo in molti Paesi europei stanno restando indietro rispetto alla crescita del reddito medio, diminuendone il valore».

Ad esempio, nell’Ungheria di Orb an amico della Meloni e di Salvini, la protezione del reddito minimo è inferiore al 40% del reddito medio, ma Halvorsen fa notare che «Anche nella Norvegia, relativamente ricca, i beneficiari di sussidi di reddito minimo corrono un notevole rischio di povertà. L’Ue può fornire un ulteriore livello di sicurezza e protezione ai suoi cittadiniz.

Ratti conclude: «I politici di tutta Europa hanno bisogno delle informazioni fornite dalla ricerca Ue sul campo.  Le discussioni politiche tendono a semplificare eccessivamente le risposte. E’ necessaria una strategia globale da una prospettiva nazionale, ma anche da una prospettiva europea. L’Ue e i suoi Stati membri dovrebbero prendere in considerazione ulteriori misure per aiutare le persone in povertà, compresi trasferimenti “mirati” di sicurezza sociale, sostegno al reddito universale e riqualificazione continua. La ricerca futura dovrà affrontare il modo in cui le persone cadono nella povertà lavorativa e come ne escono. E’ in gioco la credibilità dei regimi di previdenza sociale in Europa. E’ davvero il banco di prova per l’efficacia delle politiche pubbliche».

E forse è proprio quello che non hanno ancora capito gli italiani.