Sulle tecniche legislative dell'Unione: "legiferare meglio"
22 Settembre 2016Sulle tecniche legislative dell’Unione europea, con particolare riferimento a “Legiferare meglio”.
di Gianni Arrigo
1.Introduzione.
1.1.La lunga crisi economica e finanziaria ha indotto le istituzioni europee ad adottare alcuni provvedimenti concernenti una metodologia intelligente di redazione degli atti legislativi dell’Unione e una migliore loro attuazione basata sulla condivisione delle proposte normative tra tutte le parti interessate (in particolare cittadini ed imprese, mentre non si citano adeguatamente le Organizzazioni sindacali) e le istituzioni Ue coinvolte nell’intero ciclo di produzione della legislazione UE. A tale riguardo, la Commissione pubblicò il 19 maggio 2015 la Comunicazione “Legiferare meglio per ottenere risultati migliori-Agenda dell’Ue”, seguita dall’Accordo Inter-istituzionale “Legiferare meglio” del 13 aprile 2016, tra Parlamento europeo, Consiglio dell’UE e Commissione.
Il nuovo approccio alle metodologie di adozione delle norme Ue, voluta dalla Commissione presieduta da J.C. Juncker, si basa su innovative tecniche di elaborazione e redazione degli atti normativi, che consentano di conseguire gli obiettivi prioritari dell’Unione, a tal fine facendo sì che tali provvedimenti siano massimamente comprensibili ai cittadini europei e concretamente utili alle loro esigenze e ai loro bisogni.
Prima di esaminare i suddetti documenti del 2015 e 2016, è opportuno svolgere una breve analisi dei più significativi atti delle istituzioni Ue in materia di metodologie e tecniche di redazione della legislazione europea.
1.2. Sin dalla redazione delle Conclusioni del Consiglio europeo d’Edimburgo (dicembre 1992) e dell’accordo interistituzionale del 29 ottobre 1993, alla corretta redazione delle norme Ue la Commissione europea dedicava una relazione annuale. In particolare, la Relazione del 1998 dal titolo “legiferare meglio” riferiva dell’opera dei tecnici della Commissione nell’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e della loro attenzione nel rendere la legislazione comunitaria “più accessibile” mediante la migliore qualità relazionale, la semplificazione, la codificazione e un accesso più agevole dei cittadini all’informazione; a tal fine la Commissione ricordava che per conseguire l’obiettivo di “legiferare meglio” era necessario che tutte le istituzioni comunitarie e gli Stati membri agissero in modo coerente. Si trattava, in altri termini di condividere una responsabilità comune, in particolare nell’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.
1.3..Come noto, in applicazione del principio di sussidiarietà, l’intervento dell’Unione nelle materie di competenza non esclusiva è costruito in termini negativi e vincolato al verificarsi di una duplice condizione, ovvero che l’azione dell’Unione, per la portata e gli effetti, sia più adeguata di quella a livello statale, regionale e locale e che gli obiettivi non possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri. In particolare l’Unione deve risultare più idonea rispetto ad uno Stato membro a disciplinare un settore non tanto per il carattere transfrontaliero dell’azione da porre in essere, quanto per il grado di impatto che intende conferire all’azione medesima. La portata e l’intensità dell’azione dell’Unione devono essere valutate, poi, in rapporto al principio di proporzionalità, che impone di graduare – nell’esercizio delle competenze sia esclusive che concorrenti – i mezzi prescelti rispetto alle caratteristiche dell’obiettivo di volta in volta perseguito. In ossequio a questo criterio, l’istituzione dovrà anzitutto determinare all’interno di un ampio ventaglio di possibilità, l’atto che va concretamente, posto in essere. Più in generale il principio di proporzionalità impone che l’esercizio di una determinata competenza risponda a tre requisiti sostanziali. In primo luogo, esso deve essere utile e pertinente per la realizzazione dell’obiettivo per il quale la competenza è stata conferita. In secondo luogo deve essere necessario e indispensabile; ovvero qualora per il raggiungimento dello scopo possano essere impiegati vari mezzi, la competenza sarà esercitata in modo da recare meno pregiudizio ad altri obiettivi o interessi degni di eguale protezione (criterio di sostituibilità). Infine, se queste condizioni sono soddisfatte sarà poi necessario provare che esista un nesso tra l’azione e l’obiettivo (criterio di causalità). Si tratta, in buona sostanza, di identificare una ragionevole simmetria tra misure da adottare e scopi da perseguire, evitando interventi dell’Unione eccessivi e, talora, inutili o dannosi.
1.4.In linea con tali orientamenti il 5 dicembre 2001 la Commissione adottava la Comunicazione dal titolo “Semplificare e migliorare la regolamentazione”, con la quale ammetteva che, a quasi dieci anni dal Consiglio di Edimburgo, gli sforzi compiuti in tema di semplificazione e miglioramento della regolamentazione, non avevano conseguito “gli obiettivi, per la complessità del compito e la mancanza di un reale sostegno politico”. Pertanto, il miglioramento e la semplificazione regolamentare rimanevano una “necessità assoluta per l’avvenire dell’Unione”.
La Commissione aveva affrontato la suddetta questione nel Libro Bianco del 25 luglio 2001: dovendo individuare migliori e più efficaci metodi di legislazione Ue, aveva indicato nei seguenti i motivi dell’adozione di misure in tema di attività normativa: a) “il rafforzamento della legittimità democratica del progetto europeo” doveva “portare l’Unione ad operare per una migliore legislazione, più semplice, più adeguata ai problemi incontrati e anche più accessibile”; b) lo sviluppo economico e sociale dell’Unione esigeva “un quadro regolamentare chiaro e preciso per garantire la protezione dei cittadini e la competitività delle imprese” in grado di migliorare “la sicurezza giuridica” e limitare “i costi della cattiva qualità regolamentare”; c) la prossima prospettiva di allargamento ai Paesi candidati rendeva necessaria la semplificazione della regolamentazione.
Nell’ambito della strategia per una reale semplificazione della normativa Ue la Commissione individuava quattro priorità: a) la semplificazione dell’aquis comunitario; 2) la redazione di una legislazione preparata in modo migliore e più adeguata; 3) una nuova cultura nell’ambito delle istituzioni e, 4) un miglior recepimento e una più efficace applicazione del diritto comunitario.
A sua volta, il PE, muovendo sulla stessa linea, adottava il 16 maggio 2006 una Risoluzione che sosteneva con “fermezza il processo di semplificazione […], come pure l’obiettivo di assicurare un contesto normativo necessario, semplice ed efficace”. A tal fine tale processo doveva basarsi su “una serie di condizioni preliminari”, quali: a) la piena partecipazione del Parlamento europeo al dibattito inter-istituzionale sulla semplificazione e, in qualità di co-legislatore, all’adozione della legislazione soggetta alla predetta azione; b) “una consultazione ampia e trasparente di tutte le parti interessate, ivi inclusi non solo gli Stati membri e le imprese ma anche le organizzazioni non governative”; c) il miglioramento “della generale trasparenza del processo normativo, in particolare aprendo al pubblico le discussioni del Consiglio quando esercita la funzione legislativa”. L’anno seguente (il 4 settembre 2007) il PE adottava un’altra Risoluzione sulla Strategia per la semplificazione del contesto normativo, ribadendo i principi metodologici diretti allo snellimento delle norme enunciati nei documenti anteriori ed osservando che “i fattori di successo delle iniziative di semplificazione” erano: a) una solida piattaforma metodologica, migliorata grazie alla consultazione di tutti i soggetti interessati; ) lo sviluppo di analisi settoriali; c) la stretta cooperazione fra la Commissione, il PE e il Consiglio e, c) il ricorso ancor più esteso all’autoregolamentazione e alla co-regolamentazione.
1.5.A fronte di (e malgrado) tali sforzi delle istituzioni Ue, la Commissione, con la Comunicazione del 8 ottobre 2010, rilevava in termini oggettivi come la crisi avesse messo in luce “l’esigenza di porre rimedio, spesso con vera urgenza, a una regolamentazione incompleta e scarsamente efficace nei suoi esiti”. A tale riguardo osservava come l’impostazione normativa dovesse, necessariamente, favorire gli interessi dei cittadini “contribuendo fattivamente al raggiungimento di tutti gli obiettivi di interesse generale, dalla stabilità finanziaria alle misure per contrastare il mutamento climatico”. In tal senso, le normative dell’Unione avrebbero dovuto contribuire “a garantire la competitività delle imprese sostenendo il mercato unico e superando l’onerosa frammentazione del mercato interno determinata da norme nazionali differenziate”. Di conseguenza, la Commissione riteneva giunto il momento di impegnarsi a “legiferare con intelligenza” sulla base dei seguenti criteri di azione: aa) prendere in esame l’intero ciclo politico della norma, dall’ideazione dell’atto alla sua attuazione, applicazione, valutazione e revisione; ab) condividere la responsabilità dell’attività legislativa tra le istituzioni europee e gli Stati membri; ac) tenere nella dovuta considerazione “le opinioni di coloro che la normativa investe più direttamente”.
Di conseguenza, “legiferare con intelligenza” presupponeva l’implementazione di tre misure: 1) la semplificazione delle norme Ue; 2) la contestuale riduzione degli oneri amministrativi e, 3) la valutazione dell’efficacia della legislazione.
In merito a tali aspetti, la Commissione proponeva di “intensificare l’impegno per migliorare la qualità della legislazione esistente attraverso alcune specifiche iniziative. In prima istanza, occorreva verificare che tutte le proposte “rilevanti di nuova legislazione o di revisione della normativa vigente” fossero “di massima fondate su una valutazione della disciplina in atto”. A seguire, si sarebbe dovuta garantire la trasparenza mediante la “pubblicazione su un sito web apposito” delle “valutazioni programmate in modo da permettere agli Stati membri e alle parti interessate di elaborare tempestivamente i loro contributi”. Il passo successivo, avrebbe previsto l’effettuazione di quattro check up in tema di ambiente, trasporti, politica occupazionale, sociale e industriale. Pertanto, si sarebbe dovuto: a) completare il programma di riduzione degli oneri amministrativi entro il 2012; b) migliorare il sito internet di consultazione; c) invitare gli Stati membri ad “avvalersi delle possibilità di esenzione offerte dalla normativa dell’Unione per determinate imprese come le Pmi” e, d) “eventualmente” adattare “la composizione del gruppo ad alto livello di parti interessate indipendenti, affinché rispecchi il lavoro più ampio in materia di semplificazione normativa e di riduzione degli oneri amministrativi, garantendo una rappresentanza alle PMI e al settore non commerciale”.
Il procedimento legislativo avrebbe dovuto essere accompagnato, necessariamente, da un sistema di valutazione d’impatto affinché esso si fondasse su “riscontri oggettivi” e “i benefici e costi delle scelte politiche” risultassero trasparenti. Sul punto, il comitato per la valutazione d’impatto avrebbe dovuto svolgere un ruolo chiave. Dunque, i tecnici della Commissione ritenevano “essenziale” garantire che le misure proposte dalla Commissione risultassero “necessarie, economicamente sostenibili e di elevata qualità”.
Inoltre, la legislazione Ue doveva essere attuata correttamente al fine di poter conseguire gli obiettivi prefissi. Pertanto, diventava essenziale garantire una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione. A tal fine, per “migliorare le modalità di recepimento, attuazione e controllo dell’applicazione della legislazione Ue” era opportuno: a) rafforzare l’analisi dei predetti aspetti nelle “valutazioni a posteriori della legislazione, badando a garantire che gli esiti” trovassero riscontro nelle “valutazioni d’impatto relative alle proposte nuove o rivedute”; b) sviluppare i piani di attuazione della legislazione Ue chiedendo agli Stati membri di produrre delle tavole di corrispondenza da cui fosse possibile evincere come “la legislazione nazionale” avesse recepito “gli obblighi imposti dalle direttive Ue”; c) continuare a migliorare l’efficacia del dispositivo EU Pilot e, infine, prendere in esame le modalità di miglioramento di SOLVIT.
Inoltre, occorreva rendere la legislazione più chiara e accessibile: questo obiettivo poteva essere raggiunto con lo snellimento e il consolidamento dei testi legislativi e facilitando l’accesso degli Stati membri alle banche dati giuridiche (come EUR-lex). Infine, la Commissione sottolineava il ruolo fondamentale del PE e del Consiglio nel procedimento legislativo e, in particolare, nella c.d. “legislazione intelligente” e l’importanza di una corretta, ampia ed effettiva consultazione dei cittadini e delle parti interessate al procedimento legislativo (senza però menzionare espressamente le Parti sociali) .
N.B.: EU PILOT è un sistema per rispondere rapidamente alle denunce presentate da cittadini e imprese. SOLVIT è un servizio gratuito fornito dall’amministrazione nazionale di ogni paese dell’UE e di Islanda, Liechtenstein e Norvegia. Si tratta in prevalenza di un servizio online. Per ogni caso segnalato, SOLVIT punta a trovare una soluzione entro 10 settimane dal giorno in cui è stato notificato al centro SOLVIT del paese in cui il problema si è verificato. Tale sistema può intervenire: in caso di violazione dei diritti Ue o delle imprese da parte della pubblica amministrazione di un altro paese dell’UE; se non è stato avviato un procedimento giudiziario..
2. Il Programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT)
2.1. La cit. Comunicazione del 12 dicembre 2012 si caratterizzava soprattutto per l’introduzione di un Programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione; d‘altronde la situazione economica richiedeva che la legislazione Ue fosse ancora più efficace ed efficiente nel conseguimento dei suoi obiettivi d’interesse generale “dimostrando di avere un chiaro valore aggiunto”; ciò comportava la creazione di un “quadro regolamentare semplice, chiaro, stabile e prevedibile per le imprese, i lavoratori e i cittadini”. Per raggiungere tali obiettivi, la Commissione avviava il Programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT), basandosi sulla propria esperienza di valutazione e riduzione degli oneri amministrativi. Tale strumento mirava ad individuare “oneri, incoerenze, lacune e misure inefficaci” con modalità d’impiego trasparenti. REFIT includeva anche ABR Plus; questo programma si concentrava sulla riduzione degli oneri amministrativi (Administrative Burden Reduction Programme–ABR). La Commissione richiamava l’importanza dell’adozione di alcune delle principali metodologie di lavoro già enunciate nella sua Comunicazione dell’8 ottobre 2010: la valutazione d’impatto, la consultazione dei cittadini e delle parti interessate, il coinvolgimento degli Stati membri nella fase di attuazione delle norme e l’incremento della chiarezza e accessibilità alla legislazione.
L’anno dopo, il 7 marzo 2013, la Commissione emanava una Comunicazione in cui individuava i dieci atti legislativi più gravosi per le piccole e medie imprese, che dovevano essere semplificati. Tra questi, v’era, innanzitutto, il Regolamento REACH in tema di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione di sostanze chimiche e, poi , a seguire la normativa in materia di IVA; la normativa quadro sui rifiuti; le prescrizioni in tema di mercato del lavoro, protezione dei dati, orario di lavoro, controllo del settore trasporti, codice doganale, sicurezza dei prodotti e, infine, riconoscimento delle qualifiche professionali. In ordine a tali temi, il Consiglio emanava tre note: nella nota del 22 maggio 2013 riconosceva l’importanza della “Smart regulation” in funzione degli obiettivi dei cittadini e, principalmente, delle piccole e medie imprese dell’Ue enfatizzandone la corretta ed efficace implementazione; in quella del 4 dicembre 2014 svolgeva un ulteriore richiamo al fondamentale ruolo della “legislazione intelligente” e, in particolare, al programma REFIT, considerato strategico per il raggiungimento degli obiettivi Ue; inoltre, in questa nota sottolineava l’importanza della valutazione d’impatto e delle metodologie di semplificazione della normativa. Infine, con la nota del 28 aprile 2015, la Commissione ribadiva l’importanza della programmazione, della migliore regolamentazione e della consultazione esperta in merito agli atti delegati. Inoltre, operava un richiamo allo strumento della valutazione d’impatto ai fini dell’aumento della competitività.
3. La seconda edizione della Guida Pratica comune per la redazione dei testi legislativi dell’UE.
3.1.Nel dicembre 2014, a distanza di un anno e mezzo dalla nota del 22 maggio 2013, il PE, il Consiglio e la Commissione, pubblicavano la seconda edizione della Guida Pratica comune per la redazione dei testi legislativi dell’Unione europea. La Guida è articolata in sei parti dedicate in particolare ai Principi generali di redazione delle norme Ue, alle modalità di impostazione e costruzione delle Parti dell’atto, ai criteri di inserimento dei riferimenti interni ed esterni alla norma, alle modalità di modifica degli atti esistenti.
3.2. Il testo contiene indicazioni pratiche per la redazione delle norme Ue.
3.2.1. Secondo l’art. 1.1 la scrittura degli atti giuridici deve essere “chiara” in quanto “facilmente comprensibile”, “priva di equivoci”, “semplice, concisa, esente da elementi superflui” e, “precisa”, affinché non lasci dubbi nella “mente del lettore. La regola in questione, enunciata nell’incipit del testo, è “ispirata al buon senso” ed è “espressione di principi generali del diritto” quali: “l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, nel senso che la legge deve essere accessibile e comprensibile per tutti” e “la certezza del diritto” poiché “l’applicazione della legge deve essere prevedibile” (art. 1.2). La corretta applicazione di tale principio “assume particolare importanza per gli atti giuridici dell’Unione, destinati a inserirsi in un sistema non solo complesso ma anche multiculturale e multilingue” (art. 1.2.1). Sul punto, il documento osserva come l’applicazione di tale regola persegua un duplice scopo: “da un lato, rendere più comprensibile gli atti; dall’altro, prevenire le controversie derivanti dalla scarsa qualità redazionale dei testi (art. 1.2.2). Non a caso si precisa che “le disposizioni oscure possono essere interpretate in modo restrittivo dalla Corte di giustizia dell’Unione europea”: in tal caso si otterrà “l’effetto contrario a quello che si era perseguito introducendo nel testo una certa vaghezza al fine di risolvere i problemi sorti durante le trattative per l’adozione della disposizione” (art. 1.3). Nel testo non si manca di osservare come “le esigenze della semplicità e della precisione” possano confliggere e come “la semplificazione” vada spesso “a scapito della precisione e viceversa”. Dunque, “nella pratica” sarà opportuno “trovare un punto di equilibrio in modo da garantire la massima precisione della norma senza tuttavia comprometterne la comprensibilità”; il punto di equilibrio potrà “variare a seconda dei destinatari della norma” (art. 1.4). Pertanto, l’estensore della norma dovrà “mirare a ricondurre la volontà del legislatore a concetti semplici onde poterla poi esprimere in modo semplice, usando per quanto possibile i termini del linguaggio corrente”. Inoltre, soggiunge, il testo, all’occorrenza il redattore della disposizione “privilegerà la chiarezza dell’enunciato rispetto alla bellezza dello stile. Eviterà, ad esempio, l’uso di sinonimi o di costrutti diversi per esprimere una stessa idea”.
3.2.2. Gli atti dell’Unione devono essere formulati tenendo conto del tipo di provvedimento che si vuole redigere. Dunque, se si tratterà di atti vincolanti, quali i regolamenti, essendo quest’ultimi “direttamente applicabili e integralmente obbligatori”, le norme in essi contenute dovranno essere redatte in modo tale che i destinatari non abbiano dubbi circa i diritti e gli obblighi da essi stabiliti” (art. 2.2.1). Diversamente, la direttiva, pur essendo obbligatoria per gli Stati, dovrà essere formulata in modo “meno particolareggiato per lasciare agli Stati membri un sufficiente margine discrezionale al momento del recepimento nel diritto interno”. Di conseguenza, se “l’articolato è troppo dettagliato e non offre pertanto un sufficiente margine discrezionale” sarà “preferibile ricorrere allo strumento del regolamento anziché a quello della direttiva” (art. 2.2.2).
3.2.3. Per quanto attiene alle modalità di formulazione dell’atto l’art. 4.1 precisa che la “caratteristica saliente del corretto stile normativo risiede nell’enunciazione concisa delle idee portanti del testo”. Invero, gli “enunciati esplicativi, teoricamente destinati a rendere più comprensibile il testo al lettore, possono costituire una fonte di problemi di interpretazione”. Al riguardo, la Guida offre esempi di errata redazione di un precetto normativo accompagnata dalla versione corretta, in tal modo fornendo esempi pratici e soluzioni pragmatiche ai tanti e complessi problemi che il redattore di norme europee affronta.
3.2.4. Altro aspetto al quale il legislatore Ue deve porre mente è l’adozione di una terminologia coerente con quanto richiamato nel corpo del testo ma anche e soprattutto con i testi vigenti richiamati dalla disposizione oggetto di redazione (art. 6). La coerenza terminologica dev’essere di carattere formale e sostanziale. Sul piano formale ciò comporta che “i medesimi concetti siano espressi con i medesimi termini e che i termini identici non siano usati per esprimere concetti diversi”. Per quanto riguarda l’aspetto sostanziale la “coerenza della terminologia dev’essere verificata anche in relazione al contenuto stesso dell’atto. Ciò significa che l’atto non deve contenere contraddizioni” (artt. 6.2 e 6.3).
3.2.5. Esaminiamo ora alcuni aspetti fondamentali della “costruzione” del precetto normativo europeo.
3.2.5.1. Anzitutto, la scelta del titolo (o rubrica) e il suo contenuto. Secondo l’art. 8.1 della Guida, il “titolo in senso stretto o rubrica, ossia l’enunciato destinato a fornire informazioni sul contenuto essenziale dell’atto, deve consentire di determinare i soggetti interessati”. In proposito, l’estensore deve chiedersi: “quali elementi devono essere inseriti nel titolo affinché i lettori direttamente interessati […] siano indotti a leggere l’atto?” (art. 8.2).
3.2.5.2. Per quanto attiene all’utilizzo dei “visto” il testo osserva come essi indichino la base giuridica dell’atto e le fasi essenziali del suo procedimento di formazione (art. 9). Inoltre, è opportuno che i “visto” siano collocati all’inizio del preambolo e contengano «la base giuridica dell’atto, ossia la disposizione che conferisce la competenza ad adottarlo; le proposte, le iniziative, le raccomandazioni, le domande e i pareri previsti dai trattati».
3.2.5.3. In relazione ai “considerando”, la Guida il documento sottolinea come essi assumano un ruolo fondamentale nell’impostazione dell’atto, posto che, se redatti correttamente, devono contenere in modo conciso le norme essenziali dell’articolato senza riprodurne o parafrasarne il dettato. Essi non possono essere formati da enunciati di carattere normativo o dichiarazioni di natura politica. (art. 10). Secondo l’art. 10.1, i “considerando” devono contenere la motivazione dell’atto. Queste espressioni vanno inserite tra i “visto” e l’articolato stesso. La motivazione viene introdotta con le parole “considerando quanto segue” e “prosegue con punti numerati consistenti in una o più frasi complete”. Su tale aspetto il documento precisa che la motivazione deve essere “redatta con enunciati non precettivi ben distinti da quelli impiegati nell’articolato”.
In caso di regolamenti, direttive e decisioni la motivazione è obbligatoria, in quanto finalizzata ad “informare tutti gli interessati sulle circostanze in cui l’autore ha esercitato la competenza relativa all’adozione dell’atto” nonché a fornire alle “parti delle eventuali controversie la possibilità di tutelare i propri diritti e alla Corte di giustizia dell’Unione europea di esercitare il proprio controllo” (art. 10.2). A riprova dell’importanza attribuita alla motivazione dell’atto, l’art. 10.5.1 statuisce che i “considerando” devono “costituire un’autentica motivazione”. Di talché non vanno citate le basi giuridiche o riprodotti brani della norma citata come base giuridica che conferiscono la competenza ad agire.
3.2.6. Il fondamentale richiamo ai principi di sussidiarietà e proporzionalità comporta che, per poter invocare la loro piena applicazione, è necessario “inserire una motivazione specifica” (art. 10.15). Pertanto, “nell’esercizio delle proprie competenze normative, le istituzioni sono tenute a conformarsi “al principio di sussidiarietà” e a “rendere conto dell’osservanza del medesimo nella relazione illustrativa nonché in modo più conciso, nei considerando” (art. 10.15.2).
Per quanto attiene ai settori di esclusiva competenza dell’Unione l’art. 5.4, TFUE impone il solo rispetto del principio di proporzionalità. In tali casi si espongono le ragioni della proporzionalità mediante un “considerando” così strutturato: “in ottemperanza al principio di proporzionalità, per realizzare l’obiettivo fondamentale (indicare l’obiettivo generale) è necessario e opportuno disciplinare (indicare le misure specifiche dell’atto). Il presente (indicare l’atto) si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in conformità dell’art. 5, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea” (art. 10.15.3).
Viceversa, quando la competenza dell’Unione non è esclusiva, si è tenuti ad esplicitare sia il richiamo al principio di sussidiarietà che a quello di proporzionalità tramite l’uso di siffatte espressioni: “Poiché gli obiettivi del presente (indicare l’atto) non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri (indicare i motivi) ma, a motivo (indicare la portata e gli effetti dell’azione in questione) possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’art. 5 del trattato sull’Unione europea […]” (art. 10.15.4).
Qualora si tratti di un atto vincolante, esso non può contenere disposizioni prive di carattere normativo “come auspici o dichiarazioni politiche, né disposizioni che riproducano o parafrasino passi o articoli dei trattati o confermino una norma vigente”.
3.2.7. La parte della Guida dedicata ai riferimenti interni (orientamenti 16 e 17), agli atti modificativi (orientamenti 18 e 19), alle disposizioni finali, alle clausole di abrogazione e agli allegati (orientamenti 20,21 e 22) contiene una serie di prescrizioni sulla redazione degli atti e la formulazione dell’articolato. In particolare, l’orientamento 16 richiama espressamente la necessità di evitare i richiami ad altri provvedimenti; qualora ciò dovesse verificarsi, i richiami devono essere “tanto precisi da consentire al lettore di consultare agevolmente l’atto cui si fa riferimento” (art. 16.1).
4. La Comunicazione della Commissione del 19 maggio 2015 (“Legiferare meglio per ottenere risultati migliori- Agenda Ue”).
4.1. La Comunicazione del 19 maggio 2015 “Legiferare meglio per ottenere risultati migliori-Agenda Ue” contiene una serie di dichiarazioni di intenti e di motivazioni innovative e indicative della nuova linea di azione strategica della Commissione. Non a caso, la Comunicazione inizia osservando come la Commissione sia “determinata a cambiare quello che l’Unione europea fa e il modo in cui lo fa”. In tal senso “l’Ue, le sue istituzioni e il corpus giuridico sono al servizio dei cittadini e delle imprese: questi devono poterlo constatare nella vita e nelle attività quotidiane”. La Commissione ricorda infine la necessità di “riguadagnare la fiducia di cittadini e imprese nella [nostra] capacità di ottenere risultati effettivi”.
Dall’incipit del documento traspare chiaramente come la Commissione Juncker desideri rappresentare “un nuovo inizio” concentrandosi su una priorità consistente nel trovare “soluzioni ai grandi problemi che gli Stati membri non possono risolvere da soli”: in particolare, le priorità politiche devono guidare l’azione della Commissione. Di conseguenza, “i principi per legiferare meglio” sono “uno strumento destinato a fornire una base per prendere decisioni strategiche tempestive e adeguate, ma non possono mai sostituirsi alle decisioni politiche. […] Ciò vale tanto per la nuova legislazione quanto per l’abbondante corpus legislativo”. Sul punto, il provvedimento precisa che «tutta questa legislazione è fondamentale per lo sviluppo sostenibile, per il mercato unico che guida la nostra economia e per lo sblocco degli investimenti necessari per rilanciare l’occupazione e la crescita”.
Dunque, l’intera legislazione Ue è “alla base del modello sociale europeo e dà un senso alle libertà e ai diritti cari agli europei, tra cui la sicurezza e il diritto alla giustizia”.
Non a caso, sottolinea la Commissione, “il corpus giuridico dell’Ue non solo è una necessità, ma rappresenta anche il nostro grande punto di forza, l’elemento che rende l’Ue qualitativamente diversa da qualunque altro modello di governance collettiva al mondo. Proprio per questo è importante che ogni sua singola misura sia adeguata allo scopo che si prefigge e sia moderna, efficace, proporzionata, operativa e il più semplice possibile”. Pertanto, la Commissione ritiene che, nell’attività legislativa, occorra ispirarsi a principi e metodologie che consentano il raggiungimento degli obiettivi che sono qui di seguito sinteticamente richiamati.
4.2. In particolare, secondo la Commissione occorre procedere nei modi e termini seguenti:
a) Agire adottando un approccio aperto e trasparente. Ciò implica una maggiore attività di consultazione ed un miglior ascolto. A tale riguardo la Commissione osserva che “l’apertura del processo decisionale [può] rendere l’Ue più trasparente [e più pronta] a dar conto delle sue azioni”. Inoltre, continua la Comunicazione, tale approccio “assicura altresì che le politiche siano fondate sui migliori elementi disponibili» affinché esse divengano più efficaci. Non a caso, a tutti i livelli – locale, regionale, nazionale e dell’Ue – solo i destinatari della legislazione che capiscono meglio l’impatto delle norme possono fornire gli elementi necessari per migliorarle”. In tal senso la Commissione intende dare “un ascolto più attento ai cittadini e alle parti interessate ed essere aperta ai loro feedback in ogni fase della procedura: dal concepimento del progetto, alla presentazione della proposta, fino all’adozione dell’atto e alla sua valutazione”. Dunque, nota la Commissione, i nuovi orientamenti per “legiferare meglio” si basano sulle attuali norme minime in materia di consultazioni. Tale approccio rafforza l’impegno dell’Ue di effettuare consultazioni di alta qualità e trasparenti, che raggiungano tutte le parti interessate e si concentrino sugli elementi necessari per formulare proposte adeguate. Tale procedura si sviluppa attraverso due fasi fondamentali: a) le parti interessate sono dapprima poste in condizione di esprimere un loro parere in merito all’intero ciclo di vita di una politica; ciò avviene attraverso l’uso delle “tabelle di marcia” e delle “valutazioni d’impatto iniziali” con le quali i soggetti interessati possono dare i loro feedback; b) tutte le parti interessate possono fornire i loro feedback sugli atti che indicano elementi tecnici o specifici necessari per dare attuazione ad un atto legislativo adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio.
b) Fornire in modo migliore spiegazioni in merito alle attività intraprese. La Commissione si impegna a spiegare in modo più chiaro ed accurato i tipi di intervento intrapresi e le tipologie di risultato perseguite. Ogni sua proposta deve essere accompagnata da una “Relazione migliorata”.
c) Indicare secondo quali modalità la legislazione Ue incide sui cittadini, sulle imprese e sulla società in generale. Le parti interessate devono essere poste in condizioni di poter esprimere i loro feedback in qualsiasi momento ed in riferimento a qualsiasi argomento. Al riguardo l’Ue ha attivato il servizio “Dateci una mano – dite la vostra”.
d) Adottare strumenti migliori per politiche migliori. La Commissione ritiene che “legiferare meglio” non significhi favorire determinate politiche rispetto ad altre. Viceversa, occorre indicare con estrema chiarezza gli obiettivi, garantire che la soluzione politica adottata sia la migliore e la meno onerosa e, infine, esplicitare la reale efficacia delle soluzioni. Particolare attenzione deve essere riposta nell’attività legislativa relativa alle Pmi.
e) Consentire un controllo aperto sulla Commissione. A parere della Commissione, le suddette attività, per essere efficaci, devono essere aperte a più ampi e penetranti controlli. A tale scopo, a partire dal dicembre 2014, il Comitato per la valutazione d’impatto è stato sostituito da un nuovo Comitato per il controllo normativo da parte dei soggetti interessati, al quale sono stati attribuiti maggiori poteri. Tale organismo è legittimato a valutare la qualità delle valutazioni d’impatto. In ogni caso, se la Commissione decide di adottare una misura in assenza di un’adeguata valutazione d’impatto, essa deve fornire pubbliche spiegazioni sui motivi di tale decisione.
f) Condividere l’impegno con tutte le altre istituzioni Ue. La Commissione ha un ruolo fondamentale nell’applicare i principi del “legiferare meglio”. Secondo le norme relative alla produzione legislativa, anche il PE ed il Consiglio sono legittimati ad intervenire nella formazione del corpus normativo dell’Ue. Ebbene, in base a quanto osservato dalla Commissione, detti organi dovrebbero partecipare in modo più attivo a tale processo. Non a caso, già l’Accordo interistituzionale “Legiferare meglio” del 2003 indicava le modalità con le quali “il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea avrebbero dovuto cooperare per garantire la migliore elaborazione possibile della legislazione dell’Ue”. Purtroppo, si fa rilevare nel cit. documento “queste buone intenzioni non sono state rispettate in modo coerente”. Dunque, la Commissione è convinta che un reale cambiamento non sia possibile senza un impegno condiviso di tutte le istituzioni Ue e da ciascuno Stato membro. A tal fine la Commissione ha proposto un nuovo accordo con il PE ed il Consiglio il cui obiettivo è far sì che “tutte le parti si impegnino a legiferare meglio e a collaborare meglio affinché i cittadini, le imprese e la società in generale possano apprezzare i vantaggi che traggono dall’Ue nella loro vita quotidiana”.
Per raggiungere questo obiettivo, il cit. documento invita il PE ed il Consiglio a: fa) dare priorità alle iniziative semplificatrici o migliorative della legislazione vigente secondo quanto indicato dal REFIT; fb) effettuare una valutazione d’impatto di tutti gli emendamenti sostanziali che esse istituzioni vorranno proporre nel corso del procedimento legislativo; fc) concordare sul fatto che la legislazione dev’essere chiara e comprensibile in ogni suo aspetto; fd) convenire che ogni istituzione può chiedere ad un gruppo indipendente di valutare i predetti fattori a seguito di qualunque emendamento sostanziale; fe) concordare sul fatto che la legislazione vigente dovrebbe essere oggetto di un’attenta valutazione prima di procedere ad emendamenti, abrogazioni o, comunque, nuove iniziative; ff) includere sistematicamente in ogni nuovo atto disposizioni che ne consentano il monitoraggio e la valutazione; fg) esortare gli Stati membri a recepire il diritto Ue senza l’applicazione ingiustificata della clausola “gold plating”; se uno Stato membro intende applicare questa clausola, deve motivarla debitamente; fh) convenire su una nuova intesa comune sugli atti delegati. Ciò dovrebbe comportare l’indicazione chiara dei criteri di distinzione tra atti delegati e atti d’esecuzione; fi) impegnarsi a redigere testi normativi di qualità migliore affinché la legislazione Ue sia corretta, comprensibile, chiara e coerente; fl) promuovere le rifusioni degli atti legislativi e, da ultimo, fm) garantire la massima accessibilità possibile al diritto Ue.
g) Aggiornare il corpus normativo dell’Ue. Col tempo anche la legislazione più moderna può rivelarsi obsoleta; questo rischio devessere evitato attraverso una continua riconsiderazione ed eventuale modifica della regolamentazione vigente.
h) Dare piena attuazione al Programma REFIT. A tale proposito, la Commissione ritiene opportuno rafforzare tale programma affinché diventi mirato, quantitativo, inclusivo e incorporato nel processo decisionale politico. I risultati dell’attività di REFIT devono essere utilizzati per definire le proposte legislative future.
i) Attivazione di nuove iniziative volte alla riduzione degli oneri. Tra le materie sulle quali la Commissione è già intervenuta o sta intervenendo rientrano gli appalti pubblici, le statistiche sulle imprese e, infine, la legislazione sulle sostanze chimiche.
l) Abrogazione della legislazione obsoleta. Alcune azioni sono già state integralmente realizzate. Altre sono in via di conclusione (si pensi alle verifiche relative al Regolamento n. 178/2002 in tema di sicurezza alimentare).
m) Migliorare l’attuazione del diritto Ue. Le misure da adottare possono consistere nel riesame delle prescrizioni in materia di relazioni per verificare come gli oneri connessi possono essere ridotti; la cooperazione tra Stati membri per individuare le metodologie migliori e più efficaci per garantire il rispetto del diritto Ue; la conclusione dei lavori aventi ad oggetto le banche dati; il monitoraggio della corretta implementazione delle direttive all’interno degli ordinamenti giuridici nazionali.
n) Semplificare la gestione dei fondi europei. Tale iniziativa si concentra, ad esempio, sulla politica agricola e su fondi strutturali.
o) Adottare un approccio inclusivo. Si tratta di incrementare al massimo i contributi delle parti interessate al fine di migliorare la legislazione Ue. In relazione a tale iniziativa si pensi all’importante apporto derivante dalla corretta implementazione del sito web “Dateci una mano –dite la vostra” o alla Piattaforma REFIT.
5. L’Accordo interistituzionale -tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione- del 13 aprile 2016 dal titolo “legiferare meglio”.
La Comunicazione della Commissione del 19 maggio 2015 preannunciava la stipula dell’Accordo Interistituzionale “legiferare meglio” tra Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea e Commissione, poi concluso il 13 aprile 2016.
Tale accordo ha un ruolo chiave nella corretta attività legislativa, in quanto integra le precedenti dichiarazioni per legiferare meglio e, soprattutto, i seguenti accordi inter-istituzionali:
a) Accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 contenente un “Metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi”;
b) Accordo interistituzionale del 22 dicembre 1998 sugli orientamenti comuni relativi alla qualità redazionale della legislazione comunitaria;
c) Accordo interistituzionale del 28 novembre 2001 ai fini di un ricorso più strutturato alla tecnica della rifusione degli atti normativi;
d) dichiarazione comune, del 13 giugno 2007, sulle modalità pratiche della procedura di co-decisione;
e) dichiarazione politica comune, del 27 ottobre 2011, del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sui documenti esplicativi.
L’intesa si basa sull’impegno da parte del PE, del Consiglio e della Commissione a “cooperare in modo leale e trasparente durante l’intero ciclo legislativo”. In tal senso, il cit. documento sancisce, in applicazione dei trattati, la parità dei due co-legislatori, i quali riconoscono lla loro “responsabilità comune nel produrre una legislazione dell’Unione di qualità elevata e nel garantire che tale legislazione si concentri sui settori in cui apporta il massimo valore aggiunto ai cittadini europei, consegua gli obiettivi politici comuni dell’Unione nel modo più efficiente ed efficace possibile, sia quanto più semplice e chiara, eviti l’eccesso di regolamentazione e gli oneri amministrativi per i cittadini, le amministrazioni e le imprese, in particolare le piccole e le medie imprese […] e sia concepita in modo tale da facilitare il recepimento e l’applicazione pratica e da rafforzare la competitività e la sostenibilità dell’economia dell’Unione”.
Le precipue attività necessarie ai fini della piena e corretta esecuzione dell’atto d’intesa sono:
i) La programmazione. Le tre istituzioni convengono di rafforzare il processo di programmazione annuale e pluriennale dell’Unione. Per quanto attiene alla programmazione pluriennale, successivamente alla nomina di una nuova Commissione, le istituzioni sono tenute a procedere ad uno scambio di opinioni in merito agli obiettivi ed alle loro priorità principali “per il nuovo mandato nonché, ove possibile, sul calendario indicativo. Per quanto attiene alla programmazione annuale la Commissione avvia un dialogo con il Parlamento e il Consiglio prima e dopo l’adozione del suo programma di lavoro annuale. Detto dialogo ha ad oggetto gli scambi tempestivi di opinioni bilaterali sulle iniziative dell’anno successivo; dopo il dibattito sullo stato dell’Unione e prima dell’adozione del programma di lavoro della Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno uno scambio di opinioni con l’organo esecutivo in merito a quanto indicato nelle lettere d’intenti; lo scambio di opinioni tra le istituzioni in relazione al programma di lavoro adottato dalla Commissione. Dopo aver adottato il programma di lavoro le tre istituzioni procedono allo scambio di opinioni sulle iniziative per l’anno successivo e concordano una dichiarazione comune sulla programmazione inter-istituzionale annuale (la c.d. “dichiarazione comune”) firmata dai presidenti delle tre istituzioni. Durante l’anno le tre istituzioni seguono «costantemente l’attuazione della dichiarazione comune”. Nel rispetto dei principi di leale cooperazione e di equilibrio istituzionale la Commissione, se intende ritirare una proposta legislativa, «indipendentemente dal fatto che il ritiro debba essere seguito o meno da una proposta riveduta, ne fornisce i motivi e, se del caso, un’indicazione dei passi successivi previsti oltre un calendario preciso e, su queste basi, conduce le opportune consultazioni inter-istituzionali”. Al riguardo l’organo esecutivo dell’Ue deve tenere in debito conto le posizioni dei co-legislatori e provvedere a dare loro risposta. Detta istituzione è tenuta a prestare “rapida ed attenta considerazione alle richieste di proposte di atti dell’Unione formulate dal Parlamento europeo o dal Consiglio […]» ed a rispondere alle cennate proposte entro tre mesi, specificando il seguito che intende darne attraverso una «comunicazione specifica”.
ii) L’adozione di strumenti per legiferare meglio. Sul punto le tre istituzioni riconoscono l’apporto positivo derivante dall’implementazione delle valutazioni d’impatto per il miglioramento della qualità della legislazione dell’Unione. Su tale questione il documento in esame precisa come le valutazioni d’impatto dovrebbero riguardare “l’esistenza, la portata e le conseguenze di un problema” e, conseguentemente, “determinare se sia necessaria o meno l’azione dell’Ue”. Inoltre, esse dovrebbero individuare “soluzioni alternative nonché, laddove possibile, costi e benefici potenziali a breve e lungo termine, valutando gli impatti sotto il profilo economico, ambientale e sociale in modo integrato e equilibrato e fondandosi su analisi qualitative e quantitative”. Presupposto della corretta e legittima esecuzione delle valutazioni d’impatto è il rigoroso rispettato dei “principi di sussidiarietà e proporzionalità” nonché dei “diritti fondamentali”. Sempre sulle modalità di implementazione dei prefati strumenti legislativi, nel testo dell’accordo si sottolinea come le valutazioni d’impatto debbano considerare, ove possibile, il “costo della non-Europa, l’impatto sulla competitività nonché gli oneri amministrativi delle varie opzioni, con particolare attenzione alla PMI (“pensare anzitutto in piccolo”), agli aspetti digitali e all’impatto territoriale. Le valutazioni d’impatto dovrebbero basarsi su informazioni accurate, oggettive e complete ed essere proporzionate quanto alla loro portata e alle tematiche su cui si concentrano”.
iii) L’adozione degli strumenti legislativi. Per ogni sua proposta legislativa la Commissione è tenuta a fornire una spiegazione e una motivazione in merito alla base giuridica invocata ed al tipo di atto legislativo adottato. Tali informazioni sono contenute nella Relazione che accompagna la predetta proposta.
iv) L’adozione di atti delegati e d’esecuzione. Le tre istituzioni riconoscono il “ruolo importante degli atti delegati e degli atti d’esecuzione nel diritto dell’Unione. In particolare, si osserva nel documento, se detti atti sono usati in modo efficace e trasparente e in ‘casi giustificati’ essi possono rivelarsi degli strumenti essenziali per legiferare meglio e, pertanto, contribuire a garantire una “legislazione semplice e aggiornata e una sua attuazione efficace e rapida”. In merito a tali atti, le tre istituzioni hanno adottato una “Convenzione d’intesa”.
v) Trasparenza e coordinamento dell’iter legislativo. Sul punto le istituzioni che hanno sottoscritto l’Accordo riconoscono che il Parlamento ed il Consiglio, in quanto co-legislatori, sono legittimati ad esercitare i loro poteri in “condizioni di parità”. La Commissione è, viceversa, chiamata ad agire in qualità di facilitatore, avendo, pertanto, l’obbligo di trattare in ugual modo i «i due rami dell’autorità legislativa, nel pieno rispetto dei ruoli che i trattati hanno attribuito alle tre istituzioni;
vi) L’attuazione e applicazione della legislazione dell’Unione. Le tre istituzioni ritengono di fondamentale importanza cooperare in “modo più strutturato per valutare l’applicazione e l’efficacia del diritto dell’Unione in vista del suo miglioramento mediante la futura legislazione”. A tal fine occorre applicare in modo tempestivo e corretto la legislazione dell’Unione all’interno degli ordinamenti degli Stati membri;
vii) La semplificazione. V’è la conferma da parte delle tre istituzioni del loro impegno all’uso della tecnica legislativa della rifusione, per la modifica della legislazione vigente. Inoltre, il documento contiene l’impegno da parte delle istituzioni che lo hanno sottoscritto a promuovere strumenti normativi “più efficienti, come l’armonizzazione e il riconoscimento reciproco, per evitare l’eccesso d regolamentazione e gli oneri amministrativi, nonché raggiungere gli obiettivi dei trattati”.
viii) L’attuazione e la verifica dell’accordo interistituzionale. Le istituzioni provvedono al monitoraggio congiunto e periodico dell’attuazione di quanto statuito nell’intesa.
ix) Le disposizioni finali. L’accordo in esame sostituisce l’accordo inter-istituzionale “legiferare meglio” del 16 dicembre 2003 e l’approccio inter-istituzionale comune per la valutazione d’impatto del novembre 2005.
Pertanto, in conclusione, si legge nel cit. documento, considerata la ormai duratura crisi economico finanziaria che mortifica le potenzialità del mercato unico e preso atto dell’esito del referendum britannico del 23 giugno 2016 con il quale il Regno Unito ha deciso di lasciare l’Ue, dei recenti eventi terroristici che ancora una volta hanno colpito la Francia, paese membro fondatore dell’Unione e, infine, del tentativo di golpe in Turchia, paese molto vicino all’Ue in quanto partner commerciale e importante alleato sul piano geopolitico -diviene di precipua importanza procedere all’implementazione in tempi rapidi da parte dell’Unione di concrete azioni, quali l’accordo interistituzionale per “legiferare meglio”, volte a mutare l’approccio operativo alle grandi e gravi tematiche che riguardano l’intera Ue e a comunicare ai cittadini dell’Ue e dei paesi terzi la concreta capacità operativa e la reale forza politica delle istituzioni europee e la loro vicinanza alla popolazione europea in relazione ai suoi numerosi problemi.
6. Sui limiti del REFIT. La posizione della Confederazione europea dei sindacati.
La Confederazione europea dei sindacati (CES) ha sempre dichiarato di essere contraria alla proposta e all’orientamento di sottoporre gli Accordi collettivi a pubbliche consultazioni, perché ciò costituirebbe un autentico vulnus all’autonomia delle parti sociali (1). La CES ha espresso “sconcerto” per l’invito fatto agli Stati membri di evitare il c.d. goldplating. Secondo uno studio effettuato nel 2014 dal Parlamento europeo, il goldplating fa riferimento agli obblighi che vanno oltre quanto richiesto dalla normative dell’Ue: un eccesso di norme, linee guide e procedure a livello nazionale, regionale e locale, che interferiscono con gli obiettivi politici attesi (2), Questa regola non solo manca di fondamenti “costituzionali” nel diritto dell’Unione ma contrasta con la più radicata regola secondo cui le direttive dell’Unione fissano uno standard minimo e non un livello massimo di tutela (3). Inoltre, secondo la CES non è condivisibile né ammissibile affermare che standard di tutela più elevati rappresentino di per sé un eccesso normativo o contrastino con gli obiettivi “politici” della normativa UE(4). La CES, infine, è contraria alla previsione di eccezioni e regimi agevolati per le PMI (5).
NOTE
(1) Cfr. la lettera della CES, del 7 maggio 2015.
(2) Cfr. “Gold-plating in the EAFRD. To what extent do national rules unnecessarily add to complexity and, as a result, increase the risk of errors?”, in www.europarl.europa.eu.
(3) Cfr. la cit. lettera della CES.
(4) Cfr. la “Briefing note on gold-plating” della CES, del 6 maggio 2015 (all. 2).
(5) Cfr. la cit. lettera della CES.
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