1.Le Sezioni Unite della Cassazione, con ordinanza n. 15601/23, depositata il 1° giugno 2023, hanno sancito il difetto assoluto di giurisdizione in merito all’azione popolare ex art. 9 del Tuel (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), promossa con ricorso innanzi al Tribunale di Padova da alcuni elettori del Comune di Anguillara Veneta, sostenuti ad adiuvandum dall’Associazione politica Europa Verde-Verdi, avverso la delibera consiliare dello stesso Comune adottata il 25 ottobre 2021, con la quale era stata attribuita la cittadinanza onoraria a Jair Messias Bolsonaro (i cui antenati erano emigrati da Anguillara Veneta verso la fine del 1800), all’epoca presidente del Brasile.

È opportuno ricordare che solo due settimane prima della suddetta delibera, nella giornata mondiale delle popolazioni indigene, l’Ong All-Rise aveva accusato il Presidente del Brasile di crimini contro l’umanità a causa della deforestazione perpetrata in Amazzonia, in quanto le azioni del Presidente erano “un attacco sistematico all’Amazzonia, alle sue foreste e ai suoi difensori, che provocano sofferenze in tutto il mondo”. Era la terza volta che Jair Bolsonaro veniva chiamato a fare i conti con la Corte Internazionale di Giustizia: nel 2019 era stato accusato di incitamento al genocidio dei popoli indigeni dalla Commissione ARNS e dal CADHU (Collettivo di avvocati per i diritti umani) e nel 2020 una causa simile era stata intentata dall’APIB (Articulação dos Povos Indígenas do Brasil). Sempre nel 2021, la Corte Penale Internazionale dell’Aja aveva aperto un procedimento, in fase di indagini preliminari, contro l’allora Presidente Bolsonaro per l’ipotesi di istigazione al genocidio

È altresì utile ricordare, infine, che quattro settimane dopo il deposito dell’Ordinanzadelle Sezioni Unite, l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato condannato all’ineleggibilità per otto anni dal Tribunale elettorale brasiliano, in quanto ritenuto colpevole di abuso di potere e uso distorsivo dei media a fini elettorali. 

2.Secondo i giudici della S.C. “la cittadinanza onoraria, essendo un titolo onorifico con valenza meramente simbolica, non costituisce alcuna posizione soggettiva in capo al destinatario in termini di status civitatis o anche di semplice residenza anagrafica, né incide sulla posizione dei cives, venendo essa conferita dal consiglio comunale – organo di rappresentanza della comunità territoriale di riferimento – nell’ambito di un’attività libera ed autonoma, non soggetta ad alcuna normazione e non vincolata ad un fine desumibile dal sistema; conseguentemente, il cittadino elettore non ha una pretesa giustiziabile a far valere vizi di legittimità della relativa deliberazione di conferimento, neppure con l’azione popolare di cui all’art. 9 del Testo Unico sugli Enti Locali, che riguarda azioni di tipo sostitutivo e non correttivo, in cui gli attori si pongano in contrasto con l’ente stesso.

Tuttavia, anche a fronte di una benemerenza conferita per operare esclusivamente sul piano simbolico, non può essere esclusa –in casi estremi (si pensi, per esempio, alla cittadinanza onoraria che venisse conferita ad una persona assolutamente indegna perché condannata per gravi crimini)– la garanzia della giustiziabilità e dell’intervento del giudice comune, non già per esercitare un sindacato su un atto ex se improduttivo di effetti nella sfera giudica di soggetti terzi, bensì per sanzionare le conseguenze di un fatto illecito, perché offensivo di quel comune sentimento di giustizia rappresentato dal tessuto di principî attraverso i quali si esprimono, secondo la Costituzione, le condizioni della convivenza, in relazione ai valori della persona e delle libertà democratiche.

3. Di seguito alcuni passi dell’Ordinanza.

“[…] Va affermato il seguente principio di diritto: “La cittadinanza onoraria, essendo un titolo onorifico, con valenza meramente simbolica, non costituisce alcuna posizione soggettiva in capo al destinatario, in termini di status civitatis o anche semplicemente di residenza anagrafica, e neppure incide nella posizione dei cives, venendo essa conferita dal consiglio comunale – organo di rappresentanza della comunità territoriale di riferimento – nell’ambito di una attività libera ed autonoma, non soggetta ad alcuna normazione e non vincolata ad un fine desumibile dal sistema; ne consegue che il cittadino elettore non ha una pretesa giustiziabile a far valere vizi di legittimità della relativa deliberazione di conferimento, neppure con l’azione popolare di cui all’art. 9 del testo unico sugli enti locali, riguardando essa azioni di tipo sostitutivo e non correttivo, in cui gli attori si pongano in contrasto con l’ente stesso”.

Il difetto assoluto di giurisdizione fotografa il ritrarsi della giurisdizione da un atto, il conferimento della cittadinanza onoraria, non perimetrato da una disciplina di legge, improduttivo di effetti nella sfera giuridica del beneficiario e di soggetti terzi e disposto sulla base di scelte libere ed autonome da parte di un organo, il consiglio comunale, rappresentativo della comunità territoriale e investito di funzioni di indirizzo politico.

I meccanismi di controllo non passano, dunque, attraverso la giustiziabilità dell’atto, ma sono affidati alla discussione libera e democratica: dentro l’aula del consiglio comunale, dove si confrontano dialetticamente le forze di maggioranza e di minoranza liberamente elette, portatrici di diversi ideali; fuori del palazzo municipale, sui giornali, nei dibattiti televisivi e nelle piazze, anche virtuali, delle nostre città. Il cittadino elettore che, sulla base delle proprie convinzioni ideali o della appartenenza politica, dissenta dalla deliberazione del consiglio comunale attributiva della civica benemerenza ad una personalità che egli ritenga non meritevole dell’onorificenza, ha, a propria disposizione, gli strumenti delle libertà costituzionali, dei diritti fondamentali, della democrazia e del pluralismo, in un contesto che assegna alla loro garanzia, promozione e tutela una dimensione anche internazionale e sovranazionale. Egli ha il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, in un sistema che assicura la libertà di stampa e il pluralismo delle fonti di informazione e delle notizie; può sollecitare, con petizioni o campagne di sensibilizzazione, la revoca del beneficio; ha il diritto di riunirsi ed associarsi con altri per collaborare in vista di uno scopo comune; ha il diritto di partecipare attivamente alla vita di un partito o all’azione politica, per concorrere a determinare la politica nazionale o del Comune in cui vive; ha il diritto di esercitare il diritto di voto, che è anche un dovere civico.

Tuttavia, anche a fronte di una benemerenza conferita per operare esclusivamente sul piano simbolico, non può essere esclusa, in casi estremi (si pensi, per esempio, alla cittadinanza onoraria che venisse conferita ad una persona assolutamente indegna perché condannata per gravi crimini), la garanzia della giustiziabilità e dell’intervento del giudice comune: non per esercitare un sindacato su un atto di per sé normalmente improduttivo di effetti nella sfera giudica di soggetti terzi, ma per sanzionare le conseguenze di un fatto illecito, perché offensivo di quel comune sentimento di giustizia rappresentato dal tessuto di principi attraverso i quali si esprimono, secondo la Costituzione, le condizioni della convivenza, in relazione ai valori della persona e delle libertà democratiche”.