Ciclofattorini: sono lavoratori subordinati. Tribunale di Palermo. Sent. 3570 del 24.XI. 2020
di Giovanni Patrizi
Tribunale di Palermo. Sentenza 24 Novembre 2020, n. 3570. Attività di ciclofattorino (o “rider”). Natura subordinata del rapporto di lavoro.
Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 3570, del 24 Novembre 2020, ha affermato che i ciclofattorini (o “rider”) devono essere considerati lavoratori subordinati allorquando la loro prestazione venga interamente organizzata dall’algoritmo utilizzato dalla piattaforma digitale.
Il fatto
Un ciclofattorino (o “rider”), dopo essere stato disconnesso contro la sua volontà, in data 3 Marzo 2020, dalla piattaforma digitale con cui collaborava dal 5 Maggio 2018, ricorre giudizialmente al fine di: a) chiedere l’accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso con la piattaforma; e, b) conseguentemente impugnare la disconnessione, ritenendo che la stessa dovesse essere qualificata alla stregua di un licenziamento orale.
La sentenza
Il Tribunale di Palermo rileva preliminarmente che le piattaforme digitali devono essere considerate delle vere e proprie imprese, dal momento che non si limitano a mettere in contatto l’utenza, ma svolgono una vera e propria attività economica che ha come oggetto la distribuzione di cibo e bevande a domicilio, e conseguentemente possono stipulare anche rapporti di lavoro subordinato. Ciò premesso, il Giudice sottolinea come non sia condivisibile la giurisprudenza formatasi in materia, secondo cui la subordinazione per i ciclofattorini sarebbe da escludersi in ragione del fatto che gli stessi possono scegliere se e quando lavorare. Tale giurisprudenza prende in considerazione solo l’inizio del rapporto, omettendo invece di analizzare la fase esecutiva della prestazione. Sotto quest’ultimo aspetto, il Giudice sostiene che la prestazione è gestita esclusivamente dall’algoritmo utilizzato dalla piattaforma digitale che consente al lavoratore soltanto di scegliere di prenotarsi per i turni che il sistema mette a sua disposizione in ragione del suo punteggio. Ne consegue che, nella realtà dei fatti, si integrano tutte le caratteristiche proprie della subordinazione, posto che il rider è: a) soggetto al potere organizzativo della piattaforma; b) passibile di conseguenze disciplinari in caso di eventuali mancanze o per calo di rendimento; c) costretto ad essere a disposizione del datore nel periodo di tempo antecedente l’assegnazione, mediante la connessione all’app con il cellulare carico e la presenza fisica in luogo vicino ai locali partner della piattaforma. Su tali presupposti, il Tribunale di Palermo accoglie il ricorso del lavoratore dichiarando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato ab origine (con inquadramento al sesto livello del CCNL terziario, distribuzione e servizi) ed il diritto del rider ad essere reintegrato, stante la riqualificazione del distacco dalla piattaforma come licenziamento inefficace.
TESTO DELLA SENTENZA
Tribunale di Palermo. Sentenza 24 novembre 2020, n. 3570.
Natura subordinata del rapporto di lavoro; attività di rider; attività lavorativa in forma continuativa; disconnessione dalla piattaforma; condotta datoriale quale licenziamento orale, discriminatorio e ritorsivo; natura subordinata del rapporto di lavoro; concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.
Fatto e diritto
Con ricorso depositato il 29/07/2020, il ricorrente, premesso di avere svolto attività di ciclofattorino (id est “rider”) in favore della “F. s.r.l.”, sin dal 28 settembre 2018, dedusse di avere prestato attività lavorativa in forma continuativa sino al 3.03.2020, quando venne disconnesso dalla piattaforma e mai più riconnesso alla medesima, nonostante le sue ripetute fondate richieste, e impugnò la condotta datoriale quale licenziamento orale, discriminatorio e ritorsivo, in relazione alle legittime richieste poco prima avanzate nei confronti della società, di fornitura dei DPI e di applicazione di condizioni di lavoro più trasparenti e favorevoli, minacciando azione giudiziaria; rivendicò la natura subordinata del rapporto di lavoro, in ragione delle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa nella fase di esecuzione degli ordini ricevuti.
Descritto il modello organizzativo imposto dalla società convenuta, il ricorrente dedusse, infatti, che “F. s.r.l.” non consente alcuna autonomia in sede di ritiro e consegna dei prodotti e nella determinazione del corrispettivo, dando luogo ad una subordinazione in fase di attuazione del rapporto, e che tutta l’attività del ciclofattorino è caratterizzata dall’assenza di autonomia, da un puntuale e dettagliato coordinamento da parte della convenuta e da sanzioni e penalizzazioni atipiche in caso di scostamenti dal modello organizzativo.
Chiese, quindi, in principalità di qualificare il rapporto di lavoro come subordinato ed in subordine quale collaborazione eteroorganizzata, ex art. 2 del d.lgs 81/15, che impone, in ragione della equiparazione normativa (Cassazione, 24 gennaio 2020 n. 1663), l’applicazione ed il rispetto della disciplina del lavoro subordinato.
Chiese, quindi, oltre che l’applicazione della normativa sui licenziamenti nulli, altresì l’applicazione, anche per via equitativa, della disciplina di settore prevista dal CCNL (Trasporti e Logistica o in subordine Commercio e Terziario), nonché il riconoscimento come tempo di lavoro delle frazioni temporali nella quali è stato “a disposizione della società” in attesa di ricevere un ordine ovvero è stato impegnato in attività ausiliarie, proponendo domanda di condanna al pagamento di differenze retributive.
Da ultimo il ricorrente richiese l’applicazione della speciale sanzione prevista dall’art. 47 ter d.lgs 81/15, per il comportamento omissivo della convenuta rispetto alle informazioni essenziali per la tutela dei propri diritti che egli aveva sollecitato.
In particolare, il ricorrente espose in punto di fatto l’organizzazione datoriale, le caratteristiche della piattaforma, le modalità di esecuzione della prestazione da parte dei riders e quelle di svolgimento del proprio rapporto di lavoro, delle quali documentò in allegato al ricorso gli elementi pregnanti.
Dedusse ed allegò al riguardo:
«1. F. s.r.l. è una azienda multinazionale spagnola operante con il marchio “G.” in Italia dal 2016 che opera nel settore delle consegne per conto di partner convenzionati o non convenzionati (doc. 01) attraverso i ciclofattorini.
2. L’attività è effettuata attraverso il coordinamento di una rete di rider la cui prestazione è costantemente gestita e diretta dalla piattaforma digitale dalla fase iniziale di accettazione dell’ordine, al suo ritiro (la cd .presa consegna), sino al recapito e alla rimessa del denaro.
3. Il ciclo produttivo della società si realizza, infatti, attraverso un algoritmo che sulla base di previsioni statistiche calcola il fabbisogno di manodopera necessario per soddisfare la domanda dell’utenza di una determinata area e in una determinata fascia oraria. La convenuta, quindi, individuata un area nella quale effettuare il servizio (id est Roma, Milano, Firenze, Palermo, ecc.), stabilisce nell’arco della settimana, per ciascun giorno e fascia oraria (id est slot o turni di lavoro), il numero ottimale di rider che intende avere a sua disposizione per garantire l’effettuazione delle consegne.
4. La distribuzione del lavoro tra i rider avviene solo attraverso la piattaforma digitale il cui algoritmo provvede a gestire il complesso sistema di pianificazione, distribuzione e gestione dei flussi di lavoro tra i rider.
5. Tutti i rider della convenuta al fine di svolgere la propria attività, devono infatti, previa registrazione nella piattaforma, installare sul proprio smartphone un software (id est una c.d. app) (doc. 02) fornito dalla società (la cd. app Glover) che genera un profilo personalizzato tramite il quale accedono alla piattaforma digitale.
6. L’applicativo che il rider deve installare è particolarmente invasivo in quanto controlla a distanza la sua geolocalizzazione e persino il livello di carica della batteria dello smartphone inibendo l’accesso alla sessione di lavoro in caso di carica inferiore al 20% ovvero di geolocalizzazione del lavoratore al di fuori dell’area di lavoro (doc. 03).
7. I rider sono tenuti ad adeguare la propria prestazione alle indicazioni che ricevono tramite l’applicativo che è anche l’unica modalità con la quale possono interagire con la convenuta.
8. L’applicativo della società costringe i rider a seguire le istruzioni del software per tutta la durata della prestazione in quanto non è possibile svolgere l’attività lavorativa senza essere connessi e senza seguire pedissequamente le tempistiche e le fasi imposte dal programma (doc. 04 ).
9. La convenuta nelle sue istruzioni indica ai rider per ogni città i cd “punti caldi” (identificati nelle zone vicine ai locali di catene di fast food) ovvero i luoghi dove si “consiglia” di recarsi per ricevere il maggior numero di ordini.
10. I rider utilizzati dalla società stipulano contratti di lavoro autonomo, sono soggetti a basso reddito e rendono una prestazione ripetitiva e dai contenuti meramente esecutivi.
11. I rider sono tenuti a monitorare lo smartphone collocato sul manubrio della bicicletta al fine di visualizzare in tempo reale l’arrivo di un ordine (doc. 05), i tempi di consegna (cfr infra doc. 4) e il percorso in base al quale verrà calcolata la remunerazione della prestazione (doc. 06).
12. La società, pertanto, fornisce al rider in occasione della costituzione del rapporto un porta smartphone da collocare sul manubrio le cui caratteristiche tecniche consentono di averlo “sempre in vista” e di poterlo utilizzare “senza doverlo estrarre” come consigliato dalla stessa società (cfr infra doc 5). In caso di richiesta di sostituzione per smarrimento, furto o deterioramento il rider è tenuto ad utilizzare moduli predisposti dalla convenuta (cfr infra doc. 5).
13. La società, inoltre, in occasione dell’avvio del rapporto contrattuale, consegna una borsa termica con il logo dell’azienda, un power bank (ovverosia una batteria esterna di ricarica del cellulare) (cfr infra doc. 5 ) e un manuale comportamentale che indica le istruzioni da seguire puntualmente per ogni fase dell’esecuzione della prestazione (doc. 07 ).
14. La convenuta predispone nel proprio sito una serie di dettagliate informazioni rivolte ai rider al fine di indicare puntualmente le modalità di svolgimento della prestazione richiesta…
15. Il raggiungimento del numero di rider predeterminato dall’algoritmo per ogni sessione di lavoro, viene ottenuto attraverso uno scaglionamento nel tempo della facoltà di prenotare i turni di lavoro; i rider, a seconda del giudizio di produttività loro riconosciuto, accedono a distinte fasce orarie di prenotazione e man mano saturano i turni lavorativi rendendoli indisponibili agli altri rider che il sistema considera meno produttivi.
16. L’accesso prioritario del rider alle prenotazioni delle sessioni di lavoro si basa su un modello che penalizza il rider che non si conforma alle regole della società convenuta; il rider, infatti, viene costantemente profilato dall’algoritmo che, nell’attribuire un punteggio (il cd .parametro di eccellenza), ne determina l’accesso prioritario nella prenotazione delle sessioni di lavoro.
17. Il sistema di prenotazione delle sessioni di lavoro attribuisce, infatti, una priorità ai rider con maggior punteggio di “eccellenza” (doc. 08); il rider, pertanto, è periodicamente valutato tramite “statistiche” delle sue prestazioni.
18. Le istruzioni fornite dalla pagina dedicata ai rider di G. precisano che le sessioni saranno disponibili prima per i lavoratori con maggior punteggio di eccellenza. Si legge, infatti, nella pagina dedicata alle prenotazioni che “Il calendario diventerà disponibile prima ai corrieri con il Punteggio di Eccellenza più alto” (doc. 09).
19. I rider, tuttavia, non sono liberi di prenotare tutte le sessioni disponibili che desiderano in quanto la convenuta impone un tetto (50 sessioni) e richiede, al fine di non applicare penalizzazioni (cfr infra doc. 12), che la prestazione lavorativa avvenga in determinati turni ritenuti di alta domanda (nei fine settimana).
20. Tutti i rider iscritti nella piattaforma ricevono, quindi, una comunicazione sul proprio smartphone che li informa, in ragione del punteggio di eccellenza posseduto, l’orario a partire dal quale potranno nelle due sole giornate del lunedì e del giovedì prenotare le sessioni di lavoro per la settimana successiva (doc.10).
21. Il rider per accedere agli slot disponibili, dopo aver ricevuto la notifica dell’orario a partire dal quale può prenotare, deve aprire la sezione “Programma” dell’applicazione, dove si trova il calendario con l’articolazione dei giorni della settimana suddivisa per sessioni orarie di lavoro distinte dai diversi colori: sessioni di lavoro di colore bianco sono quelle disponibili, mentre quelle grigie sono quelle già complete di prenotazioni. Il rider può accedere solo alle sessioni bianche che diventano di colore verde una volta prenotate (doc. 11).
22. I turni messi a disposizione dal sistema vengono pertanto prioritariamente scelti dai lavoratori che hanno un “Punteggio di Eccellenza” maggiore, mentre i ciclofattorini con “Punteggio di Eccellenza” minore accedono alle prenotazioni in un orario successivo che consente la prenotazione solo dei turni residui ovvero di quelli non saturi ed hanno, quindi, una minore possibilità di scelta e conseguentemente minori possibilità di lavoro venendo man mano estromessi.
23. Ai fini del punteggio di eccellenza, calcolato in 100/100, il sistema prevede i seguenti parametri:
– Attività in cd “alta domanda” del partner convenzionato che incide nella misura del 35% (doc. 12 )
– Efficienza che incide nella misura del 35% (doc. 13)
– Il feedback dell’ utente che incide nella misura del 15% (doc. 14)
– Esperienza che incide nella misura del 10% (doc.15 )
– Il feedback dei partner che incide nella misura del 5% (doc 16 ).
24. La convenuta esercita un potere sanzionatorio in quanto “punisce” i rider che non rispettano il modello lavorativo loro imposto ovvero pongono in essere condotte non conformi. La convenuta, infatti, in tali casi opera una diminuzione del punteggio cui consegue la retrocessione nella priorità della prenotazione delle sessioni di lavoro. La convenuta precisa, infatti, che “il punteggio diminuisce quando:
– Il numero degli ordini ad alta domanda effettuati negli ultimi 28 giorni diminuisce
– Ricevi una valutazione negativa (riguardo un comportamento non professionale o un ordine trasportato in maniera errata) da un partner/cliente
– Quando non effettui il check-in o lo fai in ritardo
– Quando sei al di fuori della mappa della tua città o la connessione del tuo telefono non funziona correttamente” (doc. 17).
25. Il rider che cancella la prenotazione della sessione di lavoro senza il rispetto del preavviso imposto dalla convenuta (tre ore) subisce una penalizzazione nel punteggio di eccellenza; inoltre, l’eventuale richiesta di riassegnazione dell’ordine ricevuto da parte del corriere, incide negativamente sul punteggio di eccellenza che subisce una notevole diminuzione (doc. 18)
26. L’assegnazione del nuovo ordine al rider viene effettuata automaticamente sullo smartphone solo allorquando la precedente consegna è stata ultimata.
27. La convenuta ha procedimentalizzato ogni fase della prestazione del rider imponendogli predeterminati comportamenti per ogni tipo di evento durante le fasi di ritiro/tragitto/consegna (cfr infra doc. 04 e doc. 19).
28. Il giorno e all’ora prenotata (id est “la sessione di lavoro”) il rider deve:
– Recarsi nella zona di lavoro
– effettuare il cd check in (id est il collegamento alla piattaforma 15 minuti prima dell’inizio della sessione) rendendosi in tal modo geolocalizzabile nell’area di lavoro. In caso di mancato check in il sistema sollecita il rider con una notifica sullo smartphone che lo avvisa dell’approssimarsi dell’inizio della sessione e, perdurando l’inerzia, lo sanziona con la perdita di punteggio.
29. Il rider è tenuto a rispettare la sessione di lavoro nella quale si è reso disponibile non potendo decidere di non recarsi nell’area di lavoro se non cancellando con preavviso di tre ore la sessione prenotata (doc 20 ).
30. Ogni ordine arriva in automatico al rider che, avendo effettuato il check in, sia presente nell’area di lavoro e fino alla sua esecuzione non consente la ricezione un nuovo ordine.
31. Il software organizza il lavoro del rider indicandogli il percorso ritenuto ottimale o comunque unilateralmente utilizzato dalla convenuta per il calcolo della tariffa kilometrica (cfr infra doc. 6): in caso di ordini raggruppati (id est quelli ritirati in un unico punto ma destinati a diversi clienti) la convenuta non tollera alcuna autonoma determinazione del rider in quanto:
– Non consente senza autorizzazione di procedere alla consegna di uno solo degli ordini raggruppati anche in presenza di notevoli ritardi nel punto di ritiro;
– Non consente l’accettazione separata degli ordini raggruppati;
– Impone la sequenza delle consegne (doc. 22)
32. Il programma impone al rider di effettuare gli adempimenti connessi con il ritiro della merce, obbligandolo a fotografare ed inserire a sistema lo scontrino e a fare sottoscrivere la consegna della merce sullo schermo dello smartphone (cfr infra doc. 4 e doc. 19)
33. La convenuta impone un codice di condotta cui attenersi per qualsiasi problema insorga con il cliente in sede di consegna (doc. 23).
34. Il rider ha tre canali di interazione con la convenuta (email, chat e assistenza in ufficio) (doc. 24). Durante la sessione di lavoro il rider in caso di difficoltà deve accedere al canale “chat” selezionando la casistica predefinita dalla piattaforma (orario, pagamenti, km, minuti, bonus). Si legge, infatti, nelle istruzioni della convenuta “È importante contattare la chat SOLO in caso di un problema in tempo reale”. In caso di problemi più complessi la convenuta consente al rider di accedere all’ufficio per interloquire con un responsabile (il cd .Glove Specialist.).
35. La società convenuta impone ai rider il tipo di contratto e le condizioni economiche e non prevede nessuna forma di trattativa diretta né di interazione.
36. Tutti i rider percepiscono un compenso a cottimo predeterminato dalla piattaforma che varia da città a città, integrato su base chilometrica e da un forfait per i tempi di attesa, senza alcuna possibilità di negoziazione (doc. 25), ( doc. 26) (doc. 27).
37. I parametri di calcolo del compenso per la città di Palermo sono anch’essi standard (doc. 28) e, salvo quelli previsti in caso di promozioni, sono i seguenti:
– €. 1,75 a consegna;
– €. 0,45 per ogni kilometro considerando una distanza totale, calcolata in automatico e unilateralmente dal sistema che corrisponde alla somma dei due seguenti itinerari:
A) Il tragitto più breve tra il punto in cui riceve l’ordine e il punto di ritiro;
B) Il tragitto più breve tra il punto di ritiro e il punto di consegna (doc. 29)
– €. 0,05 per ogni minuto di attesa presso il punto di ritiro con una franchigia di 5 minuti, (per la città di Palermo oltre il 6 minuto (doc. 30 e cfr infra doc. 28).
– nelle giornate di pioggia intensa, il ricorrente ha anche percepito in aggiunta al compenso così come sopra calcolato, il cd. bonus pioggia pari ad €. 1,20 su ogni consegna effettuata;
– Per gli ordini cd raggruppati sono previste altre tariffe (cfr infra doc. 22)
38. I rider percepiscono il compenso ogni due settimane tramite accrediti bancari ovvero tramite compensazioni sui pagamenti in contanti da loro incassati presso il cliente (doc. 31).
39. La convenuta, inoltre, nonostante sia il soggetto debitore del corrispettivo, predispone la fattura di ciascun rider. il sistema, infatti, invia in automatico il documento elaborato sull’account di ciascun rider (doc. 32 ).
40. La convenuta stipula convenzioni con studi professionali per gli adempimenti dei propri rider (doc. 33)….
41. I clienti della convenuta possono procedere al pagamento dei beni consegnati dal rider, tramite carta di credito ovvero in contanti nelle mani direttamente del rider (doc. 34).
42. Il denaro incassato in contanti costituisce il cd “saldo di cassa” (doc. 35) che il rider deve conferire alla società tramite bonifico. Il sistema impone una procedura di versamento del contante articolata su due settimane scandite da periodici avvisi effettuati (tre sms massimo) con i quali si sollecita il rider al versamento. L’ultimo avviso perviene il lunedì della seconda settimana decorso il quale l’account del rider viene disconnesso (doc. 36). Si legge, infatti, nelle istruzioni della convenuta che “ti consigliamo di effettuare il deposito il prima possibile, in questo modo non avrai problemi potrai collaborare senza interruzioni”.
43. La convenuta impone una dettagliata procedura per la rimessa dei contanti nella disponibilità del rider che stabilisce una serie di adempimenti che “guidano” il rider in “7 passaggi semplicissimi” dalla richiesta al tabaccaio di effettuare il bonifico alla compilazione di un questionario predefinito cui allegare la foto del bonifico effettuato (doc. 36 bis)
44. La convenuta consente tuttavia al rider di trattenere degli importi dal “saldo di cassa” in due casi:
– Per effettuare gli eventuali pagamenti presso l’esercente all’atto del ritiro della merce per conto dei clienti della piattaforma che pagano alla consegna.
– Per percepire anticipi sui compensi. Precisano, infatti, le istruzioni della piattaforma che “l’app ti informerà (che) potrai usare il tuo saldo di cassa per prelevare dei contanti come pagamento anticipato. In genere, l’app ti comunicherà ogni giorno quando avrai raggiunto la fine del tuo orario di collaborazione, ma ciò potrebbe non verificarsi sempre. Dipenderà dal numero di clienti che avranno pagato gli ordini in contanti o, in altre parole, dall’importo in contanti che avrai ricevuto” (cfr infra doc. 35).
45. Ogni rider, quindi, riceve nella propria email l’importo dei soldi che può trattenere, determinato unilateralmente dal sistema. L’importo è variabile in quanto considera diversi fattori: numero di ordini in contanti generati nella città, “media del costo medio” degli ordini in contanti generati, numero di corrieri disponibili (cfr infra doc. 36).
46. L’ammontare dei contanti percepiti dal rider viene costantemente monitorato dal sistema che predetermina l’importo massimo che può essere trattenuto.
47. Il Sig. M.T. ha svolto la propria attività lavorativa in favore della società convenuta continuativamente dal 5 ottobre 2018 al 4 marzo 2020 con mansioni di rider addetto allo svolgimento delle consegne nella città di Palermo; l’attività del ricorrente si è svolta osservando le procedure standard sopra dedotte.
48. Nel corso del periodo di lavoro il ricorrente ha, quindi, dovuto registrarsi, scaricare l’applicativo, prenotare le sessioni, accedendo agli slot in ragione del proprio giudizio di eccellenza posseduto, ed operare conformemente al modello organizzativo sopra descritto.
49. Il ricorrente ha prestato la propria attività sulla base di due contratti formalmente qualificati di “prestazione d’opera”; il primo sottoscritto in data 28 settembre 2018 e il secondo, in data 7 ottobre 2019 (doc. 37) previa richiesta da parte della società resistente di apertura della p.iva.
50. Il ricorrente ha sempre svolto la propria attività di rider prenotando le sessioni di lavoro che il sistema gli rendeva disponibili sulla base del giudizio di affidabilità posseduto ed ha assicurato la propria prestazione per il numero dei giorni e delle ore di seguito indicate:.».
[…]In sintesi lo schema descritto in ricorso relativo ai giorni settimanali prenotati e lavorati e all’orario settimanale e mensile di fatto osservato dal ricorrente:
Periodo |
Giorni sett.lavorati |
Orario settimanale |
Ottobre – dicembre 18 |
3 |
12 |
Gennaio 2019 |
5 |
15 |
Febbraio 2019 |
5 |
35 |
Marzo 2019 |
6 |
48 |
Dal 1 al 28 Aprile 2019 |
6 |
36 |
Dal 14.05 al 11.06.2019 |
6 |
54 |
Dal 12.06 al 15.09.2019 |
7 |
63 |
Dal 16.09.2019 al 02.2020 |
6 |
54 |
Marzo 2020 |
1 |
9 |
«51. La società su richiesta di accesso agli atti formulata dal ricorrente ai sensi del regolamento UE 679/2016 ha comunicato le sessioni risultanti nella sua banca dati (doc. 38).
52. Il ricorrente, il 30 gennaio 2020 si è recato con l’assistenza del Sig. A.G., Segretario Generale dell’organizzazione sindacale Nidil Cgil di Palermo, presso i locali, siti in Palermo in via N. 36, che la convenuta adibisce periodicamente a luogo di incontro in presenza (il cd terzo canale di comunicazione) con i responsabili della società (i cd “Glove Specialist”) al fine di discutere alcune aspetti del suo rapporto di lavoro.
53. Nel corso dell’incontro con la con la “G. Specialist”, Sig.ra P.P., il ricorrente lamentava il blocco ingiustificato del suo account per i giorni dal 23 al 26 gennaio 2020 che gli aveva impedito di prenotarsi e di svolgere il lavoro e richiedeva il pagamento di un risarcimento; il Sig. T. evidenziava che tale episodio non era isolato, in quanto dal 29 aprile al 13 maggio era rimasto privo di ordini per due settimane consecutive. Nel corso della riunione il ricorrente lamentava inoltre la mancata consegna di dispositivi di protezione individuale la cui mancanza era stata in precedenza oggetto di comunicati stampa da parte del segretario del Nidil di Palermo (doc. 39).
54. All’esito dell’incontro, la responsabile assicurava che avrebbe effettuato delle verifiche rispetto alle richieste del ricorrente.
55. Il ricorrente in data 11 febbraio 2020, unitamente al Segretario Generale Nidil – Cgil e al Direttore Regionale dell’Inail della Sicilia, partecipava alla trasmissione televisiva “Cronache Siciliane”, trasmessa dall’emittente del Giornale di Sicilia, dedicata alle condizioni di lavoro dei rider di Palermo. In detta occasione il ricorrente presente con il suo portavivande in studio denunciava, sia la mancata consegna da parte della convenuta dei DPI che le precarie condizioni di lavoro nelle quali i rider sono costretti a operare (doc. 40).
56. Il 24 febbraio 2020 il ricorrente, non avendo avuto alcun riscontro alle sue richieste, incontrava nuovamente, la Sig.ra P. sempre alla presenza del Segretario Generale Nidil Cgil di Palermo (doc. 41). In tale occasione il responsabile della società spiegava che il blocco dell’account era da attribuire esclusivamente a inadempienze del ricorrente e che, pertanto, la società non riconosceva alcun risarcimento.
57. Tale spiegazione determinava una accesa discussione che si concludeva con la manifestata volontà del ricorrente di agire in giudizio…
58. Il ricorrente, Domenica 1 marzo 2020, effettuava, nel corso della giornata, numerose consegne accumulando un saldo cassa per un totale € 215,00. Verso le ore 19:00, la società convenuta comunicava a tutti i rider di Palermo che riduceva a € 20,00 il saldo di cassa ingenerando nel ricorrente la convinzione di potere “trattenere” l’eccedenza del saldo di cassa come anticipo sui compensi futuri conformemente con quanto descritto nel cap. 44 e 45).
59. Alle ore 21.30 circa della domenica, la convenuta modificava la disposizione precedente e il ricorrente poco dopo alle 3,31 del mattino del lunedì 2 marzo 2020 riceveva un messaggio con cui gli veniva comunicato che aveva “un valore troppo alto di saldo alla mano” e lo invitava ad effettuare un bonifico per motivi di sicurezza, entro le 24 ore dal ricevimento del messaggio, di € 170,00, onde evitare che il suo account venisse bloccato ( doc. 42 ).
60. Il martedì 3 marzo 2020 alle ore 6,03 del mattino il ricorrente riceveva, l’ultimo sms con il quale veniva informato di essere stato sospeso e di essere quindi disconnesso (doc. 43 ).
61. Il ricorrente provvedeva successivamente a bonificare alla convenuta il contante residuo, con due bonifici e segnatamente il primo bonifico in data 3 marzo 2020 di euro 100,00, il secondo il giorno successivo di euro 200,00 (doc. 44).
62. Nonostante il pagamento, la convenuta non riattivava l’account sospeso e il ricorrente rimaneva scollegato senza potere quindi svolgere la propria prestazione lavorativa (doc 45).
63. La società riattiva l’account a tutti i rider che provvedono a versare anche il saldo dei contanti dopo la disconessione (doc 46).
64. A fronte dei numerosi solleciti inviati a mezzo di posta elettronica all’indirizzo glovers@glovoapp.com – usualmente utilizzato per comunicare con gli operatori messi a disposizione della piattaforma Glovo per l’assistenza ai corrieri – il ricorrente riceveva esclusivamente risposte automatiche nelle quali veniva informato che sarebbe stato ricontattato al più presto (cfr. doc 47), (doc. 48), (doc. 49).
65. L’account non è stato più riattivato, il ricorrente che non è stato più ricontattato ed ha tempestivamente impugnato la cessazione del rapporto con comunicazione del 28 aprile 2020 (doc. 50).
66. Il ricorrente, inoltre, ha richiesto ai sensi del Regolamento UE 679/2016 di acquisire informazioni essenziali per la tutela dei propri diritti e in particolare di conoscere l’esistenza di un trattamento di dati che ha determinato la decisione di disconnettere il suo account e di non riconnetterlo dopo la richiesta (doc. 51). Tale istanza è stata riscontrata dalla convenuta con una comunicazione del tutto generica nella quale si omettevano le indicazioni necessarie per la tutela dei diritti rivendicati nel presente giudizio (cfr infra doc. 38). Il ricorrente ha, quindi, proposto reclamo innanzi all’Autorità Garante per il Trattamento dei Dati personali.
67. La società convenuta occupa in Italia oltre 1500 rider che prestano attività con le medesime modalità descritte nel presente ricorso e oltre 60 lavoratori, assunti con contratto di lavoro subordinato con applicazione del CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi (doc. 52 CCNL commercio);
68. La convenuta dopo la disconnessione del ricorrente ha continuato a stipulare nuovi contratti con rider ai quali ha attivato un nuovo account.
69. Il ricorrente ha percepito i compensi calcolati sulla base dei parametri descritti nel paragrafo.
Condizioni economiche imposte dalla convenuta ai rider, unilateralmente decise dalla convenuta che ha rilasciato le fatture prodotte sub doc. supra 55);
70. Il ricorrente ha prenotato ed è stato disponibile a rendere la prestazione durante le sessioni indicate sub doc. infra 38) il cui tempo non è stato compensato dalla convenuta.
71. Il ricorrente non ha percepito alcun compenso durante le prestazioni ausiliarie di attesa al ristorante ovvero di rimessa dei pagamenti in contanti.
72. Il ricorrente non ha mai fruito di ferie e permessi previsti dalla contrattazione collettiva.
73. Il ricorrente non ha percepito le mensilità aggiuntive né il compenso per il lavoro prestato oltre la durata del normale orario di lavoro stabilito dalla contrattazione di categoria.
74. Il ricorrente dopo la cessazione/disconnessione non ha percepito alcun indennizzo o trattamento di fine rapporto o indennità legate alla cessazione del rapporto di lavoro.».
Chiedeva conclusivamente il ricorrente:
«In via principale Accertare e dichiarare la natura subordinata o, in subordine, etero – organizzata ex art. 2 del d.lgs 81/2015, del rapporto di lavoro, ovvero dei rapporti di lavoro intercorsi, tra il ricorrente e la società convenuta nel periodo dal 5 ottobre 2018 al 4 marzo 2020 o altre date di giustizia e per l’effetto
Ritenuta l’insufficienza del compenso percepito dal ricorrente e la retribuibilità del tempo nel quale il ricorrente era a disposizione per svolgere attività in favore della convenuta, accertare e dichiarare il diritto dello stesso all’inquadramento nel 5 livello del CCNL logistica e trasporti, ovvero, in subordine, al 6 livello del CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi, ed in ogni caso, anche ai sensi dell’art. 36 Cost., art. 2099 c.c. ed ex art. 432 c.p.c., condannare per i titoli e le ragioni di cui al ricorso la società convenuta al pagamento in favore del Sig. M.T. della somma di € 14.996,32 ovvero, in subordine, di € 13.313,41.
nonchè
Equiparata la ingiustificata disconnessione e/o il rifiuto di riconnessione ad una misura di effetto analogo al licenziamento ordinare alla società convenuta, per i motivi di cui al ricorso, la reintegra, ovvero il ripristino, del rapporto di lavoro del ricorrente, e comunque di riattivare la connessione e consentire allo stesso l’accesso alle prenotazioni delle sessioni di lavoro ed in ogni caso condannare, anche per mora accipiendi, la convenuta al pagamento in favore del Sig. M.T. al risarcimento ovvero al pagamento di un indennizzo ai sensi del d.lgs 23/15 parametrato sulla retribuzione, ovvero compenso, spettante di € 1.447,68 mensili in caso di applicazione del CCNL logistica ovvero di € 1.407,94 o diversa misura, maggiore o minore somma di giustizia da determinarsi anche in via equitativo.
Se del caso
Ritenuta applicabile la tutela avverso le risoluzioni illegittime anche ai rapporti di lavoro etero- organizzati ed equiparata la ingiustificata disconnessione e/o il rifiuto di riconnessione ad una misura di effetto analogo al licenziamento, ordinare alla società convenuta, per i motivi di cui al ricorso, e comunque per mora accipiendi, la reintegra, ovvero il ripristino, del rapporto di lavoro del ricorrente, e comunque di riattivare la connessione e consentire allo stesso l’accesso alle prenotazioni delle sessioni di lavoro ed in ogni caso condannare la convenuta al pagamento in favore del Sig. M.T. di un risarcimento ovvero di un indennizzo parametrato sul compenso, spettante di € 1.447,68 mensili in caso di applicazione del CCNL logistica ovvero di € 1.407,94 in caso di applicazione del CCNL Terziario distribuzione e servizi o nella maggiore o minore somma di giustizia. In via di estremo subordine ritenuta l’illegittimità della disconnessione e/o del rifiuto di riconnessione e la conseguente perdita di chances lavorative condannare la convenuta al pagamento di un risarcimento in favore del ricorrente da determinarsi anche ex art. 432 c.p.c. nella misura del compenso percepito in precedenza nell’anno (€ 12.000,00) fino alla riconnessione.
In ogni caso
Ritenuta l’illegittimità della mancata informativa rispetto alle ragioni della disconnessione e del rifiuto di connessione nonché rispetto alle altre informazioni sollecitate dal ricorrente condannare la convenuta al pagamento in favore del ricorrente dell’indennizzo nella misura di € 12.000,00 oppure o nella diversa misura di giustizia da determinarsi ex art. 432 c.p.c.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari oltre iva, cpa e spese generali con maggiorazione del 30% in ragione dei collegamenti ipertestuali ai sensi dell’art. 4, comma 1 bis, del D.M. 55/2014 da distrarsi in favore dei sottoscritti difensori».
Ritualmente instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio parte convenuta, chiedendo il rigetto del ricorso, variamente argomentando e preliminarmente eccependo la decadenza del ricorrente dall’impugnativa di licenziamento.
In punto di fatto, la ricostruzione del sistema di funzionamento della piattaforma Glovo della convenuta è sostanzialmente conforme a quella fatta dal ricorrente, così come sono quelli prodotti dalla convenuta i dati
delle ore lavorate dal ricorrente, che questi espressamente non ha contestato, in relazione alle ore relative alle mere consegne effettuate (cui in effetti il prospetto è relativo).
Parte convenuta ha contestato in punto di fatto che non vi sarebbero penalizzazioni legate al rifiuto di uno slot in qualsiasi momento anche successivo al termine assegnato dalla società e che il ricorrente ha continuato a lavorare “tranquillamente” anche dopo aver rifiutato ordini, ciò che tuttavia risulta accaduto di fatto, sulla scorta della memoria di costituzione, solo in poche occasioni (indicate da pag. 323 a pag. 325 del doc. 14, che ha 325 pagine), al pari del mancato ceck-in di slot prenotati (indicati da pag. 84 a 87 del doc. 14), a fronte di ordini accettati e regolarmente portati a termine (indicati da pag. 2 a pag. 83 del doc. n. 14).
Parte convenuta ha poi precisato che solo in 36 giorni l’orario relativo alle consegne effettuate dal ricorrente superava le otto ore giornaliere, ma dallo schema prodotto risulta che nel 2019 il ricorrente ha svolto un orario in media vicino a otto ore giornaliere o 40 settimanali.
La convenuta ha poi lamentato che il ricorrente inviava mail scurrili e offensive alla società, come si legge in allegato 16 (invero solo nell’ultima parte che segue ai fatti per cui è causa) e che il medesimo il 24.02.2020 nell’incontro con la signora P. della società avrebbe dato in escandescenze sì da dover essere allontanato, esprimendosi in modo quanto meno sconveniente nei confronti della G.S. (ciò di cui il ricorrente risulta scusarsi con la signora P. in uno dei messaggi del doc. 16).
Parte convenuta dedusse che il contratto aveva natura autonoma, come si legge nel medesimo, che il ricorrente sceglieva gli orari in cui prenotarsi per le consegne, che l’ordine della prenotazione degli slot dipende da un algoritmo che si fonda sul punteggio del singolo rider, ma che vi è una parte degli slot che si aprono a prescindere dal punteggio, per consentire di lavorare anche a coloro che hanno appena iniziato a collaborare e ancora non hanno punteggio e che il punteggio è premiale e non penalizzante.
Chiese quindi il rigetto delle domande relative alla qualificazione del rapporto come subordinato e come collaborazione ex art. 2 D.L.vo 81/2015, eccependo che peraltro parte ricorrente non aveva dedotto la natura del rapporto come collaborazione coordinata e continuativa.
Eccepì che quindi alcun licenziamento era stato intimato, poiché la disconnessione venne effettuata per motivi di sicurezza relativi all’importo eccessivo del saldo alla mano del ricorrente e che poi non venne riconnesso per mero errore sino al 12.06.2020, data a partire dalla quale il ricorrente avrebbe potuto lavorare. Eccepì in ogni caso che parte ricorrente confondeva il licenziamento discriminatorio e quello ritorsivo quanto alle allegazioni e domande e che il licenziamento non era orale, essendo pervenuto al ricorrente pacificamente il messaggio di disconnessione ove non fosse stato effettuato tempestivamente il bonifico del contante superiore al limite stabilito per il saldo alla mano.
Eccepì la decadenza dall’impugnativa del licenziamento (dal 3.03.2020 data del distacco) perché l’impugnativa pervenuta a mezzo pec era priva della sottoscrizione autografa del ricorrente e non erano state rispettate le forme previste per la trasmissione telematica del documento analogico.
Eccepì che in ogni caso solo due dipendenti della convenuta, tra cui la signora P., erano venuti a conoscenza della trasmissione televisiva Cronache Siciliane e che non ne portavano a conoscenza i vertici aziendali e che non vi era prova della ritorsione attesa la progressione temporale dei fatti dedotti a tal proposito in ricorso, che avevano preceduto la disconnessione del ricorrente del 3.03.2020, peraltro contrattualmente prevista, per motivi inerenti il saldo alla mano non tempestivamente bonificato alla società dal ricorrente.
Eccepì, infine, l’inapplicabilità dei CCNL richiamati dal ricorrente in ricorso ed infine l’inapplicabilità al rapporto subordinato o eteroorganizzato della norma dell’art. 47 ter d.l.vo 81/2015.
Al fine di affrontare e risolvere il problema della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro oggetto di causa, appare opportuno soffermarsi in linea generale e preliminarmente sulle caratteristiche e la natura giuridica delle piattaforme digitali, quale quella della convenuta, attraverso la quale il ricorrente svolgeva la propria prestazione lavorativa, sulla scorta dei contratti in atti, poiché questa ha inevitabili conseguenze sulla qualificazione dei rapporti di lavoro che si realizzano mediante il suo utilizzo.
Preliminarmente, quindi, va analizzato e identificato l’obiettivo di tali piattaforme, ed in particolare se esso sia quello di mettere in contatto l’utenza, svolgendo una attività di mera intermediazione, ovvero se la loro sia una attività di impresa di trasporto di persone o di distribuzione di cibo e bevande a domicilio.
Nella specie, infatti, la convenuta ha dichiarato come oggetto sociale “lo sviluppo di una piattaforma software online e di applicazioni mobile per smartphone che interagiscono tra loro per mettere in relazione tra loro esercizi commerciali, i potenziali clienti ed i fornitori di trasporti a domicilio; la fornitura di servizi per il tramite della piattaforma a favore di esercizi commerciali e dei fornitori di trasporto, finalizzati a metterli in relazione con i potenziali clienti, che per il tramite della piattaforma possono inviare ordini direttamente agli esercizi commerciali ed ai fornitori di servizi di trasporto; la fornitura mediante utilizzo della piattaforma software realizzata di campagne di marketing, pubblicitarie, anche non convenzionali, in prevalenza a beneficio degli esercizi commerciali e dei fornitori di trasporti di cibo a domicilio»., e in entrambi i contratti stipulati con il ricorrente ha premesso che “a) la società ha come attività principale la gestione di un sito WEB che metta in relazione utenti (consumatori) ed esercizi locali (per lo più ristoratori) al fine di consentire ai consumatori di acquistare pasti / beni presso i ristoratori / esercizi locali convenzionati per il tramite della piattaforma, e di ricevere al proprio domicilio i pasti / beni acquisiti; b) che la società come attività accessoria alla principale si occupa anche dell’attività di consegna ai consumatori;.”
Orbene, in relazione alle piattaforme digitali, utilizzate per organizzare il trasporto di passeggeri o la distribuzione di cibi e bevande a domicilio, la giurisprudenza internazionale e quella della Corte di Giustizia si sono orientate nel senso di ritenere che il principale oggetto e scopo delle medesime consiste in attività di impresa di trasporto di persone o di consegna a domicilio di cibo e bevande.
La pronuncia più significativa per la qualificazione come attività di impresa delle piattaforme «avent(i) ad oggetto la messa in contatto mediante un’applicazione per smartphone, dietro retribuzione, di conducenti non professionisti, che utilizzano il proprio veicolo, con persone che desiderano effettuare uno spostamento nell’area urbana», si deve alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 20 dicembre 2017, C-434/15), nel caso che aveva coinvolto la società di Uber System Spain (società che si occupa anche della consegna a domicilio di cibo e bevande), citata in giudizio da Elite Taxi per concorrenza sleale.
In questa occasione la Corte europea affermò che un servizio di intermediazione avente tale oggetto «deve essere considerato indissolubilmente legato ad un servizio di trasporto e rientrante, pertanto, nella qualificazione di servizi nel settore dei trasporti, ai sensi dell’art. 58, paragrafo 1, TFUE». La decisione della giurisprudenza europea si inseriva in verità nell’orientamento già in tal senso espresso dalla giurisprudenza degli ordinamenti interni.
In particolare, vanno menzionate le sentenze del Tribunale di Milano (Trib. Milano, sez. spec. impresa, 25 maggio 2015, in Adapt, 15 giugno 2015, n. 23) e di Torino (Trib. Torino, sez. spec. impresa, 1 marzo 2017, n. 1553), ed è interessante rilevare che la Corte d’appello di Parigi (Cour D’Appel de Paris, 10 gennaio 2019, n. 18/08357), ha chiarito che: «[…le chauffeur…] a ainsi intégré un service de prestation de transport créé et entièrement organisé par la société Uber BV, qui n.existe que grâce à cette plateforme, service de transport à travers l’utilisation duquel il ne constitue aucune clientèle propre, ne fixe pas librement ses tarifs ni les conditions d’exercice de sa prestation de transport, qui sont entièrement régis par la société Uber BV» (traduzione non ufficiale inserita per mera comodità di lettura: [l’autista] ha così integrato un servizio di trasporto ideato ed interamente organizzato dalla società Uber BV, che esiste solo grazie a questa piattaforma, servizio di trasporto per il cui utilizzo non costituisce alcuna clientela propria, non fissa liberamente i propri prezzi o le condizioni per l’esercizio del proprio servizio di trasporto, che sono completamente regolati da Uber BV.).
Sul punto, la sentenza della Cour de cassation, Chambre sociale, 4 marzo 2020, n. 374, evidenzia che il prestatore di lavoro non è un partner commerciale; al contrario, nel momento della stipulazione del contratto, egli aderisce ad un servizio di trasporto interamente organizzato da Uber attraverso la piattaforma digitale e i sistemi di elaborazione algoritmici che ne determinano il funzionamento. L’autista che ricorre all’infrastruttura tecnologica non ha la possibilità di crearsi una propria clientela né di determinare liberamente le tariffe da applicare e, in tal modo, colloca la propria attività lavorativa entro un quadro di regole determinato dall’esterno.
L’argomento principale su cui si fondano le decisioni della giurisprudenza riguarda il fatto che Uber – ad esempio – organizza l’attività, in particolare stabilendo unilateralmente il costo del servizio e le condizioni contrattuali e assumendosi la responsabilità civile, in caso di danno alla clientela (in Brasile, per esempio, Uber è stata condannata a risarcire un cliente che aveva perso l’aereo a causa del ritardo commesso dall’autista che effettuava il trasporto verso l’aereoporto: 8° Juizado Especial Civel, 7 novembre 2016, 0801635-32.2016.8.10.0013).
Anche nel recente decreto che ha disposto l’amministrazione giudiziaria di Uber Italy srl (T. Milano, Sez. Misure di Prevenzione, 27 maggio 2020, n. 9), è stato ravvisato l’accentramento dell’organizzazione del lavoro in capo a Uber – nell’articolazione operante nel food delivery – nonostante la presenza di altri soggetti imprenditoriali che gestivano i contatti con i riders.
La individuazione della natura giuridica delle piattaforme digitali nel senso che esse svolgono attività di impresa di trasporto o distribuzione determina un effetto assai importante anche sotto il profilo della qualificazione del rapporto di lavoro: se le piattaforme possono considerarsi imprese, si apre, de facto, la possibilità che i suoi collaboratori lavorino per conto (e non semplicemente in nome) della piattaforma stessa e che, dunque, siano inseriti in una organizzazione imprenditoriale, di mezzi materiali e immateriali, di proprietà e nella disponibilità della piattaforma stessa e così del suo proprietario o utilizzatore.
Se invece l’attività delle piattaforme in questione è considerata un’attività di mera intermediazione tra l’utenza, ovvero tra chi esegue il servizio di trasporto/consegna e chi lo acquista, residuerebbe la possibilità che i prestatori lavorino tramite una organizzazione ad essi imputabile.
Ritiene il giudicante di dover aderire all’impostazione sul punto abbracciata dalla Corte di Giustizia e sopra richiamata, certamente riferibile anche al trasporto di beni, oltre che al trasporto di persone, nel senso che l’attività della piattaforma anche della società convenuta costituisce in linea principale impresa di trasporto e distribuzione.
Chiarito, quindi, il passaggio prodromico, tuttavia essenziale, della qualificazione dell’attività della piattaforma, si possono analizzare le altre questioni, inerenti l’attività dei lavoratori delle piattaforme digitali ed in particolare quella resa dal ricorrente nel corso del rapporto di lavoro.
Molte sono state le pronunce che, all’estero, nei sistemi di civil law, hanno qualificato il rapporto di lavoro dei drivers (tra le altre 33a Vara do Trabalho de Belo Horizonte, 14 febbraio 2017, n. 0011359 – 34.2016.5.03.0112 RIDL, 2017, II) e dei riders (tra le altre Juzgado de lo Social de Valencia, 1 giugno 2018, n. 244 e la recentissima Sala de lo Social PLENO Sentencia núm. 805/2020 Fecha de sentencia: 25/09/2020, emessa in sede nomofilattica, in atti) nei termini della subordinazione, ovvero nei termini dell’autonomia (numerose le pronunce cinesi, tra cui Sun Yongling v Beijing Yixin Yixing Automotive Technology Development Services Ltd Labour Dispute Beijing First Intermediate People’s Court, Civil Judgment (2015) Yi Zhong Min zhong Zi di No 176, alcune pronunce dei giudici spagnoli prima della citata sentenza emessa in sede di nomofilachia della Sala de Social, in particolare citate e prodotte dalla convenuta: Juzgado de lo Social n. 39 Refuerzo Madrid n. 284/2018;
Tribunal Superior de Justicia de Madrid n. 715/2019); il nodo che la giurisprudenza si è trovata a districare, per stabilire se i lavoratori delle principali piattaforme digitali con cui si è confrontata fossero lavoratori autonomi o subordinati, ha riguardato il nesso tra la predeterminazione oraria per l’esercizio della loro attività e la sussistenza o meno di un vincolo di subordinazione. In altri termini, la questione fondamentale è verificare se il grado di autonomia dei lavoratori nello stabilire non solo l’an della prestazione, ma anche il quando, sia determinante, ai fini qualificatori, a tal punto da escludere che essi siano subordinati. È, infatti, noto che l’azienda stabilisce delle fasce orarie (slot nel gergo maggiormente ricorrente tra le piattaforme di consegna di pasti e bevande) all’interno delle quali si inseriscono i riders e i drivers in base a meccanismi di auto assegnazione, influenzati tuttavia (almeno nel caso di specie) anche da scelte dell’impresa, mediante l’applicazione di algoritmi.
La giurisprudenza di merito italiana finora pronunciatasi sul caso della qualificazione del rapporto dei fattorini (Trib. Torino, 7 maggio 2018, n. 778; Trib. Milano, 10 settembre 2018, n. 1853), ha escluso che possa trattarsi di lavoratori subordinati proprio in ragione del fatto che possono scegliere se e quando lavorare. L’opzione interpretativa, peraltro, aveva portato le due sentenze di primo grado citate ad escludere non solo l’applicazione dell’art. 2094 c.c., ma perfino dell’art. 2 D.Lgs. n. 81/2015, ammessa, invece, dall’ultima pronuncia della Corte di Appello di Torino (Corte D’Appello di Torino, sentenza 4 febbraio 2019, n. 26), sul punto confermata dalla Corte di Cassazione, con la notissima sentenza della Sezione Lavoro n. 1663/2020. Per i Tribunali di primo grado la libertà dei fattorini digitali di decidere se e quando lavorare compromette, ab origine, l’esercizio da parte dell’azienda del potere direttivo e disciplinare, giacché l’ipotesi di accertare il vincolo di subordinazione tra le parti verrebbe completamente svuotato di contenuto a monte, ossia semplicemente guardando alla fase genetica del rapporto.
Operando tale valutazione, tuttavia, i citati Tribunali hanno valutato solo un segmento del rapporto di lavoro con la piattaforma, quello iniziale, omettendo di addentrarsi nella valutazione anche dell’altro segmento, la fase esecutiva della prestazione. In grado di appello, la Corte Torinese, invece, affrontava l’analisi della fase esecutiva del rapporto, rilevando la sussistenza dell’eteroorganizzazione, in quanto i ricorrenti erano integrati funzionalmente nell’organizzazione determinata in via unilaterale dalla committente. La Corte ha ritenuto applicabile la disciplina di cui al primo comma dell’art. 2, D.Lgs. 81/2015, pur chiarendo che ciò non comporta, comunque, la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, in quanto il fattorino «resta, tecnicamente, autonomo» nell’esercizio della prestazione di lavoro.
La costruzione della Corte di Torino, nell’affermare che l’art. 2 cit. comporta l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., ma resta un terzo genere e, in quanto tale, distinto anche dalle collaborazioni di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., non è stata condivisa dalla Corte di Cassazione, che nella citata sentenza (pur confermando la sentenza in mancanza di ricorso da parte dei lavoratori in relazione alle domande relative ai licenziamenti), ha ritenuto che . In una prospettiva così delimitata non ha decisivo senso interrogarsi sul se tali forme di collaborazione, così connotate e di volta in volta offerte dalla realtà economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell’autonomia, perché ciò che conta è che per esse, in una terra di mezzo dai confini labili, l’ordinamento ha statuito espressamente l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato, disegnando una norma di disciplina” … “Una volta ricondotta la etero-organizzazione ad elemento di un rapporto di collaborazione funzionale con l’organizzazione del committente, così che le prestazioni del lavoratore possano, secondo la modulazione unilateralmente disposta dal primo, opportunamente inserirsi ed integrarsi con la sua organizzazione di impresa, si mette in evidenza (nell’ipotesi dell’art. 2 d.lgs. n. 81 del 2015) la differenza rispetto ad un coordinamento stabilito di comune accordo dalle parti che, invece, nella norma in esame, è imposto dall’esterno, appunto etero-organizzato.
33. Tali differenze illustrano un regime di autonomia ben diverso, significativamente ridotto nella fattispecie dell’art. 2 d.lgs. n. 81 del 2015: integro nella fase genetica dell’accordo (per la rilevata facoltà del lavoratore ad obbligarsi o meno alla prestazione), ma non nella fase funzionale, di esecuzione del rapporto, relativamente alle modalità di prestazione, determinate in modo sostanziale da una piattaforma multimediale e da un applicativo per smartphone..”, e che “possa essere ravvisata eteroorganizzazione rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina della subordinazione anche quando il committente si limiti a determinare unilateralmente il quando e il dove della prestazione personale e continuativa., concludendo nel senso che “al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni individuate dall’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2015, la legge ricollega imperativamente l’applicazione della disciplina della subordinazione., tutta intera, senza che si possa distinguere tra normativa applicabile e normativa non applicabile.
La Suprema Corte, nella medesima pronuncia, ha altresì affermato che “non può neanche escludersi che, a fronte di specifica domanda della parte interessata fondata sul parametro normativo dell’art. 2094 cod. civ., il giudice accerti in concreto la sussistenza di una vera e propria subordinazione (nella specie esclusa da entrambi i gradi di merito con statuizione non impugnata dai lavoratori), rispetto alla quale non si porrebbe neanche un problema di disciplina incompatibile; è noto quanto le controversie qualificatorie siano influenzate in modo decisivo dalle modalità effettive di svolgimento del rapporto, da come le stesse siano introdotte in giudizio, dai risultati dell’istruttoria espletata, dall’apprezzamento di tale materiale effettuato dai giudici del merito, dal convincimento ingenerato in questi circa la sufficienza degli elementi sintomatici riscontrati, tali da ritenere provata la subordinazione; il tutto con esiti talvolta difformi anche rispetto a prestazioni lavorative tipologicamente assimilabili, senza che su tali accertamenti di fatto possa estendersi il sindacato di legittimità…
La libertà di decidere se e quando lavorare, che sarebbe attribuita ai fattorini di Glovo secondo la convenuta, ove effettiva, d’altra parte, secondo la Corte di Giustizia, osta al riconoscimento della natura subordinata del rapporto.
La Corte di Giustizia, invero, da ultimo nella ordinanza del 22.04.2020, C-692/19, ha stabilito: “La direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro deve essere interpretata nel senso che preclude una persona assunta dal suo presunto datore di lavoro in virtù di un accordo di servizi che stabilisce che egli è un appaltatore indipendente occupato dall’essere classificato come “lavoratore” ai fini di tale direttiva, se a tale persona è concesso il potere discrezionale:
– utilizzare subappaltatori o sostituti per eseguire il servizio che si è impegnato a fornire;
– accettare o non accettare i vari compiti offerti dal suo presunto datore di lavoro, o fissare unilateralmente il numero massimo di tali compiti;
– fornire i propri servizi a terzi, inclusi concorrenti diretti del presunto datore di lavoro, e
– fissare le proprie ore di “lavoro” entro determinati parametri e adattare il suo tempo alle proprie comodità personali piuttosto che esclusivamente agli interessi del presunto datore di lavoro, a condizione che, in primo luogo, l’indipendenza di tale persona non risulti fittizia e, in secondo luogo, non sia possibile stabilire l’esistenza di un rapporto di subordinazione tra tale persona e il suo presunto datore di lavoro.
Tuttavia, spetta al giudice del rinvio, tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti relativi a tale persona e all’attività economica da essa svolta, qualificare lo status professionale di tale persona ai sensi della direttiva 2003/88…
Sulla scorta di tale pronuncia, la Corte Suprema Spagnola (Tribunal Supremo, Sala de lo Socilal, Pleno), nella sentenza prima citata, n. 805/2020, pronunciata in sede nomofilattica, ha ritenuto di non essere tenuta, in quanto organo giurisdizionale di ultima istanza, a rimettere la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, che si era pronunciata su identica questione, avendo del resto accertato nel merito che l’indipendenza del prestatore di lavoro era solo apparente, anche con riferimento alla scelta del come e del quando lavorare, per essere egli assoggettato alla piattaforma nell’organizzazione del proprio lavoro, in relazione al funzionamento dell’algoritmo di assegnazione degli slot, funzionale al migliore servizio per il datore di lavoro, e al sistema premiale (punitivo) delle valutazioni.
Osserva il giudicante che tale impostazione della Suprema Corte spagnola (in atti, allegata al ricorso e la cui motivazione si richiama ampiamente in relazione alle considerazioni svolte in ordine ai fatti, comuni alla presente controversia) non può che condividersi, poiché non vi è dubbio che la Corte di Giustizia lasci alla valutazione del giudice nazionale di stabilire l’effettività della libera determinazione del lavoratore in relazione ai tempi di lavoro, che precluderebbe la subordinazione, ed anche di stabilire aliunde la natura subordinata del rapporto (“Por consiguiente, si se allega a la conclusión de que la independencia del actor era meramente aparente y realmente existía una subordinación del demandante a Glovo, el citado auto del TJUE no impedirá la calificación de la relación laboral a dichos efectos”, ha affermato la Suprema Corte spagnola, così tradotto per comodità di lettura .Di conseguenza, se si perviene alla conclusione che l’indipendenza dell’attore era meramente apparente ed era di fatto esistita una subordinazione del ricorrente [rispetto] a Glovo, detta ordinanza della CGUE non impedirà la qualificazione del rapporto di lavoro a tali fini.).
Tenuti, quindi, in considerazione i principi espressi dalla Corte di Giustizia e dalla giurisprudenza (anche straniera, in relazione alla natura internazionale delle piattaforme e del lavoro svolto mediante le stesse), deve valutarsi la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro intercorso tra le parti, sulla scorta del concreto atteggiarsi del medesimo e non della sua formale qualificazione, come del resto da tempo affermato dalla Corte di Cassazione in ordine alla valutazione che il giudice deve fare della natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro.
Il ricorrente ha chiesto in principalità che il suo rapporto di lavoro venga qualificato come subordinato, ex art. 2094 c.c., accertamento che non è ffatto precluso al giudice dalla formale qualificazione giuridica del contratto come contratto d’opera (secondo contratto) o come prestazione occasionale di lavoro autonomo (primo contratto), come ribadito anche dalla sopra ricordata sentenza della Cassazione n. 1663/2020 (sul caso Foodora), la quale ha rimarcato – come detto sopra “che siffatto accertamento sia influenzato in modo decisivo dalle modalità effettive di svolgimento del rapporto, da come le stesse siano introdotte in giudizio, dai risultati dell’istruttoria espletata, dall’apprezzamento di tale materiale effettuato dai giudici del merito, dal convincimento ingenerato in questi circa la sufficienza degli elementi sintomatici riscontrati, tali da ritenere provata la subordinazione; il tutto con esiti talvolta difformi anche rispetto a prestazioni lavorative tipologicamente assimilabili, senza che su tali accertamenti di fatto possa estendersi il sindacato di legittimità”.. Sulla scorta di quanto sin qui esposto in relazione al lavoro su piattaforma e al fine di determinare la natura subordinata o autonoma del lavoro svolto dal ricorrente, si deve tenere a mente che l’art. 2094 c.c. venne scritto per la prima Rivoluzione Industriale, in cui il modello di lavoro subordinato era quello dell’operaio della fabbrica e del fordismo; esso deve necessariamente essere interpretato in modo evolutivo per applicarlo o escluderne applicazione al lavoro su piattaforma digitale, che, in sé, ben può essere subordinato, se solo si tenga presente in contenuto dell’ultima direttiva europea in tema di lavoro, che contempla anche il lavoro su piattaforma ed è destinata a trovare applicazione nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato (Direttiva 2019/1152 relativa alle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili in Ue, che dovrà essere recepita dall’Italia entro il 1° agosto 2022).
La possibilità di qualificare detto rapporto come subordinato, del resto, è stata riconosciuta dalla citata sentenza n. 1663/2020, sopra citata, e viene altresì ribadito nella recentissima circolare emanata dall’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro ieri 19.11.2020.
Sul punto, vanno altresì condivise le osservazioni in linea generale contenute nella più volte citata ultima sentenza della Sala de Social spagnola (in atti di parte ricorrente), che sono in modo evidente comuni anche al nostro ordinamento: “En la sociedad postindustrial la nota de dependencia se ha flexibilizado. Las innovaciones tecnológicas han propiciado la instauración de sistemas de control digitalizados de la prestación de servicios. La existencia de una nueva realidad productiva obliga a adaptar las notas de dependencia y ajenidad a la realidad social del tiempo en que deben aplicarse las normas.” (traduzione per comodità di lettura: “Nella società postindustriale il concetto di dipendenza è diventato più flessibile. Le innovazioni tecnologiche hanno favorito la nascita di sistemi di controllo digitalizzati per la prestazione dei servizi. L’esistenza di una nuova realtà produttiva obbliga ad adattare i concetti di dipendenza e alienità alla realtà sociale del tempo in cui le norme devono essere applicate”.).
Da tempo la Suprema Corte ha enucleato una eterodirezione attenuata, per adattare la eterodirezione prevista dall’art. 2094 c.c. a forme di lavoro diverse da quella tradizionale sopra ricordata, ma indubbiamente di carattere subordinato (ad esempio per le ipotesi di esercenti professioni subordinati quali medici o giuristi d’impresa), oppure per qualificare attività meramente esecutive svolte in assenza di autonomia nell’ambito dell’organizzazione datoriale (vedi sul punto le recentissima ordinanza della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione n. 23768/2020, con cui la Corte ha ritenuto che non potesse configurarsi un rapporto di lavoro a progetto in relazione ad attività di consegna di pizze a domicilio, confermando la sentenza di appello, che aveva ritenuto che il rapporto tra le parti si era caratterizzato per l’assoluta assenza di autonomia dei collaboratori, dovendosi qualificare i rapporti come di lavoro subordinato).
Già in passato, poi, proprio nell’ambito dell’opera di adeguamento della normativa alla mutata realtà, la sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 5 febbraio 1996 ha ritenuto che la “subordinazione in senso stretto è un concetto più pregnante e insieme qualitativamente diverso dalla subordinazione riscontrabile in altri contratti, come quelli associativi, pur coinvolgenti la capacità di lavoro di una delle parti. La differenza è determinata, a detta dei giudici costituzionali, dal concorso di due condizioni che negli altri casi non si trovano mai congiunte: la prima è costituita dall’alienità – nel senso di destinazione esclusiva ad altri del risultato per il cui conseguimento la prestazione di lavoro è utilizzata; mentre la seconda è rappresentata dall’alienità dell’organizzazione produttiva in cui la prestazione si inserisce (c.d. etero-organizzazione). La conclusione testuale della Consulta è la seguente: «Quando è integrata da queste due condizioni, la subordinazione non è semplicemente un modo di essere della prestazione dedotta in contratto, ma è una qualificazione della prestazione derivante dal tipo di regolamento di interessi prescelto dalle parti con la stipulazione di un contratto di lavoro, comportante l’incorporazione della prestazione di lavoro in una organizzazione produttiva sulla quale il lavoratore non ha alcun potere di controllo, essendo costituita per uno scopo in ordine al quale egli non ha alcun interesse (individuale) giuridicamente tutelato». Quindi, assume rilievo non tanto lo svolgimento di fatto di un’attività di lavoro connotata da elementi di subordinazione, quanto il tipo di interessi cui l’attività è funzionalizzata e il corrispondente assetto di situazioni giuridiche in cui è inserita. In quest’ambito, l’individuazione del regolamento di interessi delle parti costituisce operazione ermeneutica rigorosamente oggettiva, e prescinde dalle eventuali dichiarazioni contrattuali con detto regolamento eventualmente contrastanti.
La tesi del giudice delle leggi risulta espressamente ripresa da un unico precedente di legittimità, la sentenza n. 820/2007 della Corte di Cassazione e, più di recente, dalla Corte d’Appello di Genova (sentenza del 30.09.2013), la quale sembra voler riprendere più in generale le tesi argomentative – in cui si collocano Cass. 9 ottobre 2006, n. 21646 e Cass. 6 settembre 2007, n. 18692, tendenti a depotenziare, nell’identificazione della fattispecie del lavoro subordinato, il ruolo dell’eterodeterminazione in favore del criterio dell’etero-organizzazione ed addirittura di quello della dipendenza socio-economica del prestatore.
Fatte queste doverose premesse, va esaminato il rapporto controverso.
Nella specie, sulla scorta della sopra esposta ricostruzione del rapporto e delle sue modalità di svolgimento, documentali e sulle quali peraltro le parti in larga parte concordano, risulta provato che il ricorrente nell’anno 2019 ha lavorato sostanzialmente tutti i giorni (salvi periodi di distacco o di mancata assegnazione di ordini che egli aveva lamentato e che parte convenuta attribuisce a non meglio precisata responsabilità del lavoratore) per un numero di ore (esclusivamente di consegna e ad esclusione dei tempi di attesa) mai inferiore a quattro, spesso vicino a otto ore e in alcune giornate (36 calcola la convenuta) superiore a otto ore, mentre nel 2018, nei primi mesi del rapporto, aveva lavorato pure in modo continuativo, quasi tutti i giorni, con orario inferiore a quattro ore al giorno (come connaturato al sistema che seleziona di norma per ultimi i collaboratori senza anzianità per la prenotazione degli slot).
Osserva, quindi, il giudicante che, tenuto conto della qualità sopra ritenuta di imprenditore del settore trasporti, logistica e distribuzione della convenuta in relazione alla piattaforma mediante la quale il lavoro del ricorrente era prestato ed organizzato, peraltro unicamente dalla società nell’interesse esclusivamente proprio, detta modalità di prestazione quantitativa e prolungata nel tempo, dal 5.10.2018 al 3 marzo 2020, non può che condurre a ritenere che si tratti di una collaborazione di natura continuativa, non invece occasionale né costituita dall’insieme di singoli innumerevoli contratti, come dedotto dalla società convenuta.
Pacificamente, poi, il lavoro del ricorrente veniva gestito e organizzato dalla piattaforma (come detto organizzata unicamente da parte datoriale e nel proprio esclusivo interesse), nel senso che solo accedendo alla medesima e sottostando alle sue regole il ricorrente poteva svolgere le prestazioni di lavoro, così come è pacifico che egli non ha più né avrebbe in alcun modo più potuto svolgere nessuna prestazione lavorativa dalla data del distacco subito dalla piattaforma stessa il 3.03.2020 e sino al giudizio (o almeno sino al 12.06.2020, quando la piattaforma venne per lui riattivata dalla convenuta, senza tuttavia riceverne alcuna comunicazione).
Dallo stesso contenuto della memoria di costituzione, del resto, si evince che il ricorrente mal sopportava tale sua totale dipendenza dalla connessione alla piattaforma, tanto da scrivere sulla chat in modo scurrile e irriverente (doc. n. 16 della convenuta), e da dare in escandescenze quando, il 24.02.2020, veniva informato dalla responsabile inviata dalla convenuta a Palermo, signora P., che il distacco subito nel precedente mese di gennaio era a lui imputabile, per non meglio precisate ragioni, e che non aveva diritto ad alcun risarcimento. Del pari, è documentale il tenore dei messaggi sempre più spazientiti che il ricorrente inviava per mail al datore di lavoro per sapere la ragione per cui non veniva contattato per la riattivazione del sistema (come gli veniva promesso dal risponditore automatico quando egli vi accedeva dopo aver comunicato il versamento del contante richiestogli e che aveva determinato il distacco del 3.03.2020) e per lamentare la mancanza del promesso contatto, anche con parole scurrili, come dedotto dalla convenuta e desumibile dal testo di un paio di messaggi, in atti.
Risulta, altresì documentale e pacifico, che l’assegnazione della consegna ai rider in genere e al ricorrente in particolare avveniva e avviene da parte della piattaforma sulla scorta di un algoritmo, che valuta la posizione del rider rispetto al ristorante e/o al luogo di consegna, al fine di rendere il più veloce ed efficiente possibile il servizio di consegna. D’altra parte, in fase di prenotazione degli slot (turni di consegna), il rider pure viene selezionato dall’algoritmo, sulla scorta del punteggio posseduto, in guisa che egli di fatto può prenotare il turno che preferisce sulla scorta delle proprie esigenze (personali, di famiglia, di maggiore redditività della consegna ecc.) solo ove possegga un punteggio più elevato di quello degli altri rider della medesima città, poiché la finestra di prenotazione si apre per lui due volte a settimana (lunedì e giovedì) solo dopo che esso è stato aperto per i rider che hanno un punteggio superiore al suo: tanto più basso è il punteggio del rider e tanto più è probabile che egli, al momento dell’apertura sul suo profilo della piattaforma delle prenotazioni degli slot, trovi i turni migliori o a lui più graditi già tutti prenotati dai colleghi che hanno un punteggio più alto dei suo, sul cui profilo i medesimi vengono aperti prima e quindi da loro prenotati.
Osserva il giudicante che questo fatto accertato comporta, da un lato, che la prestazione dei rider e del ricorrente in particolare risulta completamente organizzata dall’esterno (eteroorganizzata), e, d’altra parte, che la libertà del rider, segnatamente del ricorrente, di scegliere se e quando lavorare, su cui si fonda la natura autonoma della prestazione (anche sulla scorta della citata decisione della Corte di Giustizia), non è reale, ma solo apparente e fittizia, poiché, a tutto concedere, il lavoratore può scegliere di prenotarsi per i turni che la piattaforma (e quindi il datore di lavoro che ne è titolare o ne ha il controllo) mette a sua disposizione in ragione del suo punteggio. Egli, inoltre, per poter realmente svolgere la prestazione, deve essere loggato nel periodo di tempo che precede l’assegnazione della consegna, avere il cellulare carico in misura almeno pari al 20% e trovarsi nelle vicinanze del locale presso cui la merce dev’essere ritirata, poiché altrimenti l’algoritmo non lo selezionerà, benché egli avesse prenotato e non disdetto lo slot, con la conseguenza che, in verità, non è lui che sceglie quando lavorare o meno, poiché le consegne vengono assegnate dalla piattaforma tramite l’algoritmo, sulla scorta di criteri del tutto estranei alle preferenze e allo stesso generale interesse dal lavoratore (nel medesimo senso ha ritenuto la già citata sentenza della Suprema Corte spagnola, agli atti di parte ricorrente).
La circostanza sopra evidenziata e pure documentale che i turni di prenotazione (slot) si aprono sull’app e possono essere prenotati dai lavoratori in ordine di punteggio dai medesimi posseduto e che il punteggio viene assegnato con i criteri sopra precisati e subisce riduzioni in ragione di condotte fra cui annoverare la “libera scelta” del lavoratore di rifiutare un turno prenotato (tanto più se in ritardo rispetto al termine di tre ore prima del suo inizio in cui il rifiuto può essere effettuato sull’app) – come emerge dai documenti in atti benché oggetto di contestazione meramente labiale da parte della società – porta, altresì, a ritenere che il rider, ed in particolare il ricorrente, sia in realtà sottoposto al potere disciplinare del datore di lavoro, oltre che al suo potere organizzativo e direttivo in relazione alla cennata serie ordinata di attività che egli è tenuto a svolgere sulla piattaforma per riuscire a svolgere l’attività lavorativa.
Ed invero, la circostanza che il punteggio del rider aumenti in modo premiale – in relazione cioè allo svolgimento di attività in cd. alta domanda – del partner convenzionato (35% doc. 12 del ricorrente), all’efficienza del lavoratore (35% doc. 13 del ricorrente), al feedback dell’utente (15% doc. 14 del ricorrente), all’esperienza del lavoratore (10% doc.15 del ricorrente) e al feedback dei partner (5% doc 16 del ricorrente) – non toglie affatto che il suo mancato aumento o la sua riduzione (a causa di condotte che in sostanza corrispondono a una negativa valutazione nei predetti parametri) costituiscano delle vere e proprie sanzioni disciplinari atipiche, sanzionando in sostanza un rendimento del lavoratore inferiore alle sue potenzialità con una retrocessione nel punteggio e quindi nella possibilità di lavorare a condizioni migliori o più vantaggiose.
Le modalità, poi, di assegnazione degli incarichi di consegna da parte dell’algoritmo (e quindi del datore di lavoro) costringono il lavoratore a essere a disposizione del datore di lavoro nel periodo di tempo antecedente l’assegnazione dello stesso, mediante la connessione all’app con il cellulare carico e la presenza fisica in luogo vicino quanto più possibile ai locali partner di parte datoriale, realizzando così una condotta tipica della subordinazione.
In sostanza, quindi, al di là dell’apparente e dichiarata (in contratto) libertà del rider, e del ricorrente in particolare, di scegliere i tempi di lavoro e se rendere o meno la prestazione, l’organizzazione del lavoro operata in modo esclusivo dalla parte convenuta sulla piattaforma digitale nella propria disponibilità si traduce, oltre che nell’integrazione del presupposto della eteroorganizzazione, anche nella messa a disposizione del datore di lavoro da parte del lavoratore delle proprie energie lavorative per consistenti periodi temporali (peraltro non retribuiti) e nell’esercizio da parte della convenuta di poteri di direzione e controllo, oltre che di natura latamente disciplinare, che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie del lavoro subordinato ex art. 2094 c.c..
Né può obiettarsi che dette modalità sono connaturate alla piattaforma e che pertanto non modificano la natura autonoma del rapporto lavorativo pattuita in contratto, perché la piattaforma non è un terzo, dovendosi con essa identificare il datore di lavoro che ne ha la disponibilità e che programma gli algoritmi – peraltro non esibiti in giudizio – che regolano l’organizzazione del lavoro con le modalità predette e di fatto sovrastano il lavoratore con il subdolo esercizio di un potere di totale controllo sul medesimo, ai fini dell’esecuzione della prestazione lavorativa.
Pertanto, lo svolgimento della prestazione con le modalità suddette è connotata dalla subordinazione, sia ove considerata come doppia alienità – come definita la subordinazione dalla Consulta con la sentenza sopra citata -, sia ove considerata sulla scorta del paradigma della eterodirezione che l’art. 2094 c.c. aveva coniato per i rapporti di lavoro tipici della prima Rivoluzione Industriale, nei quali la natura subordinata del rapporto così definita appare ben più immediatamente ed evidentemente percepibile, anche sulla scorta degli indici rivelatori studiati per detta tipologia di lavorazioni.
Osserva il giudicante che, inoltre, nel corso del rapporto di lavoro del ricorrente, si sono verificati alcuni accadimenti che confermano la natura subordinata del suo rapporto di lavoro.
Anzitutto, come accennato, il carattere continuativo con cui è stata di fatto resa la prestazione con un orario nell’ultimo anno in media analogo a quello ordinario di un rapporto subordinato con il CCNL Commercio Terziario, applicato dalla convenuta (come pacifico e riconosciuto all’odierna udienza, in cui veniva dalla stessa formulata proposta transattiva di assunzione con detto CCNL, applicato in azienda ad altri lavoratori addetti a diverse mansioni), di otto ore al giorno e 40 ore settimanali.
In secondo luogo, le modalità con cui la prestazione è stata svolta, senza margini di autonomia rispetto alla piattaforma, che spesso creava al ricorrente problematiche che non era possibile risolvere neppure contattando la società con l’apposita chat dedicata (vedi anche il doc. n. 16 di parte convenuta), a mezzo della quale l’operatore in turno spesso non rispondeva ripetutamente alle domande del ricorrente, dicendogli che il proprio compito non era risolvere i suoi dubbi sul funzionamento del sistema, perché ciò non sarebbe stato funzionale al suo lavoro. Dai messaggi contenuti nel citato documento 16 di parte convenuta emerge che l’operatore in turno sulla chat evidenziava altresì che “il sistema fa tutto in automatico” e che assegna gli ordini pure in automatico, sicché in assenza di ordini nello slot prenotato dal ricorrente, egli poteva solo “cambiare zona e muoversi nell’area di servizio”.
Il funzionamento del sistema della piattaforma, automatico – come ribadito nei messaggi della chat che dovrebbe dare supporto ai rider, prodotti dalla stessa convenuta,- era organizzato in modo da non fornire risposte alle domande del ricorrente, che, dopo giorni di inattività per mancata assegnazione di ordini negli slot prenotati, per ragioni ignote, perdeva la pazienza ed inveiva al suo indirizzo e a quello dei suoi organizzatori (doc. 16 di parte convenuta), sentendosi del tutto impotente avverso l’ignota modalità di funzionamento della piattaforma medesima, esattamente come un operaio del secolo scorso rispetto alla modalità di funzionamento della catena di montaggio, sulla quale però verosimilmente il capo operaio poteva fornirgli spiegazioni in tempo reale. Le modalità di funzionamento della piattaforma – rimaste ignote al ricorrente nel corso del rapporto e anche nella presente causa, in cui non sono stati prodotti gli algoritmi che ne regolano aspetti essenziali, quali lo sblocco degli slot e l’assegnazione degli ordini – appaiono aver privato del tutto il ricorrente di qualsiasi possibilità di scegliere se e quando lavorare: egli, infatti, pur avendo prenotato i relativi slot ed essendosi posizionato fisicamente in una zona nella quale insistono esercizi commerciali partner della convenuta, non riceveva ordini per molti giorni consecutivi, rimanendo tuttavia nelle giornate e orari dei predetti slot a disposizione della convenuta ed in attesa.
Per alcune giornate, poi, il ricorrente subiva il distacco dell’account della piattaforma, ciò di cui chiedeva spiegazioni alla signora P. in occasione della sua presenza a Palermo, richiedendo di essere risarcito per il lavoro perso; la P., in occasione della successiva visita a Palermo, il 24.02.2020 rispondeva al ricorrente che i distacchi erano addebitabili a una sua non meglio precisata condotta, provocando nel T. uno scoppio d’ira e la minaccia di agire in giudizio.
Nella specie, in ogni caso, secondo la stessa convenuta, il ricorrente era stato temporaneamente disconnesso in ragione di una sua condotta, subendo così una sanzione disciplinare atipica che comportava la sospensione dal lavoro, senza ricevere né una previa contestazione disciplinare e neppure una esauriente spiegazione postuma.
Deve, quindi, concludersi che nella fattispecie il lavoratore è stato soggetto al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.
Ulteriore conferma della sottoposizione del ricorrente al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro si ottiene dalle circostanze del distacco del ricorrente dalla piattaforma, che egli ha impugnato quale licenziamento orale e comunque nullo, in quanto discriminatorio e ritorsivo.
Risulta, infatti, provato e pacifico in causa che il ricorrente:
– il 30 gennaio 2020, con l’assistenza del Sig. A.G., Segretario Generale dell’organizzazione sindacale Nidil Cgil di Palermo, incontrava la Glovo Specialist., Sig.ra P.P., alla quale lamentava i danni subiti in conseguenza delle disfunzioni del sistema cui si è più sopra accennato: il blocco ingiustificato del suo account per i giorni dal 23 al 26 gennaio 2020 – che gli aveva impedito di prenotarsi e di svolgere il lavoro – il fatto dal 29 aprile al 13 maggio 2019 era rimasto privo di ordini per due settimane consecutive; condotte per le quali richiedeva un risarcimento.
Lamentava inoltre la mancata consegna di dispositivi di protezione individuale la cui mancanza era stata in precedenza oggetto di comunicati stampa da parte del segretario del Nidil di Palermo (doc. 39 allegato al ricorso). Al termine dell’incontro la sig.ra P. assicurava che avrebbe effettuato delle verifiche rispetto alle richieste del ricorrente;
– in data 11 febbraio 2020, unitamente al Segretario Generale Nidil – Cgil e al Direttore Regionale dell’Inail della Sicilia, partecipava alla trasmissione televisiva “Cronache Siciliane”, trasmessa dall’emittente del Giornale di Sicilia, dedicata alle condizioni di lavoro dei rider di Palermo, ivi, presente con il suo portavivande in studio, denunciava sia la mancata consegna da parte della convenuta dei DPI che le precarie condizioni di lavoro nelle quali i rider sono costretti a operare (doc. 40 allegato al ricorso);
– in data 24 febbraio 2020 sempre alla presenza del Segretario Generale Nidil Cgil di Palermo (doc. 41 allegato al ricorso), incontrava nuovamente, la Sig.ra P. – che gli riferiva che il blocco dell’account era da attribuire esclusivamente a sue inadempienze e che, pertanto, la società non riconosceva alcun risarcimento – e discuteva animatamente con la citata rappresentante della società, manifestando la propria volontà di agire in giudizio;
– domenica 1 marzo 2020, effettuava, nel corso della giornata, numerose consegne accumulando un saldo cassa per un totale € 215,00, ritenendo di non dover versate l’eccedenza del saldo di cassa, in conseguenza di messaggio inviato dalla società a tutti i rider di Palermo, che veniva poi modificato dalla convenuta alle ore 21:30 della stessa domenica;
– alle ore 3,31 del mattino del lunedì 2 marzo 2020 riceveva un messaggio della società convenuta con cui gli veniva comunicato che aveva – un valore troppo alto di saldo alla mano – e lo invitava ad effettuare un bonifico per motivi di sicurezza, entro le 24 ore dal ricevimento del messaggio, di € 170,00, onde evitare che il suo account venisse bloccato (doc 42 allegato al ricorso);
– martedì 3 marzo 2020 alle ore 6,03 del mattino il ricorrente riceveva l’ultimo sms dalla società convenuta, con il quale veniva informato di essere stato sospeso per motivi di sicurezza, non avendo operato il versamento, e di essere quindi disconnesso (doc. 43 allegato al ricorso);
– in data 3 marzo 2020 faceva alla società un bonifico di euro 100,00, e il 4 marzo 2020 un secondo bonifico di euro 200,00 (doc. 44 allegato al ricorso);
– poiché il suo account non veniva riattivato dopo i bonifici, come previsto dalle regole della piattaforma (doc 46 allegato al ricorso), sollecitava più volte la riattivazione dell’account scrivendo all’indirizzo di posta elettronica glovers@glovoapp.com – usualmente utilizzato per comunicare con gli operatori messi a disposizione della piattaforma Glovo per l’assistenza ai corrieri – ma riceveva esclusivamente risposte automatiche nelle quali veniva informato che sarebbe stato ricontattato al più presto (cfr. doc 47, 48, 49 allegati al ricorso);
– impugnava quindi la cessazione del rapporto con comunicazione del 28 aprile 2020 in allegato a pec del difensore del 30.04.2020 (doc. 50 allegato al ricorso);
– il 13.05.2020 chiedeva alla società, ai sensi del Regolamento UE 679/2016, di acquisire informazioni essenziali per la tutela dei propri diritti e in particolare di conoscere l’esistenza di un trattamento di dati che ha determinato la decisione di disconnettere il suo account e di non riconnetterlo dopo la richiesta (doc. 51 allegato al ricorso);
– in data 13 giugno 2020 riceveva riscontro a detta istanza dalla società, che tuttavia non forniva risposta alle domande relative al distacco dell’account ritenendo che fossero estranee al trattamento di dati personali (doc. 38 allegato al ricorso), sì da determinarlo a proporre reclamo innanzi all’Autorità Garante per il Trattamento dei Dati personali;
– in data 29.07.2020 depositava il presente ricorso per impugnativa di licenziamento e pagamento di differenze retributive;
– in data 12.08.2020 il suo procuratore avv. G.L.M. – cui aveva dato mandato ai fini dell’impugnativa di licenziamento e delle altre richieste inviate alla società con la nota del 28.04.2020 (pec 30.04.2020) – riceveva pec dall’avv. , con allegata missiva datata 31.07.2020, con cui, in nome e per conto della società, veniva dato come di seguito riscontro alla predetta impugnativa: “Gentile collega, ho ricevuto incarico dalla Società indicata in oggetto di riscontrare la Sua dello scorso 30 aprile per contestarne integralmente il contenuto.
Anzitutto il sig. T. non ha mai svolto prestazioni di lavoro subordinato per la mia assistita, posto che il rapporto in essere si è svolto con piena libertà di entrambe le parti di assegnare incarichi di consegna, sulla base della disponibilità liberamente comunicata dal Suo assistito e di accettare i suddetti incarichi.
In nessun caso, poi, il sig. T. ha svolto prestazioni di consegna per “almeno 60 ore settimanali.”
Quanto al blocco dell’account, premesso che la mia assistita non ha alcun obbligo di assegnare incarichi di consegna ai prestatori d’opera occasionale (sicché non ha alcun senso discorrere di cessazione del rapporto di lavoro e tantomeno di licenziamento), come il sig. T. ben sa questo è avvenuto automaticamente per effetto del mancato tempestivo bonifico delle somme trattenute. Successivamente alla verifiche effettuate, il sig. T. è stato riattivato.”
Osserva il giudicante che la esposta ricostruzione dei fatti non è oggetto di contestazione tra le parti e che la società convenuta ha attribuito il prolungamento del distacco dell’account a un non meglio precisato errore del sistema, chiedendo di dimostrare che la signora P. e il suo collega non avevano riferito ai vertici societari della partecipazione del ricorrente alla trasmissione televisiva Cronache Siciliane, in cui rivendicava maggiori garanzie per il lavoro dei rider.
Orbene, la ricostruzione della società, oltre che priva di riscontro probatorio (la prova richiesta con la sig. P. e altro dipendente sociale non è stata ammessa, non potendosi con essa dimostrare che in presenza degli attuali mezzi tecnologici la società non fosse venuta comunque a conoscenza del contenuto di una trasmissione televisiva sui riders), appare inverosimile.
Ed invero, risulta provato che il ricorrente avesse trasmesso, con le modalità richieste dalla convenuta e regolamentate sulla piattaforma Glovo, i bonifici delle somme richieste, relative al saldo di cassa, senza che il suo account venisse riattivato, come invece previsto dalle regole della piattaforma medesima, ma anche che il ricorrente avesse inviato diverse e-mail (4, 7 e 9 marzo 2020) rappresentando di non essere stato riconnesso, senza ricevere alcuna risposta, nonché, successivamente, lettera di impugnativa del licenziamento, ricevuta dalla società pacificamente in allegato a pec dell’avv. L.M. del 30.04.2020 (riscontrata con pec dall’avv. solo il 12.08.2020) e richiesta di informazioni sul trattamento dei dati personali del 13.05.2020, ricevendo risposta il 13.06.2020 senza alcuna indicazione in merito al distacco dell’account.
Ove, infatti, si fosse trattato di un mero errore, la società avrebbe avuto modo di avvedersene immediatamente e avrebbe subito riattivato l’account del ricorrente, invece risulta che l’account sia stato riattivato dalla società solo il 12.06.2020, dopo quasi un mese e mezzo dalla ricezione dell’impugnativa di licenziamento e dopo tre mesi da quella delle citate e-mail, giusto il giorno precedente all’ultimo utile per fornire risposta in relazione alla richiesta sul trattamento dei dati personali, senza peraltro darne alcuna comunicazione al ricorrente se non dopo il ricorso introduttivo del presente giudizio, con il laconico “il sig. T. risulta riattivato. contenuto nella missiva allegata alla pec dell’avv. del 12.08.2020 all’avv. L.M. – privo di alcuna indicazione della data in cui la riattivazione sarebbe avvenuta – e poi con la memoria di costituzione nel presente giudizio.
Poiché è stato accertato in modo pacifico che quella indicata è la ricostruzione dei fatti come accaduti, non può pertanto ritenersi verosimile la deduzione della società in merito ad un non meglio precisato né documentato errore tecnico relativo alla mancata riattivazione dell’account del ricorrente, dovendosi di conseguenza ritenere al contrario verosimile che, se non il distacco, certamente la mancata riattivazione dell’account del T. sia riconducibile alla volontà della società di reagire in tal modo alle provate rivendicazioni di natura sindacale operate dal ricorrente, accompagnato dal proprio rappresentante sindacale, sia in due occasioni di incontro con il Glover Specialist, che mediante la partecipazione a una trasmissione televisiva, nel mese di febbraio 2020 (l’ultima il 24.02.2020), immediatamente antecedente il distacco del ricorrente in data 3.03.2020 e la sua omessa riconnessione il 4.03.2020.
La sequenza temporale dei fatti – contrariamente a quanto asserito dalla convenuta – è tanto diretta ed immediata da portare a ritenere assai verosimile l’intento punitivo datoriale.
Il convincimento del giudice sul punto, del resto, non può che essere rafforzato dalle deduzioni della società in merito a una condotta offensiva posta in essere dal ricorrente, sia tramite le comunicazioni all’indirizzo della società (doc. n. 16), che a voce all’indirizzo della dipendente societaria signora P. nell’ultima della occasioni appena citate (24.02.2020): questa, infatti, avrebbe forse potuto giustificare una contestazione disciplinare da parte della società, che tuttavia non vi è stata e che avrebbe obbligato la convenuta a dar prova della giusta causa di licenziamento (non fornita), essendosi al contrario la convenuta limitata a impedire al ricorrente qualsiasi possibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, mediante la disconnessione e l’omessa riconnessione del suo account.
Infatti, in mancanza di prova della causale dedotta dal datore di lavoro a fondamento del licenziamento, deve ritenersi provata l’unicità del motivo di ritorsione dedotto e provato dal lavoratore, come nel caso di specie.
Per tutte le argomentazioni sopra esposte, deve, quindi, anzitutto dichiararsi che tra le parti intercorre un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, con mansioni di ciclofattorino di cui al VI livello del CCNL Terziario, Distribuzione e servizi pacificamente applicato dalla convenuta ai propri dipendenti, dal 5.10.2018, come in parte dispositiva.
Qualificato, così, il rapporto di lavoro come rapporto di lavoro subordinato, per tutte le ragioni sopra evidenziate, ivi compresa quella consistente nell’esercizio del potere latamente disciplinare esercitato dal datore di lavoro mediante ripetuti distacchi dalla piattaforma, omissione di ordini per periodi prolungati negli orari degli slot prenotati e definitivo distacco dell’account, quest’ultima condotta non può che qualificarsi come licenziamento, attesa la pacifica impossibilità per il ricorrente di rendere la prestazione lavorativa al di fuori della piattaforma.
Detto licenziamento, del resto, pur dovendosi verosimilmente addebitare esclusivamente a motivo ritorsivo, come detto, è stato intimato in forma orale, inidonea a produrre la risoluzione del rapporto.
Ed invero, nessuna comunicazione in alcuna forma è mai pervenuta al ricorrente dell’intenzione della società di procedere al distacco del suo account, sicché appare ozioso interrogarsi se la comunicazione pervenuta al ricorrente a mezzo della chat del 3.03.2020 alle ore 6:03 A.M. “Il tuo account Glovo è stato messo in pausa per motivi di sicurezza perché non hai effettuato un deposito per ridurre il saldo alla mano., sia o meno una comunicazione caratterizzata dalla necessaria forma scritta, poiché in ogni caso da essa non si desume in alcun modo la volontà datoriale di recedere dal rapporto di lavoro con il ricorrente, ma solo di sospenderlo in modo temporaneo, soprattutto se essa viene messa in relazione con la precedente comunicazione del 2.03.2020 alle ore 3:31 AM, del seguente contenuto: “Hai un valore troppo alto di Saldo alla mano. Per sicurezza deposita 170.00 euro entro 24 ore, altrimenti dovremo mettere in pausa il tuo account Glovo. Dettagli: IBAN: IT62R0326801604052173090121 oppure IT85Q0326801604052173090120 intestato a: F. SRL Causale 6631 0708 Deposito in contanti. Per maggiori informazioni consulta Web of Glovers: https//bit.ly/glovo_3a6JoQs Compila il seguente questionario dopo aver fatto il bonificohttp://bit.ly/glovo cash-it.”
Tanto chiarito, nella specie, il licenziamento del ricorrente è stato intimato per fatti concludenti, consistenti nella mancata riattivazione del suo account non appena egli comunicò nelle forme richieste i bonifici effettuati sull’IBAN della società sopra indicato, secondo le regole contrattuali indicate dalla piattaforma in generale e al ricorrente in particolare con la citata chat del 2.03.2020.
Pertanto esso non può che qualificarsi come licenziamento orale, avverso il quale non vi era alcun onere di impugnativa: esso risulta infatti paragonabile a quello, indubbiamente orale, che venisse intimato a un lavoratore subordinato che fosse stato sospeso dal servizio o fosse in aspettativa per qualsivoglia ragione e a cui venga al rientro in servizio fisicamente impedito l’ingresso sul luogo di lavoro (ad esempio cambiando la serratura del suo ingresso, le cui chiavi erano in possesso del lavoratore), senza l’invio di una comunicazione di licenziamento in forma scritta.
Del resto, ove così non fosse, l’eccezione di tardività dell’impugnativa di licenziamento appare infondata.
Ed invero, da un lato, la pec dell’avv. L.M. con allegata l’impugnativa sottoscritta dal ricorrente (come egli ha dedotto e come parte datoriale non ha sconfessato tramite la produzione dell’allegato pervenutole privo di sottoscrizione), pur senza l’autenticazione notarile della stessa, venne inviata il 30.04.2020, in periodo di lockdown, in presenza di una normativa ampiamente derogatoria delle regole generali in tema di consegna della corrispondenza, anche a mezzo di posta raccomandata, al fine di prevenire ed evitare il diffondersi del contagio da COVID 19, e che consentiva la trasmissione della medesima a mezzo pec anche in deroga alle regole ordinarie, il cui rigido rispetto avrebbe, del resto, prodotto la violazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, nel rendere impossibile o eccessivamente difficoltoso l’esercizio del diritto all’impugnativa (il cui termine secondo la convenuta scadeva il 2.05.2020).
D’altra parte, la società non ha certo disconosciuto che l’impugnativa di licenziamento fosse stata inviata dal ricorrente per il tramite del suo difensore munito di mandato, tanto che con pec del 12.08.2020 dell’avv. , inviata in suo nome e per suo conto, rispondeva alla stessa, ritenendola infondata.
Appare, quindi, raggiunta la finalità in vista della quale la norma prevede il breve termine decadenziale, di portare, cioè, a conoscenza del datore di lavoro l’intenzione del lavoratore di impugnare il licenziamento, mediante un atto scritto (vedi anche sul punto Corte d’Appello di Napoli, 4356/2019 del 5.08.2019 in RG. 560/2019): ed invero è indubbiamente un atto scritto la pec inviata dall’avv. L.M., con allegata l’impugnativa della cui provenienza dal lavoratore parte convenuta ha dimostrato di non aver dubitato sino alla costituzione in giudizio, così come della validità del mandato conferito dal ricorrente al predetto difensore.
Acclarato che il ricorrente è stato licenziato oralmente dal rapporto di lavoro subordinato intrattenuto di fatto con la convenuta e ritenuto che siffatto licenziamento è inefficace, non essendo idoneo a risolvere il rapporto di lavoro, e che il rapporto non era stato ricostituito di fatto, in assenza di alcuna comunicazione di riconnessione, in particolare quale rapporto di lavoro subordinato come accertato con la presente sentenza, ne consegue l’applicazione in favore del ricorrente della tutela reintegratoria prevista dal d.lvo 23/2015 con richiamo all’art. 18, commi dal primo al terzo, St. Lav. nel testo modificato dalla l. n. 92/2012. La società dovrà, quindi, essere condannata alla reintegrazione del lavoratore nel proprio posto di lavoro, oltre che al pagamento di un’indennità risarcitoria pari alla retribuzione mensile che avrebbe percepito per il rapporto di lavoro accertato come sopra, a tempo pieno e indeterminato, con mansioni di ciclofattorino di cui al VI livello del CCNL Terziario, Distribuzione e servizi pacificamente applicato dalla convenuta ai propri dipendenti, come quantificata in parte dispositiva, dal momento del licenziamento, del 4.03.2020 . data in cui l’account avrebbe dovuto essere riattivato . sino alla reintegrazione effettiva, oltre contributi previdenziali e assistenziali.
Venendo alla domanda di differenze retributive formulata dal ricorrente, deve rilavarsi che non vi è contestazione sulla quantità di ore lavorate dal ricorrente per effettuare le consegne e che, parimenti, non vi è contestazione specifica da parte del datore di lavoro in merito al numero delle ore in cui, al di fuori della consegne e al fine di operare le medesime, il lavoratore fu a disposizione del datore di lavoro, ore che nel rapporto di lavoro subordinato vanno retribuite con la retribuzione fissata dal CCNL.
L’accertamento sin dall’inizio della natura subordinata del rapporto e del suo svolgimento a tempo pieno comporta l’applicazione all’intero rapporto della retribuzione prevista dall’inquadramento del VI livello del CCNL Terziario applicato, laddove è pacifico che il ricorrente ha ricevuto una retribuzione inferiore.
Va rilevato, altresì, che non vi è contestazione specifica da parte della società, che avrebbe dovuto formularla in modo preciso nella comparsa di costituzione ex art. 416 c.p.c., dei conteggi operati dal ricorrente in allegato al ricorso, sulla scorta del CCNL applicato dalla società ai suoi dipendenti. La contestazione della convenuta in memoria di costituzione si limita alla debenza delle somme relative agli istituti puramente contrattuali, quali la 14° mensilità.
Osserva il giudicante che l’eccezione di parte convenuta sul punto appare infondata, poiché l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato da inquadrare sulla scorta di un contratto collettivo già applicato dalla società non può che condurre alla liquidazione della retribuzione dovuta sulla scorta del CCNL applicato dal datore di lavoro, senza decurtazioni.
La convenuta va quindi condannata al pagamento delle differenze retributive come quantificate in ricorso, di cui in parte dispositiva.
Da ultimo, va esaminata la domanda di indennizzo proposta dal ricorrente ex art. 47 ter d.lvo 81/2015.
Osserva il giudicante che la norma da ultimo citata, anche sulla scorta dell’interpretazione normativa fornita con circolare del 19.11.2020 dell’Ufficio legislativo del Ministero del Lavoro, al pari della restante normativa contenuta negli artt. dal 47 bis al 47 septies del citato decreto legislativo, appare finalizzata a regolamentare i casi residuali di lavoro occasionale dei riders, reso nelle forme del lavoro autonomo, poiché ai rapporti eteroorganizzati ex art. 2 del medesimo d.l.vo 81/2015 e tanto più a quelli qualificati come subordinati ex art. 2094 c.c. – si applica in toto la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, non necessitando gli stessi della tutela minima garantita ai predetti lavoratori autonomi.
La disposizione appare, quindi, inapplicabile al rapporto di lavoro subordinato intrattenuto tra le parti, sicché non giova indagare sull’esistenza dei presupposti di fatto cui la norma in parola ricollega l’indennizzo richiesto in ricorso, la cui domanda non può per detta ragione trovare accoglimento.
Vanno, quindi, emesse le statuizioni di cui al dispositivo, depositato in forma cartacea a causa del distacco del sistema telematico avvenuto dalle ore 15 della giornata odierna, prima della conclusione dell’udienza di discussione, anche in relazione alle spese di lite, ivi liquidate e distratte, che seguono la soccombenza assolutamente prevalente della società convenuta.
La complessità della motivazione giustifica l’assegnazione del termine di giorni 60 per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, dichiara che tra il ricorrente T.M. e la F. S.R.L. intercorre un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, dal 5.10.2018, con lo svolgimento da parte del ricorrente di mansioni di ciclofattorino addetto alla consegna di merci, cibi e bevande, a domicilio, da inquadrare nel VI livello del C.C.N.L. Terziario Distribuzione e Servizi.
Dichiara inefficace il licenziamento oralmente intimato al ricorrente dalla società convenuta mediante il suo perdurante distacco dalla piattaforma Glovo dal 3.03.2020 in poi e sino al 12.06.2020 e condanna la F. S.R.L., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro, con l’inquadramento e le mansioni sopra indicati, nonché al pagamento in suo favore di un’indennità risarcitoria pari all’ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del T.F.R. che avrebbe dovuto percepire, pari a € 1.407,94 mensili, dal 4.03.2020 sino all’effettiva reintegrazione, oltre contributi previdenziali e assistenziali.
Condanna la società convenuta F. S.R.L., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore del ricorrente, a titolo di differenze retributive per il periodo dal 5.10.2018 al 4.03.2020, della somma complessiva di € 13.313,41.
Condanna F. S.R.L., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, alla rifusione, in favore della parte ricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi € 16.000,00, per compensi professionali, oltre rimborso spese generali 15%, C.P.A. e I.V.A., se dovute come per legge, di cui dispone la distrazione in favore dei suoi procuratori costituiti, antistatari.
Assegna il termine di 60 giorni per il deposito.
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