Sulla nomina del difensore di fiducia (art. 96 c.p.p.).
Cassazione Penale, Sez. V, 2 settembre 2021, n. 32754Sulla nomina del difensore di fiducia. Cassazione Penale, Sez. V, 2 settembre 2021, n. 32754.
Nota di Gemma Lais
È valida la nomina del difensore di fiducia, se non effettuata nel rispetto delle formalità indicate dall’art. 96 c.p.p.?
La pronuncia trae origine dal ricorso presentato dal difensore dell’imputato contro l’ordinanza della Corte d’appello di Lecce -sez. distaccata di Taranto- che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello, proposto avverso la sentenza resa dal Tribunale di Taranto. L’inammissibilità si fondava sul fatto che l’atto di impugnazione risultava sottoscritto solo da uno dei difensori che dagli atti non risultava in nomina. La Corte distrettuale aveva pertanto ritenuto che non fossero state rispettate le formalità di cui all’art. 96 c.p.p. [1]. In ogni caso, la Corte distrettuale aveva specificato che non si potevano ritenere sussistenti elementi inequivoci dai quali la designazione potesse desumersi per facta concludentia, poiché non era stato rinvenuto in atti alcun dato da cui desumere la volontà dell’imputato di farsi assistere da entrambi gli avvocati. I motivi di gravame concernevano la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e c) e, nonché la violazione della lett. e) della medesima disposizione.
La Corte di Cassazione, aderendo all’orientamento maggioritario, ha ritenuto valida la nomina effettuata dall’imputato e conseguentemente privo di vizi l’atto sottoscritto unicamente dal difensore che, all’origine, non risultava dagli atti in nomina. La Corte ha quindi annullato senza rinvio il provvedimento impugnato, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Lecce -sezione distaccata di Taranto.
Dal testo della pronuncia.
[…] Cass. pen., sez. V, ud. 20 aprile 2021 (dep. 2 settembre 2021), n. 32754. Presidente Miccoli – Relatore Mauro.
Ritenuto in fatto.
Con ordinanza del 18.11.2020, la Corte d’appello di Lecce – sez. distaccata di Taranto, dichiarava de plano l’inammissibilità dell’appello, proposto da C.G. avverso la sentenza resa dal Tribunale di Taranto il 7 luglio 2014, in quanto l’atto di impugnazione, proposto nell’interesse dell’imputato – assente già nel giudizio di primo grado, ma assistito in quella sede dall’avv.to d’ufficio Claudia Funiati -, era stato sottoscritto unicamente dall’avv.to Donato Salinari, di cui non risultava in atti la nomina. Rilevava la Corte distrettuale che non erano state rispettate le formalità di cui all’art. 96 c.p.p., ma che in ogni caso – quand’anche si intendesse aderire all’orientamento meno rigoroso della giurisprudenza di legittimità secondo cui è valida la nomina del difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall’art. 96 c.p.p., in presenza di elementi inequivoci dai quali la designazione possa desumersi per facta concludentia – non era dato rinvenire in atti nessun dato da cui desumere la volontà dell’imputato di farsi assistere dall’avv.to Salinari nella presentazione dell’atto di gravame dal momento che l’imputato era rimasto contumace nella precedente fase del giudizio ed era stato assistito da un difensore d’ufficio. 2. Ricorre l’avv.to Donato Salinari, quale difensore dell’imputato, articolando due motivi di ricorso, che possono essere esposti congiuntamente, con cui lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e c) e, con il secondo, anche la violazione della lett. e). Il ricorrente deduce l’irritualità della decisione adottata dalla Corte d’appello e sostiene che la Corte avrebbe dovuto decidere nel contraddittorio delle parti nelle forme previste per il procedimento camerale dall’art. 127 c.p.c., comma 1, in quanto la decisione adottata de plano aveva fortemente penalizzato l’imputato che, diversamente, avrebbe potuto difendersi in ordine al profilo di inammissibilità (poi dichiarato) relativo al difetto di procura. L’errore ravvisato nella decisione impugnata, secondo la prospettazione difensiva, deriva dal fatto che la Corte avrebbe dovuto fissare l’udienza al fine di garantire il contraddittorio delle parti in quanto sussistevano elementi in atti che già non consentivano di escludere categoricamente l’assenza di nomina del difensore e ciò, soprattutto, in considerazione del fatto che in atti vi era l’ordinanza di ammissibilità dell’incidente di esecuzione, promosso dall’imputato a mezzo dell’avv.to Salinari, che aveva consentito la rimessione in termini per l’impugnazione della sentenza di primo grado; per effetto della stessa, infatti, i termini per l’impugnazione erano ricominciati a decorrere dal 9 marzo 2020 (la sentenza di primo grado è del 7/4/2014). 3. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Pietro Gaeta, ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, per il prosieguo.
Ritenuto in diritto.
Il ricorso è fondato. La Corte d’appello, aderendo all’orientamento, invero non pacifico, di questa Corte regolatrice (da ultimo, Sez. 1, n. 18244 del 02/04/2019, Costantin, Rv. 275470) secondo cui la nomina del difensore di fiducia è atto formale che non ammette equipollenti, ha ritenuto inammissibile l’appello non risultando in atti l’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 96 c.p.p., commi 2 e 3, e ha ritenuto, per tale motivo, di poter procedere de plano ex art. 127 c.p.p., comma 9. Tale decisione, ad avviso del collegio, non può essere condivisa. Ed invero, occorre segnalare che sul punto nella giurisprudenza di questa Corte regolatrice si registrano due opposti orientamenti: per un primo e minoritario orientamento nomofilattico (che è quello qui seguito dal giudice distrettuale), è il legislatore a richiedere che la nomina del difensore di fiducia dell’imputato risulti con certezza nel processo; la nomina, quindi, si afferma, è “atto formale che non ammette equipollenti” in considerazione del ruolo nevralgico che il difensore riveste nel processo e, di conseguenza, devono essere osservate in modo scrupoloso le forme e le modalità indicate dal legislatore, non potendosi affidare all’imputato la facoltà di scegliere il modo di presentazione o di comunicazione della nomina (così, Sez. 1, n. 18244 del 2/4/2019, Costantin, Rv. 275470; Sez. 5, n. 4874 del 14/11/2016, (dep. 2017), D’Amico, Rv. 269493; Sez. 5, n. 24053 del 27/4/2016, Grigore, Rv. 267321; Sez. 3, n. 37817 del 12/6/2013, Iannone, Rv. 256531; Sez. 1, n. 35127 del 19/4/2011, Esposito, Rv. 250783; Sez. 3, n. 21391 del 3/3/2010, M, Rv. 247598). Secondo altro orientamento, a cui questo Collegio ritiene di aderire, invece, è valida la nomina del difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall’art. 96 c.p.p., in presenza di elementi inequivoci dai quali la designazione possa desumersi per facta conciudentia. (Sez. 5, n. 540 del 18/2/2020, Iannetti, Rv. 278815-02; Sez. 3, n. 47133 del 24/4/2018, Orfeo, Rv. 274323 – 01; Sez. 5, n. 36885 del 3/2/2017, Verrucchi, Rv. 271270; Sez. 6, n. 54041 del 7/11/2017, G, Rv. 271715; Sez. 4, n. 34514 dell’8/6/2016, Saadaoui, Rv. 267879; Sez. 1, n. 38625 del 22/9/2014, Macrì, Rv. 260900; Sez. 5, n. 35696 del 25/6/2014, Lovecchio, Rv. 260300; Sez. 2, n. 31193 del 17/4/2015, Mennini, Rv. 264465; Sez. 1, n. 39235 del 14/3/2014, Sehapi, Rv. 260513; Sez. 2, n. 19619 del 13/2/2014, Bruno, Rv. 259931) e ciò in quanto le disposizioni di cui all’art. 96 c.p.p., commi 2 e 3, pur individuando forme e modalità necessarie per la nomina del difensore di fiducia, non hanno natura inderogabile, bensì tipicamente ordinatoria e regolamentare, suscettibile, pertanto, di un’interpretazione ampia ed elastica in bonam partem e non escludono la rilevanza di comportamenti concludenti inequivocabilmente finalizzati ad accreditare il difensore verso l’autorità procedente. Ne consegue che è valida la nomina del difensore di fiducia desumibile da comportamenti concludenti e inequivoci da cui possa desumersi la designazione del difensore e il conferimento del mandato fiduciario. Ai fini del corretto svolgimento del rapporto processuale, si ritiene., che l’autorità giudiziaria debba acquisire la certezza che la parte interessata abbia manifestato realmente la volontà di conferire al professionista l’incarico di difenderla e non è essenziale che tale volontà si manifesti espressamente, ben potendo ugualmente raggiungere lo scopo anche attraverso comportamenti concludenti. Il termine “dichiarazione” contenuto nell’art. 96 c.p.p., deve quindi essere inteso, alla luce del principio del favor defensionis, che ispira la disciplina del processo penale, quale “manifestazione di volontà, che può essere espressa o tacita” (così, in motivazione, Sez 3, n. 17056 del 26/1/2006, Chirico, Rv. 234188) e che non necessita di formule sacramentali. Ciò precisato, coglie nel segno il ricorrente là dove sostiene che la Corte distrettuale, prima di affermare che non vi era traccia del rapporto fiduciario (anche ove non fossero presenti nel fascicolo gli atti concernenti l’incidente di esecuzione promosso dall’imputato a mezzo del difensore di fiducia ritualmente nominato e che si è concluso con la declaratoria di non esecutività della sentenza di primo grado resa il 7.4.2014), avrebbe comunque dovuto considerare che l’imputato era stato rimesso in termini per l’impugnazione e, proprio il principio del favor defensionis, avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a non procedere de plano, ma a fissare l’udienza onde verificare la sussistenza del mandato. La procedura de plano, come correttamente osservano il Procuratore generale e il difensore del ricorrente, è stata allora adottata impropriamente in considerazione delle conseguenze da essa derivanti (la perdita per l’imputato di un grado di giudizio) e della peculiarità dell’accertamento che non può ritenersi piano ed immediato al pari, ad esempio, di quello relativo ad un’impugnazione proposta fuori termine. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte regolatrice quello secondo cui la dichiarazione di inammissibilità dell’appello possa essere pronunziata secondo le forme prescritte dall’art. 127 c.p.p., in quanto, non avendo il legislatore previsto espressamente alcuno schema procedimentale da applicare quando viene adottata siffatta pronunzia, è corretto, nel silenzio della legge, far riferimento alla disciplina ivi stabilita. Il comma 9 di tale articolo prevede che, ove riscontrata una causa di inammissibilità dell’atto introduttivo del processo, il giudice possa dichiararla anche senza formalità di procedura, ossia anche de plano, sulla base delle sole allegazioni del ricorrente e senza la necessità di alcun contraddittorio, salvo che sia diversamente stabilito (Sez. 3, n. 34823 del 30/01/2017, Filardo, Rv. 270955; Sez. 3, n. 745 del 02/10/2018, dep. 2019, C., Rv. 274570; Sez. 4, n. 8867 del 19/02/2020 Brencich, Rv. 278605; Sez. 2, n. 24808 del 24/07/2020, Koiyf, Rv. 279553). Il ricorso a siffatta procedura de plano però si ritiene precluso (conf. Sez. 3, n. 50339 del 22/09/2016 P.O. in proc. Britti, Rv. 268387; Sez. 3, Sentenza n. 11690 del 03/03/2015, Rv. 262982). Ove, però, come nella vicenda che ci occupa, l’inammissibilità non sia riscontrabile immediatamente, ma presupponga valutazioni nè piane, nè immediate, essa deve essere pronunziata, ricorrendone le condizioni sostanziali, all’esito dell’udienza camerale partecipata, fissata a norma dell’art. 127 c.p.p., comma 1. Il principio della ragionevole durata del processo, che impone di celebrare in forma il più possibile semplificata quei giudizi che non richiedono alcun esame sostanziale delle questioni dedotte con l’atto introduttivo, avrebbe dovuto, dunque, nella vicenda qui in esame, affievolirsi rispetto al prevalente principio del favor defensionis. Alla luce di tali considerazioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi alla Corte d’appello di Lecce -sezione distaccata di Taranto, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto, per l’ulteriore corso.
Note
[1] Art. 96 c.p.p. Difensore di fiducia.
1.L’imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia.
2. La nomina è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata.
3.La nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, finché la stessa non vi ha provveduto, può essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme previste dal comma 2.
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