Rio de Janeiro, 18 Luglio 2024. Intervento del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella al Centro Brasiliano per le Relazioni Internazionali dal titolo “Un dialogo inclusivo per uno scenario internazionale in evoluzione: partenariati e prospettive al livello bilaterale, regionale e globale”

“Signora Presidente Dias Leite,

Signori Ambasciatori Azambuja e Ricupero,

Autorità,

Signore e Signori,

sono lieto di essere tra voi, ospite di una istituzione così prestigiosa.

Il Centro Brasiliano di Relazioni Internazionali svolge un importante e apprezzatissimo lavoro scientifico a sostegno della formulazione di politiche pubbliche e della promozione dell’agenda internazionale del Brasile.

Da quest’anno, con l’ingresso della Presidente Dias Leite nel Comitato Consultivo dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano, il CEBRI ha stabilito con l’Italia vincoli ancora più stretti.

Lo considero di grande significato e auguro un ulteriore sviluppo di questa collaborazione.

L’amicizia e la cordialità riservate oltre che a me, a mia figlia, al Viceministro, alla delegazione che mi accompagna, sono conferma dei profondi legami e delle affinità che uniscono Brasile e Italia.

A distanza di 24 anni dalla visita del Presidente Ciampi, ho desiderato effettuare un viaggio che potesse permettere di fare esperienza di diversi aspetti della realtà del Paese.

Recarmi a Brasília, Rio de Janeiro, San Paolo, Salvador e Porto Alegre – quest’ultima drammaticamente colpita dalle alluvioni delle scorse settimane – è un privilegio che consente di apprezzare la multiforme e ricca varietà del Brasile.

Ogni tappa esprime un profilo differente dell’identità profonda di questo Paese di dimensioni continentali. “Gigante per la tua stessa natura”, come recita il vostro inno nazionale.

Le relazioni d’amicizia che intratteniamo con il Brasile rappresentano un patrimonio condiviso, alimentato dal contributo di oltre ottocentomila italiani qui residenti e dalla più ampia comunità al mondo di italo-discendenti. Questi hanno svolto un ruolo attivo nel costruire il Brasile di oggi, il suo sviluppo e la sua prosperità.

Siamo grati al Parlamento brasiliano per aver istituito la data del 21 febbraio come “Giornata del migrante italiano”, in ricordo dello sbarco a Vitória nel 1874 di un centinaio di italiani partiti da Genova a bordo del vapore “La Sofia”. Portavano con sé pochi beni ma li spingeva l’aspirazione di voler prendere parte all’impresa di plasmare un Paese, disposti a integrarsi, e recavano la determinazione a raggiungere, con il proprio lavoro, una vita migliore.

Questa terra generosa ha offerto loro accoglienza e opportunità e questo alimenta la riconoscenza da parte dell’Italia.

Il 150° anniversario dell’inizio della migrazione italiana in Brasile rappresenta un momento significativo nel rapporto tra i nostri Paesi e sollecita a riflettere sulla indivisibilità dei destini umani, ricordando questa pagina che ha segnato la nostra identità e la nostra storia recente. Una esperienza di cui siamo chiamati a far tesoro – unitamente ai nostri partner europei – nell’affrontare a nostra volta la sfida dell’accoglienza che l’attuale fenomeno migratorio pone alle nostre società.

Le evidenti simpatie e somiglianze tra i nostri popoli potrebbero essere considerate un tema secondario nei rapporti internazionali; al contrario assumono una rilevanza nuova in relazione alle trasformazioni indotte dalle innovazioni tecnologiche che influenzano profondamente la sfera delle relazioni sociali, le scelte di vita e le stesse relazioni politiche.

Le basi del dialogo sono i valori che appartengono ai nostri due popoli. L’amore per la libertà, la spinta a una società equa e inclusiva, il presidio offerto dallo Stato di diritto e dalla vigenza della democrazia.

Il Brasile rappresenta uno dei maggiori protagonisti nel panorama delle democrazie mondiali.

“Nel mondo di oggi, diciamo la verità, la democrazia non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’Uomo”.

Non sono parole mie. Le ha pronunciate pochi giorni orsono, con l’efficacia comunicativa che lo caratterizza, Papa Francesco, il primo Pontefice sudamericano.

Il Brasile, democrazia grande e vibrante, è il partner ideale per un confronto su questi temi; aperto a tutti, senza preclusioni ideologiche o di posizionamento geopolitico.

Perché – dobbiamo interrogarci – c’è un ruolo, una responsabilità delle democrazie nel mondo? Perché, accanto agli interessi e alla loro composizione, ci sono valori che nutrono la convivenza internazionale e il rispetto reciproco.

Amici del CEBRI,

Autorità,

Signore e Signori,

questa mia visita di Stato avviene in un anno speciale, nel quale ai nostri Paesi sono affidate particolari responsabilità.

Nel 2024 il Brasile è chiamato a guidare il G20, mentre l’Italia presiede il G7.

Si tratta di fori intergovernativi che forniscono l’occasione di proficui scambi di vedute su tematiche fondamentali per il nostro pianeta, per la elaborazione di piattaforme che uniscano.

Desidero qui ricordare l’obiettivo della Presidenza italiana in difesa del multilateralismo e di un ordine internazionale basato sulle regole e sui principi della Carta delle Nazioni Unite, a tutela di ciascun membro della Comunità internazionale, a prescindere dal suo peso demografico, a prescindere dalle sue dotazioni militari, a prescindere dal suo livello di sviluppo.

Al Vertice del G7 l’Italia ha esteso il dialogo su queste priorità a un numero molto ampio di Paesi di tutte le regioni del mondo – il più ampio nella storia cinquantennale del G7 – in accordo con la vocazione inclusiva della nostra politica estera e con la determinazione a superare fratture e conflitti con il contributo di soggetti diversi.

Negli estesi colloqui che ho avuto a Brasilia con il Presidente Lula, ho avuto modo di apprezzare i lineamenti e le priorità che il Brasile si è dato nell’impostare la presidenza del G20. Porre l’accento sull’inclusione sociale, sulla lotta alla povertà e alla fame, sullo sviluppo sostenibile, sulla transizione energetica, sull’esigenza di un’equa tassazione di attività economiche che generano immensi profitti, sulla riforma della governance mondiale è prova tangibile – ammesso che ve ne fosse necessario cercarne una nuova – della portata globale della politica estera del Brasile.

Sono sfide che ci riguardano tutti, che coinvolgono il concetto – usato talvolta in modo vago – di “Occidente”, tanto quanto il concetto – definito talora in maniera strumentale – di “Sud Globale”.

Questo è un tempo che richiede dialogo e confronto.

Constato con vera soddisfazione che tra le presidenze del G20 e del G7 esistono ampie sintonie.

Un disallineamento marcato tra due consessi così importanti per il dibattito internazionale sarebbe stato un errore imperdonabile, gravido di conseguenze.

Non potendo soffermarmi su ciascun elemento di convergenza, desidero sottolineare che l’Italia guarda con grande ammirazione al lavoro avviato dalla presidenza brasiliana per giungere al lancio dell’Alleanza Globale contro la Fame e la Povertà, in occasione del summit G20 di novembre.

L’Italia sostiene pienamente questa iniziativa ed è pronta a collaborare a tutti i livelli, sulla base anche delle esperienze maturate con l’Expo di Milano del 2015, dedicata al tema “Nutrire il Pianeta”; della nostra condizione di Paese ospite della FAO, dell’IFAD e del Programma Alimentare Mondiale; di organizzatore del Vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, ospitato a Roma lo scorso anno; del nostro ruolo nel promuovere la Apulia Food Security Initiative al recente vertice del G7.

Crisi climatica e conflitti hanno accentuato la piaga di centinaia di milioni di persone sull’orlo della morte per fame, o che non hanno accesso a un’alimentazione sana e completa.

Ogni crisi genera conseguenze e priva dell’elementare diritto alla vita le persone, costringendole, spesso, a fuggire in cerca di sopravvivenza.

La pandemia prima e il proliferare dei conflitti – in primis quello in Ucraina – hanno portato a un forte incremento nel numero di persone malnutrite, che sono oggi oltre 120 milioni in più di quante ve ne fossero nel 2019.

Brasile e Italia – America Latina ed Europa – possono collaborare al livello multilaterale, e dar vita anche a iniziative trilaterali con i paesi africani, per costruire sistemi alimentari più sostenibili e più produttivi.

La sicurezza alimentare non è soltanto il primo baluardo della sicurezza economica, aspetto, naturalmente, di per sé importantissimo.

È anche la precondizione dell’esercizio pieno ed effettivo dei diritti di libertà. Senza di essa non sarà mai possibile conseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che la Comunità internazionale si è impegnata a raggiungere per il 2030.

Un altro aspetto è l’urgenza di una transizione verde che sia concreta, pragmatica, sostenibile ed efficace.

Per troppo tempo abbiamo affrontato in modo inadeguato la questione della tutela dell’ambiente e del cambiamento climatico.

Le conseguenze sono sempre nefaste, come ho potuto constatare con grande tristezza visitando il Rio Grande do Sul. Se vogliamo lasciare alle future generazioni un pianeta dove l’umanità possa vivere e prosperare in pace, dovremo compiere, tutti insieme, progressi decisivi verso un sistema di vita eco-compatibile.

Guardiamo con grande interesse alle iniziative che nell’ultimo biennio il Brasile ha rinnovato in una logica di contrasto ai cambiamenti climatici e di tutela dei numerosi biomi naturali presenti nel Paese.

Tra essi, il mio pensiero non può che andare alla foresta amazzonica, sterminato patrimonio di biodiversità, il cui tasso di deforestazione è notevolmente diminuito nel corso dell’ultimo anno e mezzo, a beneficio di noi tutti.

Vorrei anche ricordare l’impegno del Brasile a ospitare nel 2025, a dieci anni dall’Accordo di Parigi, la COP 30 sul Clima, proprio nella città amazzonica di Belém.

Un impegno che si inserisce nella ben nota tradizione di “diplomazia ambientale” che trova in questa città, anfitriona del Summit della Terra del 1992, la sua culla. Quel Summit di cui l’Ambasciatore Azambuja fu protagonista.

Anche l’Italia – insieme agli altri Stati membri dell’Unione Europea – è fortemente impegnata nella lotta al cambiamento climatico, favorendo la transizione energetica verso fonti sostenibili e rinnovabili, nonché attraverso un utilizzo più efficiente e circolare delle risorse.

È una responsabilità collettiva che non può prevedere gradi diversi di impegno tra i Paesi.

Signora Presidente,

Signore e Signori,

il contesto internazionale si presenta drammaticamente incerto.

Vi si moltiplicano le crisi, si manifestano competizioni per ridisegnare gli equilibri geopolitici mondiali.

Si verificano circostanze di portata globale che fanno emergere nuove minacce per la pace e la sicurezza, per la tutela della legalità, per la promozione dei diritti umani. 

Di fronte a sfide di tale portata, la soluzione possibile è necessariamente, soltanto, comune; diversamente è illusoria e vana.

La aggressione russa all’Ucraina mina i pilastri dell’ordine internazionale, viola i più basilari principi di coesistenza tra gli Stati: la norma sull’illiceità del ricorso alla guerra per risolvere le controversie; il rispetto per la sovranità degli Stati e per la loro integrità territoriale; il valore fondamentale della Carta delle Nazioni Unite.

È inutile cullarsi nell’illusione che si tratti di una crisi regionale.

La crisi è globale perché globali sono sia la gravità dell’attentato alla convivenza internazionale, commesso dalla Federazione Russa, sia le responsabilità dell’aggressore, che è membro permanente del Consiglio di Sicurezza.

Non possiamo rassegnarci alla guerra.

Al pari del Brasile e di altri grandi Paesi aspiriamo alla pace e la perseguiamo.

Come italiani, come europei, come membri responsabili del consesso delle Nazioni riteniamo che essa debba essere costruita a partire dai principi elementari di giustizia e ancorata al diritto delle genti.

Il Medio Oriente, teatro negli ultimi mesi delle sciagurate gesta terroristiche di Hamas contro inermi civili israeliani e dell’inaccettabile massacro di civili palestinesi a Gaza, vive da troppo tempo martoriato.

Le aree di crisi nel mondo sono oggi numerose. Le cause dell’instabilità sono profonde.

Soltanto soluzioni politiche, processi di pace inclusivi, una strategia di prevenzione dei conflitti e una rinnovata fiducia nel multilateralismo e nelle Nazioni Unite possono offrire possibilità concrete di edificare un orizzonte di ritrovata pace, di ricostruzione, di crescita sociale ed economica.

In questo contesto, Brasile e Italia non possono mancare di prestare doverosa attenzione alle proposte di rinnovamento delle Nazioni Unite e delle Istituzioni Finanziarie Internazionali.

I nostri due Paesi propongono e promuovono soluzioni diverse rispetto all’indispensabile riforma del Consiglio di Sicurezza.

Quello che forse tralasciamo di sottolineare è che entrambe le proposte partono da un’analisi comune – l’evidente inadeguatezza di strutture concepite ottant’anni fa – e si prefiggono – le due proposte, le due aspirazioni, del Brasile e dell’Italia – un medesimo obiettivo: garantire maggiore rappresentatività all’organo chiamato a prendere le decisioni più importanti e delicate.

Condividiamo – Brasile e Italia – la necessità di un rilancio del multilateralismo in cui i paesi del Sud Globale possano esprimere con efficacia la loro voce protagonista e il loro peso.

Dalla Dichiarazione di Bandung del 1955 alla Conferenza di Belgrado del 1961, al movimento dei “non allineati”, si è giunti alla definizione di un “non allineamento attivo”, con il proposito di operare in direzione del raggiungimento di un multilateralismo efficace nel nuovo ordine globale.

Mi pare che occorra un passo avanti.

Quello di essere “allineati” su buone cause.

L’impegno del Brasile nel G20 è per un mondo giusto e un pianeta sostenibile.

Partiamo da qui, occorre essere impegnati contro le disuguaglianze, contro la fame, per il clima e, per tornare alla Dichiarazione della Conferenza afro-asiatica di Bandung, per il rispetto della sovranità, della integrità territoriale di tutte le nazioni, per il rispetto dei diritti umani e della Carta delle Nazioni Unite.

Si tratta di un allineamento che fa appello, anzitutto, alle grandi democrazie, a partire da quelle dell’emisfero meridionale: Brasile, India, Sudafrica, Indonesia.

Fa appello all’Unione Europea.

Sono responsabilità primarie, che non possono essere evase.

Gentili Amici,

la Repubblica Italiana, in qualità di membro fondatore dell’Unione Europea, fa sentire la propria voce in seno alle istituzioni comunitarie europee, affinché il Brasile e i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi occupino una posizione centrale nell’agenda europea.

È vero che l’attenzione dell’Europa è sollecitata da gravi crisi nel proprio vicinato, e che il sistema internazionale presenta tendenze alla frammentazione. Ma appunto per queste ragioni deve essere costantemente alimentata la collaborazione con Paesi a noi affini in termini di sensibilità valoriali, di spirito multilaterale, di agenda comune.

Gli investimenti diretti esteri, complessivi dei Paesi dell’Unione Europea in America Latina, continuano a crescere da diversi anni.

L’Unione Europea e i suoi Stati Membri sono il primo investitore in questa regione.

Ci lega una fitta rete di accordi di associazione e commerciali, con 27 dei 33 Stati latino-americani e caraibici.

Il commercio tra le nostre due regioni raggiunge livelli sempre più alti.

Ribadisco nuovamente l’auspicio per una conclusione rapida degli accordi di associazione che sono attualmente in fase di negoziato con l’Unione Europea.

Si tratta di partenariati commerciali e politici strategici per i futuri assetti mondiali.

Mi riferisco in primo luogo all’Accordo commerciale tra Mercosur e Unione Europea, che si trova a uno stadio avanzato di definizione e può costituire una spinta ulteriore ai processi di integrazione in America Latina.

Il vertice della scorsa settimana tra i Presidenti del Mercosur ha reiterato l’importanza di concludere i negoziati con la Unione Europea in questo secondo semestre del 2024, nell’interesse di entrambe le parti.

Signore e Signori,

Autorità,

Ambasciatori,

a Roma si sta già lavorando all’organizzazione della XII Conferenza Italia-America Latina e Caraibi nel 2025, un momento ulteriore di dialogo nonché di sintesi delle relazioni tra i nostri Paesi. 

Sappiamo di poter contare sul contributo del Brasile in termini di contenuti e di partecipazione, per dare alla Conferenza esiti importanti.

Vorrei, in conclusione, citare una frase di Sergio Vieira de Mello, fulgido esempio di diplomatico brasiliano votato alla causa del dialogo e dell’impegno umanitario, cresciuto a Roma e scomparso tragicamente in un attentato terroristico a Baghdad il 19 agosto del 2003: “Un essere umano – diceva – ha il diritto di vivere con dignità, uguaglianza e sicurezza. Non può esserci sicurezza senza vera pace, e la pace deve essere costruita sulle salde fondamenta dei diritti umani”.

Dobbiamo coltivare la speranza che un 2024, caratterizzato dalle Presidenze brasiliana e italiana del G20 e del G7, possa rappresentare per noi, popoli dell’Europa e dell’America Latina, nonché per i cittadini di un mondo sempre più interconnesso, un nuovo punto di partenza, nel solco del pensiero di Vieira de Mello.

Ancor più che un passato intenso, Brasile e Italia condividono un presente fatto di sensibilità e interessi convergenti, e condividono l’aspirazione a un futuro, per il mondo, di benessere, pace e libertà.

Considerate l’Italia al vostro fianco lungo questo cammino.

*****

Considerazioni conclusive del Presidente Mattarella

Io non posso che ringraziare per la convergenza di valutazioni.

Lei ha detto bene, vi è da pensare in termini innovativi. Il mondo ha bisogno di energie nuove.

I vecchi protagonisti non sono da accantonare, ma sono insufficienti e sono anche inadeguati per i problemi globali che il mondo presenta; hanno bisogno anche loro – come ha bisogno la comunità internazionale – di nuovi protagonisti. Questo è uno sforzo congiunto che Brasile e Italia intendono fare per arrivare a mantenere le prospettive di pace, che tutti abbiamo a cuore; che per il Brasile e per l’Italia sono il punto principale di obiettivo di politica estera.

I nostri giovani, in Europa, sono sconvolti dalla guerra in Ucraina; ché, da oltre settant’anni, in Europa si è accantonata l’idea di guerra. Paesi che per secoli si erano sanguinosamente combattuti, all’indomani della peggiore delle condizioni belliche, la Seconda Guerra Mondiale, hanno deciso di mettere insieme il futuro.

Questo ha coinvolto i giovani: per loro l’idea della guerra è fuori dalla realtà della storia e del mondo. Per questo, per evitare il ritorno a concezioni dell’800, del ‘700 – come sta avvenendo in Europa -, c’è bisogno di nuovi protagonisti della vita internazionale.

Non come senso di rivalsa, ma come senso di protagonismo che dia indicazioni.

Ambasciatore, Lei ha detto tante cose interessanti, ne prendo soltanto due.

Una è quella, non soltanto della generosa accoglienza che il Brasile ha offerto a coloro che venivano qui per trovare un futuro migliore di quel che avevano possibile in Italia come in tanti altri Paesi, ma ha consentito loro una crescita sociale, senza pregiudizi, senza nessuna difficoltà, senza nessuna – come dire – cautela di tenere posizioni privilegiate. È stata una grande prova storica di civiltà e di visione della storia da parte del Brasile.

L’altra cosa che Lei ha sottolineato, è quella della vicinanza tra Italia e Brasile e del fatto che non c’è stata sempre piena consapevolezza di questo in Italia.

Un anno fa il Presidente Lula è stato a Roma, abbiamo avuto dei colloqui al Quirinale. Lì mi ha detto: Lei non può non venire subito in Brasile, perché noi abbiamo la più grande comunità di italo-discendenti che c’è al mondo. E io sono venuto subito e anche volendo fare un giro ampio, articolato di questo immenso e grande Paese amico.

Anche perché io voglio richiamare a quello che tutti i miei concittadini vivono in realtà nella vita quotidiana: la musica brasiliana per l’Italia è pane quotidiano. L’influenza che sui nostri artisti ha esercitato Vinícius de Moraes è altissima, la sua amicizia con Ungaretti nel ‘900 è stata l’emblema di questa comunanza di sensibilità culturale.

Vi è una quantità di attività in comune, di iniziative comuni; in questo momento il curatore della Biennale d’Arte di Venezia è un brasiliano. In questi giorni ho visto alcune mostre, alcune occasioni di arte espressa insieme, per la comune sensibilità, da artisti brasiliani e italiani. Qui c’è questo patrimonio comune che rende non soltanto doverosi, ma facili le intese, gli accordi e la collaborazione. Occorre averne maggiore consapevolezza, perché questo è un patrimonio.

C’è un’ultima cosa che vorrei sottolineare. Vede Ambasciatore, il Brasile dà una lezione di civiltà non soltanto con l’accoglienza e crescita sociale ai migranti, ma anche con la capacità di saper fare e rendere suoi cittadini persone venute da tante parti diverse del mondo.

Tutti brasiliani, autenticamente e orgogliosamente brasiliani, pur sapendo di origini, di antenati di altri Paesi.

Vede – qualche tempo fa – un Presidente di Repubblica europea mi ha detto: noi stiamo difendendo la genuina identità, autentica degli europei.

Gli ho risposto: dall’epoca dell’Impero romano abbiamo subito immigrazioni, anche invasioni; lo stesso Impero romano era frutto della comunanza di etnie, di popolazioni, di realtà differenti. Tutto questo è avvenuto nel corso del tempo e dei secoli. E il risultato finale non ci dispiace affatto, perché questa percezione della capacità di identità nazionale – che è forte, che prevale – è di grande rilievo. E il Brasile in questo è un esempio, straordinariamente un patrimonio – davvero – della storia”.