(Studio legale G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)
Corte di cassazione. Ordinanza 26 agosto 2024, n. 23111
Turno notturno – CCNL 1.9.1995 Comparto Sanità personale non dirigente – Superamento dell’orario giornaliero – Giornata successiva allo “smonto” – Riposo compensativo – Rotazione del personale – Maggiorazione prevista per i lavoratori turnisti – Indennità di turno – Rigetto
“[…] La Corte di Cassazione,
(omissis)
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata che aveva accolto la domanda di R.S. – infermiera professionale, cat. D, in servizio presso l’O.D.B. –riconoscendole, nei confronti della Asl Napoli 3 Sud, il diritto a percepire a decorrere dal 2011, anche per il giorno non lavorato successivo a quello nel quale la lavoratrice era stata utilizzata nel turno notturno di 12 ore, la maggiorazione prevista per i lavoratori turnisti dall’art. 44, comma 3, del c.c.n.l. del 1°.9.1995 (Comparto Sanità personale non dirigente);
2. riassunto il quadro normativo e contrattuale, la Corte d’appello ha evidenziato che la questione controversa atteneva al concetto di «riposo compensativo», ed ha osservato, a tal fine, che l’orario dei lavoratori non turnisti si articolava per legge in 5 giorni settimanali di cui il settimo era il giorno di riposo settimanale mentre il sesto (ossia la giornata del sabato) era un giorno «non lavorato»;
3. il giudice d’appello ha richiamato, invece, per i lavoratori turnisti, la giurisprudenza di questa Corte sulla diversa questione della spettanza dell’indennità di turno per la giornata del sabato e, dalle considerazioni svolte nella motivazione, ha tratto la conseguenza che andava qualificata come giornata di riposo compensativo quella di «smonto», in cui il lavoratore turnista è assente dal lavoro perché recupera il maggiore orario svolto nella giornata precedente nel corso del turno notturno;
4. la Corte distrettuale ha evidenziato, ancora, che l’appellata, pur non avendo superato l’orario contrattuale settimanale, era tenuta, coprendo tutti i giorni della settimana secondo turni prestabiliti mensilmente, compreso il sabato e la domenica, a osservare 36 ore settimanali, ma su 5 giorni alla settimana in 3 turni a rotazione (mattina, pomeriggio e notte) e a lavorare per 12 ore consecutive nel turno notturno, talché, nella giornata successiva allo «smonto», la mancata prestazione di lavoro doveva essere imputata a riposo compensativo;
5. avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la ASL Napoli Sud sulla base di unico motivo, assistito da memoria, cui si oppone la lavoratrice con controricorso.
Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso l’ASL Napoli 3 Sud denuncia violazione degli artt. 22 legge n. 724/1994, dell’art. 3 del d.lgs. n. 66/2003, dell’art. 2109 cod. civ., dell’art. 44 del c.c.n.l. del Comparto Sanità del 1°.9.1995 e reitera la tesi secondo cui non sarebbero state superate le 36 ore dell’orario ordinario settimanale, con conseguente impossibilità di qualificare la giornata successiva al turno notturno come «riposo compensativo», dovendo essa ritenersi piuttosto come (secondo) riposo settimanale; aggiunge che una settimana lavorativa su 5 giorni lascia liberi 2 giorni di non lavoro, sicché entrambi, e non uno solo, dovrebbero essere intesi come giorni di riposo settimanale; rileva che la stessa Corte territoriale era pervenuta in altre decisioni a queste stesse conclusioni;
2. il ricorso è infondato; risulta dalla motivazione della sentenza impugnata che l’orario di lavoro è articolato in turni mattutini/pomeridiani di sei ore e in un turno notturno di 12 ore, con inizio di quest’ultimo alle ore 20.00 e cessazione del servizio alle ore 8.00 del mattino successivo – e quindi con una durata doppia rispetto al turno ordinario –, al quale segue una giornata nella quale il lavoratore non è impegnato in altri turni;
proprio per questa giornata l’azienda non ha, invero, corrisposto la maggiorazione contrattuale facendo leva sull’ultimo periodo dell’art. 44 comma 3 c.c.n.l., cit., che la circoscrive ai soli giorni di «riposo compensativo» (nel ricorso si fa riferimento a un turno notturno di 10 ore, dalle 22.00 alle 8.00, ma si tratta di una critica all’accertamento del fatto, come tale inammissibile in questa sede, fermo restando che i termini della questione resterebbero pressoché invariati, trattandosi in ogni caso di turno notturno e di orario superiore a quello di un normale orario giornaliero);
premesso che anche ai lavoratori turnisti dev’essere attribuito un solo giorno di riposo settimanale, dovendosi distinguere da esso il giorno di riposo compensativo (Cass., Sez. L, n. 5710/2009), occorre perciò valutare, ai fini di causa, se il giorno successivo a quello di smonto dal turno notturno sia da considerare come giorno non lavorato, come propugnato dalla Azienda, o giorno di riposo compensativo, come sostenuto dalla lavoratrice;
2.1 è utile preliminarmente muovere da una ricognizione della disciplina collettiva;
2.2 in essa si prevede (art. 44 c.c.n.l. del 1°.9.1995, art. 41 c.c.n.l. del 7.4.1999 e art. 25 c.c.n.l. del 19.4.2004) una speciale indennità per particolari condizioni di lavoro; in particolare l’art. 44, comma 3, c.c.n.l., cit., nella versione ratione temporis vigente, recita: «[…]
3. Al personale del ruolo sanitario appartenente alle posizioni funzionali corrispondenti al V, VI e VII livello retributivo ed operante in servizi articolati su tre turni, compete una indennità giornaliera, pari a € 4,49182. Detta indennità è corrisposta purché vi sia una effettiva rotazione del personale nei tre turni, tale che nell’arco del mese si evidenzi un numero sostanzialmente equilibrato dei turni svolti di mattina, pomeriggio e notte, in relazione al modello di turni adottato nell’azienda o ente. L’indennità non può essere corrisposta nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata, salvo per i riposi compensativi. […]».
il testo della disposizione, per come trascritto, è stato ripreso dall’art. 86 del c.c.n.l. del Comparto Sanità 2016/2018 che non ha apportato significative modificazioni; quanto all’orario di lavoro è stabilito, poi, all’art. 26 c.c.n.l. del 7.4.1999, Comparto Sanità, come integrato dall’art. 5 c.c.n.l. del 10.4.2008, quanto segue:
«1. L’orario di lavoro è di 36 ore settimanali ed è funzionale all’orario di servizio e di apertura al pubblico. I criteri delle politiche dell’orario di lavoro, nell’ambito di quanto previsto dal presente articolo, sono definiti con le procedure previste dall’art. 4, comma 2, punto VIII. […]
3. La distribuzione dell’orario di lavoro è improntata ai seguenti criteri di flessibilità, tenuto conto che diversi sistemi di articolazione dell’orario di lavoro possono anche coesistere:
a. utilizzazione in maniera programmata di tutti gli istituti che rendano concreta una gestione flessibile dell’organizzazione del lavoro e dei servizi, in funzione di un’organica distribuzione dei carichi di lavoro;
b. orario continuato ed articolato in turni laddove le esigenze del servizio richiedano la presenza del personale nell’arco delle dodici o ventiquattro ore;
c. orario di lavoro articolato, al di fuori della lettera b), con il ricorso alla programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali ed annuali con orari inferiori alle 36 ore settimanali. In tal caso, nel rispetto del monte ore annuale, potranno essere previsti periodi con orari di lavoro settimanale, fino ad un minimo di 28 ore e, corrispettivamente, periodi fino a tre mesi all’anno, con orario di lavoro settimanale fino ad un massimo di 44 ore settimanali;
d. assicurazione, in caso di adozione di un sistema di orario flessibile, della presenza in servizio di tutto il personale necessario in determinate fasce orarie al fine di soddisfare in maniera ottimale le esigenze dell’utenza;
e. la previsione, nel caso di lavoro articolato in turni continuativi sulle 24 ore, di adeguati periodi di riposo tra i turni per consentire il recupero psico fisico; una durata della prestazione non superiore alle dodici ore continuative a qualsiasi titolo prestate, laddove l’attuale articolazione del turno fosse superiore […]»;
2.3 la tesi dell’Azienda è quella secondo cui solo il riposo motivato dal superamento delle 36 ore ordinarie settimanali potrebbe essere qualificato «compensativo» e cita, a sostegno di tale assunto, la giurisprudenza di legittimità sulla giornata del sabato non lavorato, e, in particolare Cass. n. 15291/2019, che però è richiamata anche dalla Corte d’appello a supporto della propria decisione;
2.4 come si è visto, l’art. 44 c.c.n.l. Comparto Sanità, al comma 3, prevede che al personale del ruolo sanitario appartenente alle posizioni funzionali corrispondenti al V, VI e VII livello retribuivo e operante in servizi articolati su tre turni debba essere corrisposta una indennità giornaliera, pari a Euro 4,49; la norma collettiva precisa, tuttavia, che tale indennità non può essere corrisposta nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata; l’unica eccezione è quella in cui l’assenza dal servizio coincida con il godimento di un riposo compensativo; nella sostanza, quindi, si tratta di un compenso strettamente connesso alla penosità del lavoro prestato in turni e agganciato all’effettiva prestazione del servizio, con la sola deroga delle assenze che sono causalmente collegate a tale organizzazione del lavoro e funzionali al recupero della maggior durata della prestazione lavorativa;
3. ciò è stato affermato da questa Corte fin da epoca risalente (Cass. n. 27273/2013) con principi cui hanno dato sostanziale continuità numerose pronunce successive (Cass. nn. 13447, 13803, 13804, 13805 del 2015, Cass. nn. da 24379 a 24382 del 2015, Cass. 29632/2018); Cass. n. 24439/2015, in un caso di superamento, da parte dei lavoratori turnisti, dell’orario normale contrattualmente convenuto di 36 ore settimanali per effetto della necessità di copertura dei turni di 8 ore su 5 giorni, con quaranta ore complessive lavorate, ha ritenuto sussistenti i presupposti per godere del riposo compensativo; in particolare, traendo spunto da una situazione in cui l’esigenza del riposo compensativo era occasionata dal superamento, da parte del turnista, dell’orario di lavoro settimanale, ma pur sempre a causa «del superamento del limite di durata della prestazione giornaliera», tale pronuncia ha sottolineato che «solo per i giorni suddetti, che non sono festivi né sono assimilabili a giorni di riposo settimanale, spetterà l’indennità di turno in quanto solo per questi esiste, come chiaramente voluto dalle parti collettive, una stretta connessione causale tra la giornata di riposo e l’esigenza organizzativa di copertura dei turni nelle 24 ore giornaliere»;
3.1 in termini non dissimili si esprimono Cass. n. 10052 e 10053/2019 e Cass. n. 15291/2019, quest’ultima espressamente richiamata dall’Azienda ricorrente; in essa si precisa che l’indennità giornaliera «spetta al lavoratore per le giornate non lavorate esclusivamente in caso di assenza per riposo compensativo, in dipendenza del recupero della prestazione lavorativa svolta in eccedenza rispetto a quella prevista contrattualmente, attese le esigenze di copertura dei turni» (v. punto 3), aggiungendo, in altro passaggio della motivazione, che «la giornata di sabato costituisce di regola una giornata di non lavoro», ma ai lavoratori turnisti «deve essere accordato un giorno di riposo compensativo del maggior orario prestato […]», sicché, in tal caso, «questa giornata è, senza dubbio, una giornata di riposo compensativo che, tuttavia, solo occasionalmente coinciderà col sabato» (punto 6);
3.2 si tratta di decisioni che, se intese nella loro oggettiva e reale portata e al di là dei casi che le hanno propiziate, convergono nel qualificare come riposo compensativo la giornata non lavorata concessa per recuperare il maggior stress psico-fisico per prestazioni legate al superamento dell’orario contrattualmente stabilito con affermazione di principio che deve potersi estendere anche alla fattispecie che ci occupa in cui la maggiore gravosità della prestazione è legata all’intensità del singolo turno di servizio; può ben parlarsi, dunque, di riposo compensativo non solo per l’avvenuto superamento dell’orario di lavoro settimanale, ma anche qualora il riposo venga a porsi in termini di sistematica programmazione legata al recupero della maggiore gravosità della prestazione resa in un turno prolungato in periodo notturno; di ciò si mostra avvertita Cass. n. 10053/2019, cit., la quale, in coerenza con il quadro ricostruttivo sopra delineato, evidenzia che non era in discussione, nel contesto fattuale lì considerato, l’intervenuto «pagamento, regolarmente effettuato dall’Azienda, dell’indennità maturata nei giorni di riposo concessi a ristoro dell’eccedenza oraria giornaliera» (punto 2.4);
4. si deve condividere, allora, la ricostruzione operata dalla Corte territoriale, la quale ha rilevato, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, «che l’unica certezza è che dopo il turno notturno vi è sempre un giorno di riposo che chiaramente viene a compensare la maggiore penosità dell’orario di lavoro giornaliero superiore alle otto ore»; prestazione connotata da inusuale intensità rispetto a quella ordinariamente assolta e, in quanto tale, meritevole di riposo compensativo;
5. la funzione dell’indennità riconosciuta dall’art. 44, comma 3, del contratto collettivo è, d’altronde, quella di ristorare la maggior gravosità del lavoro prestato per turni a copertura dell’intero arco delle 24 ore; e la disposizione in parola va opportunamente letta in connessione con l’art. 26 c.c.n.l. del 7.4.1999, il quale ultimo, nell’ipotesi d’orario continuato e in turni sulle 24 ore, impone di prevedere «adeguati periodi di riposo tra i turni per consentire il recupero psico-fisico» (art. 26, comma 3, lett. e);
6. la locuzione adottata nel citato art. 26 in merito all’esigenza di un riposo per consentire «il recupero psico-fisico» in caso di orario continuato e in turni è senz’altro decisiva nell’orientare l’interprete verso una qualificazione della giornata di «smonto», prevista dopo il turno notturno di 12 ore, in termini di riposo compensativo; e ciò sebbene non risulti nella fattispecie oltrepassato l’ordinario orario settimanale delle 36 ore contrattuali, non essendo invero un tale requisito imprescindibile per la qualificazione della giornata «non lavorata» in termini di riposo compensativo;
7. diversa, e non utilmente richiamabile dalla difesa dell’Azienda ricorrente, è, invece, la questione del sabato non lavorato, dove questa Corte nel ribadire, sulla scorta di indirizzo consolidato (Cass. n. 29632/2018, Cass. nn. da 24379 a 24382/2015, cit., Cass. nn. 13447, 13803, 13804, 13805/2015, cit., e Cass. n. 27373/2013, cit.), che lo speciale emolumento di cui all’art. 44, comma 3, c.c.n.l. è inteso a ristorare la maggiore gravosità del lavoro prestato in turni, ne ha escluso la spettanza per il «sesto giorno» non lavorativo allorquando il giorno di riposo non sia volto (si noti) a riequilibrare l’eccedenza della precedente prestazione giornaliera e/o delle maggiori prestazioni rese settimanalmente (Cass. n. 10053/2019, cit.), ma sia, piuttosto, diretta conseguenza dell’orario di lavoro settimanale ripartito per legge (art. 22 legge n. 724/1994) su cinque giorni settimanali;
8. in definitiva, il superamento dell’orario giornaliero, recuperato attraverso la particolare articolazione del turno, non comporta – come incongruamente opina la Asl – che il giorno di riposo concesso per ristorare il maggior stress psico-fisico legato a una prestazione lavorativa di durata prolungata e con articolazione notturna debba essere qualificato come mera assenza dal servizio a sensi dell’art. 44, comma 3, c.c.n.l., avendo, piuttosto, una siffatta assenza, la funzione del riposo compensativo rispetto all’avvenuto superamento dell’orario giornaliero;
9. il ricorso deve essere pertanto rigettato con affermazione del seguente principio di diritto: «ai sensi dell’art. 44, comma 3, del c.c.n.l. Comparto Sanità del 1°.9.1995, per il quadriennio 1994/1997, l’indennità giornaliera, prevista a favore del personale del ruolo sanitario con orario di lavoro settimanale ripartito su 5 giorni lavorativi, con servizio articolato sui 3 turni, compete ogni qual volta il riposo sia chiaramente volto a consentire al lavoratore di recuperare il maggior stress psico-fisico legato a un turno di servizio che si esplica con modalità di particolare intensità e gravosità, e tanto non è impedito da una prestazione lavorativa che nel suo complesso non venga svolta in eccedenza rispetto all’orario contrattuale settimanale».
10. le spese di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Azienda ricorrente al pagamento delle spese di legittimità […]”.
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