(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)

Corte di cassazione. Ordinanza 17 aprile 2024, n. 10407.

Termine apposto al contratto di lavoro. Risarcimento del danno. Esigenze temporanee ed eccezionali. Pensionamento del personale a tempo indeterminato. Blocco delle assunzioni. Art. 36 del D.lgs. n. 165/2001. Principio della “ragione più liquida”. Rigetto.

“[…] La Corte di cassazione

(omissis)

Fatti di causa

1. – La Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto intercorso fra F.V. e il Comune di Montevarchi e condannato l’amministrazione comunale al risarcimento del danno, liquidato in sei mensilità dell’ultima retribuzione di fatto.

2. – Per quanto qui rileva, la Corte territoriale ha ritenuto che il contratto a termine non fosse assistito da eccezionali esigenze funzionali dei servizi manutentivi del Comune, posto che, in relazione al contratto stipulato il 10 aprile 2012, con scadenza il 31 dicembre 2012 e prorogato sino al 9 aprile 2015, erano state addotte motivazioni riferibili al pensionamento nel 2012 di personale a tempo indeterminato, senza possibilità di assumere personale per il blocco delle assunzioni disposto con il d.l. n. 112 del 2008; solo per il 2013 si sarebbe aperta la possibilità di un’assunzione a tempo indeterminato, con conseguente avvio nel dicembre 2012 della previa procedura di mobilità e, stante l’esito negativo della stessa, l’avvio del procedimento di reclutamento tramite concorso, con conseguente necessità di disporre nelle more la proroga del contratto a termine già stipulato con F.V..

La Corte di merito, in difformità dal convincimento espresso dal primo giudice, ha ritenuto che la descritta situazione non potesse integrare il requisito delle esigenze temporanee ed eccezionali richieste dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 nella versione applicabile ratione temporis, in quanto le esigenze erano stabili, riferite ad attività di personale pensionato senza possibilità di nuove assunzioni per il relativo blocco normativamente imposto, sicché la stipula di contratti a termine avrebbe comportato una sorta di aggiramento della disciplina. E’ stata quindi ritenuta l’illegittimità del primo contratto e delle successive proroghe stipulate con la stessa motivazione, e liquidato il danno in sei mensilità di retribuzione, avuto riguardo ai criteri di cui all’art. 8 della legge n. 604 del 1966, richiamati dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010.

3. – Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Comune di Montevarchi per tre motivi, cui resiste F.V. con controricorso.

4. – Il Comune ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo il Comune deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per aver ritenuto che le esigenze temporanee sottese alla stipula del contratto a tempo determinato non fossero eccezionali perché riferite all’attività ordinaria.

1.1. – Il motivo è infondato, perché la Corte di merito ha correttamente escluso che potesse legittimamente farsi ricorso alla copertura del posto attraverso la stipula del contratto a tempo determinato in ragione del cd. blocco delle assunzioni a tempo indeterminato.

Infatti, l’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, nella versione applicabile ratione temporis in relazione all’epoca di stipula del primo contratto (10 aprile 2012), disponeva che «Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35» (comma 1), potendosi dare corso ad assunzioni a termine solo «Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali» (comma 2).

Risulta, dunque, evidente che le esigenze addotte dal Comune in relazione al pensionamento del personale a tempo indeterminato sono espressamente riferibili al fabbisogno ordinario; né l’impedimento derivante dall’addotto “blocco delle assunzioni” può valere ad integrare l’opposto requisito delle esigenze “temporanee ed eccezionali”, in quanto l’assunzione a termine verrebbe così a rappresentare lo strumento per ovviare alla disciplina vincolistica normativamente imposta, frustrando, peraltro, la sottesa ratio di contenimento della spesa pubblica.

2. – Con il secondo motivo il Comune prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., per aver omesso di considerare che all’epoca della stipula del primo contratto a termine non era possibile indire procedure concorsuali per la copertura dei posti a tempo indeterminato per il cd. blocco delle assunzioni;

2.1. – La censura è infondata, in quanto la circostanza su cui si incentra la doglianza di omesso esame è stata espressamente considerata e ritenuta non idonea a giustificare l’assunzione a termine.

3. – Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 e 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, 3 della legge n. 183 del 2010, ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello affermato che il Comune avrebbe dovuto esternalizzare i compiti ovvero rinunciare a darvi esecuzione, sovrapponendo la propria valutazione a quella operata dall’amministrazione nell’esercizio delle sue prerogative.

3.1. – La censura è infondata, in quanto non sono configurabili le dedotte violazioni di legge, atteso che la Corte territoriale ha inteso solo addurre valutazioni aggiuntive in ordine alla ravvisata insussistenza delle ragioni idonee a giustificare l’assunzione a termine.

4. – Il rigetto del ricorso esime il Collegio dalla necessità di esaminare la questione – sollevata dal controricorrente – dell’ammissibilità del ricorso per tardività (in assenza, peraltro, di idonea produzione della sentenza asseritamente notificata in data 30 ottobre 2018), in ossequio al principio della “ragione più liquida”, in virtù di un approccio interpretativo inteso alla verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, così da sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 cod. proc. civ., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (così, in particolare, Cass. Sez. 6-L, 28/05/2014, n. 12002).

5. – Alla soccombenza segue la condanna della parte ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo per compensi professionali, oltre accessori di legge.

6. – Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso […]”