Cassazione, Sentenza 1° giugno 2020 n. 10414.Trasferimento di azienda in crisi. Accordi aziendali. Derogabilità art.2112 c.c.. Esclusione.

Trasferimento d’azienda in accertato stato di crisi o in amministrazione straordinaria; Continuazione o mancata cessazione dell’attività; Accordo sindacale di cui all’art. 47, comma 4-bis, L. n. 428 del 1990; Idoneità ad apportate deroghe all’art. 2112 c.c. in relazione al trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario;  Esclusione; Fondamento;  Fattispecie.

Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 1° giugno 2020, n. 10414.

di Giovanni Patrizi

1.La Corte di Cassazione, decidendo in merito ad un trasferimento d’azienda nell’ambito del trasporto aereo -nello specifico, posto in essere da una società della quale era stato accertato lo stato di crisi -sulla base delle indicazioni ermeneutiche della Corte di Giustizia, e nel rispetto del principio di interpretazione conforme al diritto dell’Unione con riferimento alla Dir. n. 2001/23, relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’impresa, pronunciandosi in funzione nomofilattica ex art. 384 c.p.c.,  comma 1, ha enunciato il seguente principio di diritto: “In caso di trasferimento che riguardi aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi della L. 12 agosto 1977, n. 675, art. 2, comma 5, lett c), ovvero per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività, ai sensi del D. Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, l’accordo sindacale di cui alla L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 47, comma 4-bis, inserito dal D.L. n. 135 del 2009, conv. in L. n. 166 del 2009, può prevedere deroghe all’art. 2112 c.c. concernenti le condizioni di lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario”. Questo per il fatto che la locuzione contenuta del predetto comma 4-bis [“Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, l’articolo 2112 del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo”] va letta in conformità al diritto dell’Unione europea e alla interpretazione che dello stesso ha fornito la Corte di giustizia [sent. 11/6/2009, in causa C-561/07, all’esito della procedura di infrazione avviata nei confronti della Repubblica italiana per violazione della direttiva n. 2001/23], nel senso che gli accordi sindacali, nell’ambito di procedure di insolvenza aperte nei confronti del cedente sebbene non “in vista della liquidazione dei beni”, non possono disporre dell’occupazione preesistente al trasferimento di impresa. (Fattispecie relativa a cessione di compendio aziendale da Alitalia CAI ad Alitalia SAI)

2.In linea con le limitazioni già imposte dal diritto dell’Unione e dalla Corte di Giustizia UE, la Cassazione ha affermato che l’accordo raggiunto con le organizzazioni sindacali per il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione (art. 47, co. 4-bis, L. n. 428/1990), non può in alcun modo incidere sulla continuità del rapporto di lavoro, ma solo, eventualmente, sull’assetto economico-normativo in precedenza acquisito dal personale interessato, modificandolo anche in peius, ma nel contesto di un rapporto che deve essere comunque trasferito dal cedente al cessionario.

Ad avviso della Cassazione, la ratio della disposizione di cui al co. 4-bis dell’art. 47 della L. 428/1990, dev’essere ricercata nell’iter che ha portato alla sua introduzione e nelle finalità perseguite dal legislatore dell’UE. Con l’emanazione della Dir. n. 2001/23, secondo la  Corte UE, lo stato di crisi aziendale non poteva costituire di per sé un motivo economico per una riduzione dell’occupazione né tantomeno il presupposto per derogare al principio generale secondo cui il trasferimento d’azienda o di un ramo di essa non è motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario.

Le situazioni di crisi aziendali previste dalla cit. direttiva UE non erano equiparate ed era necessario distinguere tra la situazione dell’impresa di cui sia stato accertato lo stato di crisi con prosecuzione dell’attività in prospettiva di una futura ripresa, e le procedure concorsuali con finalità liquidatorie rispetto alle quali non v’è prospettiva di continuità. L’inquadramento corretto della procedura riverbera conseguenze sul trattamento da garantire ai dipendenti durante un trasferimento d’azienda. Solo in caso di procedure volte alla liquidazione dei beni del cedente si può derogare al diritto dei lavoratori ad essere trasferiti presso il cessionario alle medesime condizioni.

Nell’alveo della prima fattispecie la Cassazione fa rientrare il caso Alitalia-Cai, ritenendo che l’accordo con le organizzazioni sindacali raggiunto ai sensi del co. 4-bis dell’art. 47 legge n. 428 del 1990, a differenza di quello raggiunto ai sensi del co. 5 dello stesso articolo, non consente di incidere sulla continuità del rapporto di lavoro. La deroga prevista dall’art. 2112 c.c., cui il co. 4-bis si riferisce, può riguardare esclusivamente le “condizioni di lavoro” nel contesto di un rapporto comunque trasferito. È una conferma, secondo la Cassazione, della finalità perseguita dal legislatore dell’UE limitando ai soli casi di procedure concorsuali estintive la facoltà di incidere sui livelli occupazionali, e consentendo ai sindacati di concordare il numero dei lavoratori il cui rapporto può proseguire con il cessionario.

Il legislatore italiano non aveva inizialmente acquisito il senso della normativa UE. Difatti, la prima versione dell’art. 47, L. 428/1990, consentiva per ogni stato di crisi aziendale la deroga all’art. 2112 c.c., annullando quindi il diritto dei lavoratori al trasferimento. In seguito a censure da parte della Corte di Giustizia, che non aveva ritenuto sufficientemente tutelante la prima versione della disciplina italiana di recezione,  essendo il cit. co. 4 dell’art. 47 troppo lesivo dei diritti dei lavoratori, nel 2009, il nostro legislatore è intervenuto cercando di colmare le suddette carenze, introducendo il co. 4-bis e sottraendo i dipendenti della società cedente al destino degli accordi sindacali che ne limitavano il trasferimento alla cessionaria. Cioè quello stesso destino che, nella sentenza in oggetto, Alitalia e Cai avevano fortemente voluto richiamando espressamente quanto previsto dagli accordi sindacali siglati per il trasferimento ex art 2112 c.c., i quali avevano escluso un lavoratore licenziato (e poi ricorrente in giudizio) dall’elenco dei dipendenti interessati al trasferimento e che, pertanto, avrebbero legittimato l’esclusione del dipendente dall’organico.

Questa condotta è stata censurata dalla Corte di Cassazione invocando, da ultimo, anche lo stesso D. lgs 12 gennaio 2019 n. 14 (“Codice della crisi di impresa”) che ha sostituito i commi 4-bis e 5 dell’art. 47 della L.n. 428/1990, espungendo l’equivoco inciso sul mantenimento anche parziale dell’occupazione”,  nel rispetto del principio di interpretazione conforme al diritto dell’Unione con riferimento alla Direttiva 2001/23 relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, e pronunciandosi in funzione nomofilattica ex art. 384 c.p.c.