Fonte: Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Cerimonia di celebrazione del centenario dell’istituzione della “Stella al Merito del Lavoro”. Palazzo del Quirinale, 5 Dicembre 2023.

“[…] Quando si parla di lavoro, si parla di persone.

Milioni di persone, che hanno contribuito con responsabilità e con dedizione, spesso con sacrificio, al percorso di sviluppo compiuto dall’intero nostro Paese.

Non salmerie al seguito di un’armata di protagonisti incaricati del successo per raggiungere la crescita.

Il lavoro è stato propulsore e avanguardia del progresso.

Lo è stato nell’emancipazione da condizioni individuali di subalternità, anche attraverso l’opera delle organizzazioni dei lavoratori.

Nell’espansione dei diritti e nell’affermazione del loro carattere universale. Nella costruzione di un modello sociale, e di welfare, capace di garantire più alti livelli di sostegno e di assistenza a chi si trova nel bisogno. Nel potenziamento dell’istruzione, nel rafforzamento delle norme sulla sicurezza sociale e delle condizioni di lavoro.

Le Stelle al Merito hanno accompagnato questo lungo cammino.

In alcuni Paesi dell’Europa orientale vi fu un’epoca in cui si proponevano modelli di lavoratori che esprimevano una dedizione fuori del comune per indicarli come “eroi”.

Nella Repubblica Italiana è doveroso pensare ai Maestri del Lavoro come protagonisti e partecipi di un cammino comune, saggi testimoni di quel costume di serio impegno prevalente tra i lavoratori italiani.

Espressione di consapevolezza e di orgoglio di ciò che il lavoro ha rappresentato e rappresenta.

Non a caso le onorificenze dei Cavalieri del Lavoro e quelle delle Stelle al Merito del Lavoro vanno di pari passo.

I costituenti hanno deciso di indicare nel lavoro il fondamento della Repubblica nata dalla Resistenza e dalla Liberazione.

Una scelta generativa – per dirla con un termine efficace e moderno – per piantare solide radici nella società.

Scriveva Giorgio La Pira, prima ancora del voto finale sulla Carta costituzionale, settantacinque anni fa: “Una Costituzione pluralista, a differenza di una Costituzione di tipo statalista o individualista, può edificare il proprio ordinamento soltanto sul lavoro e sulla dignità del lavoro per tutti”.

L’articolo 4, nella prima stesura, era collocato come articolo 31. E’ stato collocato tra i principi generali, proprio per rimarcare il carattere non soltanto economico, bensì comunitario e sociale del lavoro: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.

Il lavoro è, difatti, condizione centrale di un pieno sviluppo della personalità umana. E, quindi, anche, è veicolo di libertà.

Nel contribuire alla crescita della comunità si esprime una parte incomprimibile di noi stessi, di ciascuno di noi.

E l’articolo 4 lega il diritto al dovere: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

A questa etica del lavoro la nostra democrazia resta legata, pur se il lavoro cambia continuamente, sospinto dalle nuove tecnologie, dalle sempre diverse dimensioni dei mercati, da mutamenti che incidono anche sui modelli sociali.

Forse mai come in questi ultimi decenni si sono prodotti cambiamenti così profondi, così veloci e di così grande impatto persino sulle aspettative personali e sui progetti di vita.

Eppure nulla muta il carattere del lavoro, espressione della creatività umana e misura del contributo di ciascuno alla vita della comunità.

L’accelerazione tecnologica porta con sé la necessità di scelte e di responsabilità.

Non si può sfuggire alla sfida, non si può certo perdere l’occasione di un balzo in avanti.

Occorre però governare lo sviluppo con intelligenza e con lucidità di visione per cogliere le opportunità di maggior benessere per la comunità e ridurre i rischi di fratture sociali, di emarginazioni, di desertificazione di alcuni territori.

Oggi registriamo una frammentazione del lavoro, pur in quadro in cui gli indicatori occupazionali mostrano segni complessivamente positivi.

Da un lato l’occupazione stabile, il lavoro professionale qualificato, i settori di avanguardia, l’organizzazione aziendale attenta alla qualità.

Dall’altro inoccupazione, bassi salari, precarietà, caporalato, ritardo nell’ingresso dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro, squilibri di salario a parità di lavoro.

Tra queste polarità resiste il lavoro più tradizionale, quello che ancora costituisce il principale pilastro delle relazioni sindacali e che tiene in vita l’impalcatura della contrattazione collettiva.

Ma le trasformazioni incalzano e gli equilibri sono sempre da ridefinire per dare attuazione piena al dettato costituzionale.

Quando la Costituzione parla di Repubblica fondata sul lavoro non propone il concetto del lavoro come merce, quanto quello di “persona che lavora”, come protagonista e, in quanto cittadino, soggetto di diritti e di doveri.

 È la persona che lavora a rappresentare il nesso con il progresso e la crescita della qualità della vita.

La Federazione dei Maestri del Lavoro svolge una generosa opera collegiale che va in questa direzione.  

Ritengo importante ed esprimo vivo apprezzamento per il vostro programma di attività che culminerà, il prossimo anno, nel Convegno nazionale cui avete dato titolo: “Un nuovo umanesimo del lavoro”.

Umanesimo vuol dire appunto centralità della persona, ed è su questa strada che l’attuazione della nostra Costituzione può procedere al meglio, tenendo il passo delle gigantesche, inedite, sfide di questo nostro tempo.

Dal bagaglio di “sapienza” – come lei ripete, Presidente Giovati – che i Maestri del Lavoro posseggono e che possono mettere a servizio delle future generazioni, nasce una sorgente di fiducia.

Abbiamo bisogno di speranza e di fiducia nel domani.

Essere protagonisti. Non dobbiamo farci vincere dalla paura del nuovo, dall’incertezza dei cambiamenti.

Guidare i processi: questa è la sfida.

Il vostro impegno per rafforzare i legami tra le generazioni è prezioso. È un contributo rilevante alla coesione sociale.

Tessuto unitario nella società, fra i territori, fra le generazioni.

Capacità di far circolare conoscenze e saperi, di far crescere cultura e coscienza civile.

La Repubblica vi è riconoscente. E ha bisogno del vostro impegno.

Buon centenario!

Buon futuro! […].